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Da Alcamo ai palchi più famosi del mondo: Stefano, che ha lasciato la Sicilia per la lirica

Da bambino voleva diventare pilota ma ha sempre amato cantare, una passione che lo ha portato a brillare sui palchi di mezzo mondo. La sua storia

Selene Grimaudo
Giornalista pubblicista e pedagogista
  • 27 luglio 2023

Stefano La Colla

Stefano La Colla viene da Alcamo, in provincia di Trapani, è diventato, nel tempo, cittadino del mondo grazie alla sua passione che si è trasformata in professione e gli ha permesso di calcare le scene dei teatri internazionali più importanti.

Sono tanti, dalla Royal Opera House di Londra, alla Scala di Milano, l’Opera Nazionale di Vienna, di Amburgo, di Berlino, di Monaco di Baviera, di Roma, di Chicago, di Sydney, di Melbourne, di Tokyo.

Ha sempre amato cantare. Da bambino desiderava diventare un pilota di caccia «mi appassionava l’idea di volare ad alta quota e sfrecciare ad alta velocità anche se la mente di un bambino prende in considerazione solo l’aspetto ludico».

Tuttavia la musica è sempre stata la sua passione più grande, faceva parte del gruppo folcloristico alcamese. «Lì eseguivamo tutte le canzoni popolari - afferma Stefano - e tradizionali siciliane. Ricordo che mi piaceva molto e mi divertiva esibirmi davanti al pubblico».
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I suoi genitori hanno avuto un ruolo importante per i suoi primi passi in questo mondo, amavano la musica lirica e Stefano ricorda che nei viaggi di famiglia si ascoltavano musicassette di opera o di arie d'opera.

«Io ero affascinato dalla voce dei grandi personaggi - prosegue- come Del Monaco, Di Stefano, Lauri Volpi, Corelli, Pavarotti».

All'età di 19 anni, per caso, lo ascoltò un insegnante di Palermo e da allora, in modo più o meno assiduo, ha cominciato la sua avventura nello studio di quest’arte stupenda che è il canto. Stefano La Colla, oggi, è un tenore di fama internazionale che porta nel suo cuore l'indescrivibile emozione di cantare nei grandi Teatri Lirici di tutto il mondo.

Questi teatri rappresentano per lui i luoghi sacri della lirica, che i suoi idoli hanno calcato per decenni e che i compositori che più ama hanno frequentato, magari inquieti il giorno della "Prima", in un palchetto, attenti alla reazione compiaciuta o infastidita del pubblico, sottoposti ad acclamazioni o fischi.

«Calcare queste scene - afferma Stefano - e cantare tali opera d’arte, tali monumenti intramontabili ed immortali della musica è un onore che vivo con profonda gratitudine ed umiltà, perché di fronte alla musica e all’arte noi non siamo che servitori, interpreti di una magia alla quale contribuiamo, ognuno col proprio operato.

Ciascuno di noi svolge un ruolo durante lo spettacolo che è portato a termine con successo, grazie al lavoro di ogni suo elemento: mi riferisco ai solisti, ma anche del direttore d’orchestra che ha il difficile ruolo di dirigere simultaneamente i solisti, il coro e gli orchestrali, il tutto senza scollamenti con l’aspetto scenico e registico.

Parlo anche del lavoro del regista, del direttore di palcoscenico e tutte quelle figure che si occupano dell’aspetto scenico, che lavorano nell’ombra e che sono essenziali allo svolgimento dello spettacolo. In questo ogni teatro si assomiglia».

Nel suo lavoro è altrettanto emozionante cantare e incontrare grandi artisti, colleghi di fama mondiale. Lui ha conosciuto Anna Netrebko, Ludovic Tezier, Bryn Terfel, Ildebrando D’Arcangelo, Leo Nucci, Erwin Schrott, Jonas Kaufmann, Anja Arteros ecc., con i quali sono nate belle amicizie e con cui è un vero piacere lavorare e ritrovarsi in giro per il mondo.

«La direzione è altrettanto importante. Ho avuto la fortuna di essere diretto da grandissimi direttori d’orchestra quali Antonio Pappano, Sir Simon Rattle, Riccardo Chailly, Nello Santi, Donato Renzetti, Paolo Carignani, Daniele Callegari e molti altri».

Stefano si sente molto fortunato per quello che la vita gli sta dando e che gli ha dato. «Benedico sia i successi che le difficoltà che hanno concorso a rafforzarmi e a maturarmi negli anni».

Per fortuna, ha potuto contare su sua moglie che è stata ed è il caposaldo che lo ha aiutato sin dall’inizio della sua carriera, incoraggiandolo e aiutandolo nelle scelte difficili. Tra le tante scelte difficili c'è stata quella di andare via dall'Italia, scelta che ha messo fine a tante difficoltà.

«Per me - prosegue Stefano - è triste constatare che l’Italia non ha sempre un occhio di riguardo nei confronti dei propri “figli”. Questo problema l’hanno avuto anche icone della lirica che sono state riconosciute in Italia solo dopo essere state acclamate in tutto il mondo; lo si vede nell’ambito della ricerca scientifica, ingegneristica e in molti altri settori. Andare all’estero ed in particolar modo in Germania, mi ha aperto la porta ad una dimensione internazionale».

Per il futuro Stefano spera di continuare a cantare e a consolidare il suo rapporto col pubblico e con tutte le persone che amano questa forma d’arte.

«Spero di riuscire sempre ad emozionarle e a condividere con loro la magia. Fra i progetti - conclude Stefano- per la nuova stagione, vorrei citare il Tabarro di Giacomo Puccini al Teatro Nazionale di Amburgo (Staatsoper Amburg), ma anche il Requiem di Verdi con la London Philharmonic Orchestra, una nuova produzione di Aida alla Oper di Francoforte e la nuova produzione di Turandot alla Monnaie di Bruxelles».
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