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Da Notarbartolo a Joe Petrosino: la grande matassa dei primi delitti "eccellenti" di Palermo

Vi raccontiamo una storia già narrata, ma da cui purtroppo non ricaviamo mai la morale e perciò vale la pena tentare ancora. Siamo nel febbraio 1893

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 22 dicembre 2022

Giuseppe "Joe" Petrosino

Noi siciliani difficilmente impariamo dalla storia, non siamo lungimiranti. Arraffiamo il pronto e subito senza preoccuparci del domani. Qualcuno ancora dice che al Sud vige l'arte dell'arrangiarsi, del tirare a campare senza riflettere e senza progettare, senza avere una visione del futuro, non posso dargli torto.

E allora vi racconto una storia, cioè, ve la ri-racconto perché è stata narrata tante volte, ma nonostante ciò non ne ricaviamo il succo, la morale, perciò vale la pena tentare ancora.

Il contesto è quello dello scandalo della Banca Romana e del primo assassinio di mafia, il primo "eccellente" assassinio, ovvero quello di Emanuele Notarbartolo, che fu direttore del Banco di Sicilia, ma soprattutto uomo onesto.

Quanti ne abbiamo persi di uomini onesti, e cosa abbiamo fatto per rendergli onore, a parte avergli dedicato strade, ponti, aeroporti e scuole? Cosa è cambiato in noi, nel nostro modo di vivere e di vedere le cose? Abbiamo imparato dai nostri errori e da quelli di chi ci ha preceduto?
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Chissà! Era il lontano febbraio del 1893 quando «in uno scompartimento di prima classe del treno Messina- Palermo, sotto una galleria fu ucciso il commendator Notarbartolo, già direttore del Banco di Sicilia. Un tipico delitto di mafia».

L'opinione pubblica indicò tra i mandanti dell'assassinio l'onorevole Raffaele Palizzolo di Caccamo, ma finché fu al Governo Francesco Crispi, siciliano anche lui, non accadde nulla.

Solo nel 1899 si tentò di fare un processo contro il Palizzolo e nel 1902 fu condannato a trent'anni di carcere da una giuria di non siciliani ma mesi dopo, al processo d'appello, Raffaele Palizzolo, facendosi giudicare da senatori, da politici come lui, e non più da giudici, venne assolto e tutto cadde nel dimenticatoio. Palizzolo, dunque, tornò in Sicilia acclamato dalla "sua gente"; fu un trionfo.

Ma la storia non finisce qui. Un altro personaggio si insinua nella vicenda, meno noto del Palizzolo forse, ma altrettanto significativo. Questo è il trapanese Nunzio Nasi, uomo politico che ereditò i legami di Palizzolo e li utilizzò per fini propri.

Sostenitore di Crispi prima e di Giolitti poi, «si creò un gruppo di sostenitori enormemente potente che comprendeva sia i conservatori che persone appartenenti alla Sinistra».

Fu Ministro delle Poste e della Pubblica Istruzione, ma ebbe, a quanto pare, la colpa di gonfiare «le spese di rappresentanza e per i viaggi e, a volte, appropriandosi indebitamente di somme minori per se stesso e per aumentare la sua influenza e il suo potere».

Nasi non fu mai accusato di essere mandante di assassini come il Palizzolo, solo di peculato, cioè di essere un ladro, di appropriarsi di soldi pubblici. Va anche detto però (e questo ci permette di generalizzare rispetto all'Italia e non solo alla Sicilia) che «Queste somme non erano molto consistenti e probabilmente Nasi fu sinceramente sorpreso quando alcuni politici rivali – fra i quali c'erano alcuni siciliani – colsero il pretesto per promuovere un'azione legale contro di lui.

Trapani, che dal ministro aveva tratto particolari benefici, lo fece diventare un martire [...] benché fosse stato espulso dal Parlamento, continuò a venir eletto ancora molte volte con una maggioranza schiacciante».

Va giustamente riferito inoltre che la stampa e buona parte dell'editoria del nord Italia dell'epoca spesso parlava male della gente del sud, quindi personaggi come Palizzolo e Nasi furono quasi compatiti dal popolo che vedeva le accuse che riguardavano i due politici quasi come un affronto all'intera Sicilia.

Ma il sentimento popolare siciliano verso questi due “martiri” era del tutto spontaneo?

Qua entra in gioco un articolo curioso di Rosario La Duca su un personaggio noto nel folklore popolare palermitano, un certo Ciccio Lupo "acquavitaro".

Costui aveva una rivendita d'acqua fresca ai Quattro Canti, ma era noto come il "gazzettiere" ufficiale del centro cittadino: «da lui si potevano conoscere le novità politiche del giorno ed i particolari di ogni fatto di cronaca. [...] Era cavaliere della Corona d'Italia e possedeva a casa sua, in vicolo Mori, cimeli garibaldini, crispini ed altri molto importanti.

Fervente patriota ed appassionato di politica, durante le elezioni, era a conoscenza di tutto, molto prima che le notizia apparissero sui giornali. Fu anche fervente difensore di Nunzio Nasi e fra i più attivi fondatori del movimento politico dei "Castagnari" che aveva assunto come emblema una castagna in muratura che si trovava attaccata alla finestra di una casa di Ballarò».

I Castagnari erano una combriccola di mafiosi. Non è un caso che Nunzio Nasi, dopo essere stato assolto dall'accusa di peculato, venne a Palermo e affacciatosi dal balcone di un palazzo nel mercato di Ballarò salutava i suoi elettori entusiasti.

Ancora oggi a Ballarò è presente la via Nunzio Nasi. Il culmine della trama, però, è un ulteriore assassinio.

Il 12 marzo 1909 a Piazza Maria a Palermo viene assassinato il tenente italo-americano Joe Petrosino. Lo scenario così si internazionalizza. Il poliziotto newyorkese era venuto a Palermo per indagare sui rapporto tra la mafia americana e quella siciliana.

Pare che l'assassino fu un certo Vito Cascio Ferro, legato, si pensa, ad un deputato, un uomo potente, un onorevole, forse quel Raffaele Palizzolo di cui abbiamo già parlato?

Tutti questi personaggi sono legati da un sottilissimo filo di lenza, invisibile e resistentissimo che ha generato negli anni un'enorme matassa difficilissima da sciogliere.

Noi oggi forse non siamo in grado di sbrogliare questo fittissimo groviglio di rapporti ma di sicuro possiamo tagliare il filo che ci accerchia, perché anche se non lo vediamo, quando è presente lo riconosciamo.

(Per approfondimenti sul tema leggi L'assassinio Notarbartolo di Paolo Valera; La Nuova commedia umana 1908 pag.19 e seg.; Guida ai misteri e piaceri di Palermo di Michele Zullino pag. 104 e seg.; Breve storia della Sicilia di M. I. Finley, D. Mack Smith, C.J.H. Duggan pag. 297 e seg.; Ciccio Lupo e i castagnari di Rosario La Duca in La città perduta Vol. II pag. 204 e seg.; Palermo di Orazio Cancila)
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