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Convive con una malattia invisibile, l'appello della 25enne siciliana: "Non arrendetevi"

Grazie agli affetti, al suo fidanzato, la giovane di Vittoria ha ritrovato in parte la serenità persa dopo la diagnosi di vulvodinia e vuole far conoscere il problema

Jana Cardinale
Giornalista
  • 26 novembre 2022

Elena Giglio

Parlare del dolore è tanto complicato quanto conviverci, dopo averlo affrontato, con la speranza di vederlo dissolvere e tornare a difendere dal buio i propri giorni e la propria vita. Elena ha imparato a farlo, per se stessa e per gli altri: per chi, conoscendo la malattia, continua a non arrendersi, scalando percorsi rovinosi per giungere a una quotidianità serena.

Elena Giglio ha 25 anni, vive a Vittoria, studia alla facoltà di Architettura all’Università Kore di Enna, ed è affetta da vulvodinia, quella patologia portata alla "ribalta" dalla scrittrice, modella e influencer Giorgia Soleri, che da tempo conduce una battaglia anche mediatica contro il dolore cronico, affiancata in questo impegno dal compagno Damiano, leader dei Maneskin, che in più occasioni ha contribuito a dare visibilità alla causa.

Ad Elena fu diagnosticata un anno e mezzo fa, da un’ostetrica di Ragusa che conobbe tramite un’amica che aveva gli stessi disturbi fisici. Ed è iniziata una lotta che non può avere tregua e non si quieta di fronte ad insuccessi regolari, ma continua a indagare, perché la risposta giusta potrebbe arrivare proprio da un nuovo consulto, da una nuova terapia, da una nuova scoperta.
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«Tre anni e mezzo fa ho avvertito per la prima volta una stanchezza fortissima, avevo la febbre e pensavo che la causa fosse lo sforzo per l’Università, lo stress per lo studio. Ho avuto un’infezione da streptococco di gruppo A nella gola, nella zona del palato, quella che i medici chiamano ‘terza tonsilla’, curata con antibiotici. Ne è seguita una cistite batterica e tanti esami che non hanno portato a nessun esito.

Sono stata curata con il Monuril, ma non mi ha fatto effetto, ero resistente. Dopo tre anni adesso una dottoressa mi sta aiutando. La mia Vulvodinia è stata una conseguenza della cistite trattata male con antibiotici in eccesso che mi hanno distrutto la flora batterica intestinale. Purtroppo una cura sbagliata può provocare danni enormi. Occorre attenzione e delicatezza, ma spesso molte cose sono sottovalutate. La settimana prossima mi sottoporrò a un’ulteriore visita con un medico Neuropelvologo a Palermo, per capire se c’è dell’altro».

Elena racconta che il percorso di chi è affetto da tale patologia è lungo e dispendioso, perché le pazienti non sono sostenute dal sistema sanitario nazionale e la patologia non viene riconosciuta, nonostante la battaglia portata in Parlamento anche dalla deputata Lucia Scanu con la proposta di legge per il riconoscimento della vulvodinia e delle disfunzioni del pavimento pelvico.

«Si parla di questo riconoscimento, e dell’endometriosi, dal terzo stadio in poi – dice Elena – mentre chi ne è affetto al secondo stadio, ad esempio, ne viene esclusa. Ci sono casi gravi, come quello di una bambina di 9 anni che ne soffre da quest’età perché una caduta da cavallo le ha provocato una contrattura muscolare che ha causato l’infiammazione dei nervi che si trovano all’interno dei tessuti. I problemi, poi, sono tanti, e costanti».

E tanto è il dolore, che è legato al ciclo mestruale, ai rapporti intimi, alla minzione, all’impatto con cistiti ricorrenti. Le cure – spesso dei palliativi – variano dagli integratori, che costano parecchio e non sono dichiarati farmaci – agli antidepressivi, ai miorilassanti: tutto in base alla reazione del fisico di ciascuna. Il quadro clinico di Elena adesso è altalenante.

«Ci sono periodi che vivo una crisi totale, perché non ho più una vita normale, devo stare attenta a tutto e seguire una dieta particolare, senza glutine e lattosio, per escludere ciò che può causare bruciore. Sul piano terapeutico sto assumendo degli integratori e seguo una dieta, vengo curata da una naturopata e da una osteopata.

Vivo con il mio cuscino personale per la vulvodinia che tengo su uno scaldino per e rilassare la muscolatura pelvica, faccio fisioterapia una volta la settimana con controlli specifici con "tecarterapia" a livello vaginale. Continuo gli esercizi a casa con un attrezzo che devo usare sempre e piano piano cerco di combattere la sensazione di paura per tutto, grazie a chi ora mi sta supportando».

Elena racconta anche di aver vissuto un’esperienza molto dura, e deludente, perché quando si soffre tanto la tentazione di risolvere il problema in qualunque modo è forte e spesso ci si affida senza criterio pur di avere l’illusione di un sollievo. «Oggi so che è stata un’assurdità cedere alla spiegazione di un medico che mi assicurava la guarigione con un trattamento a base di cellule staminali. È stato costoso e inutile, ma volevo sperare, e guarire, e in uno studio medico privato mi sono sottoposta a qualcosa che non solo non ha risolto il problema, ma che lo ha anche peggiorato».

Il messaggio che lancia adesso è di maggiore consapevolezza, di informarsi e continuare a cercare, per il proprio bene, le persone giuste. «Ho passato davvero momenti terribili – aggiunge – perché mangiavo un biscotto e mi veniva la candida, e succedeva anche mangiando l’anguria.

Occorre stare attenti a chi ci si rivolge, e capire che la dieta è un grande aiuto, come lo sono per la naturopata e la fisioterapista che mi seguono. Anche adesso molte volte sto male, so che devo evitare di indossare jeans stretti e utilizzo solo abbigliamento in cotone (come gli assorbenti) di colore bianco per l’intimo. Se l’intestino sta male, sta male anche la flora batterica vaginale. Assumo fermenti lattici, ma non è semplice curarsi senza alcun supporto, e non è giusto sottoporre le famiglie a queste spese costanti».

Nel lungo percorso verso la ricerca della cura Elena ha conosciuto altre ragazze affette da questa patologia in altre città della Sicilia, oltre all’amica che conviveva con lo stesso dolore sin da piccola.

«Sono in contatto con una ragazza di Palermo che soffre anche di endometriosi, e via internet ho conosciuto la Soleri, ma mi piacerebbe incontrarla dal vivo. Adesso ho imparato a non prendere antibiotici, e dico a tutte di non farlo con leggerezza; so che posso eliminare i batteri grazie a uno zucchero naturale che si chiama mannosio».

Alla diagnosi si arriva tramite un test specifico chiamato "swab test", effettuato con un cotton fioc e una leggera pressione, che chi soffre di vulvodinia percepisce come una scarica elettrica, un pungiglione. «Ho scoperto di avere l’osso sacro incurvato verso l’interno, una contrattura – aggiunge – perché mi sono affidata a una ginecologa che mi ha saputo diagnosticare la patologia, senza dirmi di avere soltanto un’infiammazione passeggera e di mangiare in bianco, che tanto prima o poi passa o, peggio, di essere pazza. Quello che sarebbe giusto è un riconoscimento dello Stato, con le giuste esenzioni.

I sacrifici e le rinunce sono troppe a fronte di nessuna comprensione. Io ho rallentato tanto gli studi. Sto male cinque giorni su sette, scrivo sdraiata e non posso praticare nessuna attività fisica, mentre prima facevo kick boxing e body building. Adesso posso fare solo yoga». E poi aggiunge: «Non fermatevi a chi vi dice che non è niente, ma approfondite».

Al momento Elena sta seguendo una cura da celiaca, pur non essendolo, però una notizia bella ce l’ha, perché non è sola, e anche se la medicina non fornisce soluzioni ancora completamente accettabili, può contare sull’amore di una persona che le sta a fianco e ha pensato di creare per lei un nuovo modo di vivere, anche attraverso il cibo.

È Stefano, il suo compagno, che ha ideato un brand per una pasticceria che presto, attraverso un sito, potrà mettere in vendita dolci senza glutine, lattosio e zucchero. Nascerà a Ragusa, grazie a un locale dai proprietari disponibili e gentili.

«Il mio ragazzo – conclude - è un geometra, ma nella vita fa anche molte altre cose. Per passione ha un piccolo studio musicale e crea musica per etichette discografiche, ama la grafica e l'informatica. In generale ama tutto ciò che è arte». E senza dubbio, con l’arte e la passione, si può amare meglio e dare una speranza in più.
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