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Da Palermo si "vede" Gaza che brucia: la città dona tutto, anche i regali di nozze

In questi ultimi anni siamo stati travolti da video e immagini raccapriccianti che ritraggono gli orrori in Palestina: l'intervista a Valentina Venditti del Ciss Ong di Palermo

Alice Marchese
Giornalista
  • 19 settembre 2025

Gaza, foto del Ciss Ong di Palermo

Forse di Gaza sappiamo ben poco, nonostante da quel 7 ottobre 2023 si siano accesi i riflettori sulla popolazione palestinese i cui diritti e cultura sono stati calpestati e poi rasi al suolo giorno dopo giorno.

Improvvisamente siamo stati travolti da video e immagini raccapriccianti che ritraggono gli orrori che si stanno verificando.

Ma Palermo non resta in silenzio. Tante realtà del territorio nonostante tutto sostengono quotidianamente la Palestina, sebbene siano stati chiusi i canali di supporto come il valico Rafah, punto cardine che collega l'Egitto con la parte sud della Striscia di Gaza essenziale per mandare concretamente aiuti.

Tra le organizzazioni attive c’è il CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud, che da più di trentacinque anni lavora in Palestina.

«Noi lavoriamo in Palestina dagli anni '90, non c'è stato un solo momento in cui non abbiamo fatto un progetto per questo Paese - racconta a Balarm Valentina Venditti, la responsabile dell'area Medio Oriente del CISS di Palermo -.

Anche quando non avevamo finanziamenti ufficiali, abbiamo portato avanti attività autofinanziate, in supporto a iniziative palestinesi come la scuola di circo, il centro di circo sociale per donne o “Boxe contro l’assedio”.

A ottobre del 2023 avevamo progetti in corso, partendo dal settore delle acque a quello igienico sanitario, ma anche di empowerment delle donne e di supporto legale sui diritti umani.

Chiaramente da quando è iniziato il genocidio è stato molto complicato mantenere un'operatività diretta lì. Non c'è stata nessuna zona considerata sicura visti i bombardamenti e la devastazione portati avanti dall'esercito israeliano.

Non c’è alcuna garanzia per la popolazione e per la sicurezza degli operatori e delle operatrici umanitarie.

Grazie al nostro staff siamo riusciti ad andare avanti, ma con difficoltà perché sono state prese di mira categorie di persone che danno cure e supporto.

Noi come Ciss l'abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Tra ottobre e novembre, poco dopo lo scoppio della guerra, la nostra sede in Palestina è stata colpita e devastata.

La nostra operatività ha cambiato forma e anche se avevamo un ufficio, non era sicuro mantenerlo».

Nonostante tutto, il CISS ha continuato ad operare grazie allo staff locale di Gaza, che ha garantito, seppur tra mille difficoltà, le attività in favore della popolazione civile.

Anche le organizzazioni umanitarie sono diventate bersagli: «Medici, volontari, operatori umanitari sono stati colpiti deliberatamente - continua Valentina -. Sono oltre 500 gli operatori e le operatrici umanitarie uccise dall’inizio del conflitto.

Ci siamo adattati a una situazione di prima emergenza e nei fatti siamo riusciti a supportare la popolazione psicologicamente e legalmente, soprattutto le donne palestinesi, ma non solo.

In un contesto in cui ogni diritto è sospeso, CISS ha raccolto oltre 120 testimonianze dirette di donne palestinesi, documentando una lunga serie di violazioni.

Dai racconti emergono casi di mancato accesso alle cure mediche, sfollamenti forzati, arresti arbitrari e persino uccisioni sommarie.

Abbiamo supportato gli ospedali da campo, quelli per strada per tutelare il più possibile i minori affetti da malattie croniche che si ritrovano in situazioni disperate.

Ma stavamo vicino a giovani che sono stati aggrediti in casa, le cui mura sono state poi distrutte dagli attacchi

Anche nelle tende, dove non c’è nulla, cerchiamo di portare un minimo di normalità.

Lo facciamo anche grazie ai clown-dottori della Gaza Circus School, che operano in condizioni quasi impossibili, ma riescono a strappare un sorriso ai bambini».

L'abominio non sta soltanto nell'aver freddato una popolazione, ma demolirne le fondamenta cancellandone la cultura, massima espressione di un popolo che deve essere preservata: «La distruzione del patrimonio culturale palestinese fa parte di una logica genocidaria - continua Valentina Venditti -.

Eravamo impegnati in un progetto importante, finanziato dal British Council, con il coinvolgimento di “Recanati e Restauro”, impresa sociale no-profit di Recanati da sempre impegnata nella valorizzazione dei beni culturali, e dell’Università UCAS di Gaza.

Lavoravamo al restauro della moschea Dar al-Saada e alla valorizzazione di una collezione di manoscritti conservati nella biblioteca storica della moschea al-Omari.

Poi, la moschea e il laboratorio di restauro sono stati colpiti. Per giorni si è temuto che tutto fosse andato perduto. Ma tra le macerie, si è consumato un piccolo miracolo: alcuni dei nostri restauratori sono riusciti a recuperare frammenti e manoscritti dalle rovine.

Attualmente stiamo tentando di salvaguardarli, di salvarne almeno una parte, anche se molti sono stati irrimediabilmente persi».

L’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza non è mai stato semplice: «Con la nostra sede in Egitto al Cairo, siamo riusciti a far entrare diversi camion prima della chiusura del valico di Rafah.

Abbiamo supportato anche altre ONG prive di presenza in Egitto. Insieme ad AOI, e la CGIL, anche siciliana, e altre realtà, abbiamo contribuito all'invio di una nave carica di medicinali e alimenti terapeutici.

Ogni camion restava in coda per settimane, a volte mesi, prima di poter oltrepassare il valico di Rafah. Magazzini colmi di beni rigettati e altri di aiuti in attesa di entrare.

Una situazione drammatica che il CISS ha potuto constatare direttamente durante le due carovane “Gaza oltre il confine”, organizzate nel marzo 2024 e maggio 2025 da AOI, ARCI e Assopace, con la partecipazione di parlamentari, giuristi e giornalisti italiani.

Dopo la chiusura del valico, la strategia è cambiata: acquistiamo i beni direttamente all’interno della Striscia o sostenendo cooperative e agricoltori locali ancora in grado di garantire una minima produzione alimentare».

La Sicilia non si ferma e a contribuire alle donazioni non solo soltanto le organizzazioni competenti, ma anche i singoli che sentono propria questa missione giorno dopo giorno.

«Al Ciss arrivano donazioni continuamente e noi non possiamo che esserne felici, tutto questo grazie alla campagna #XGazaPosso.

Chi organizza un evento, spesso pensa a devolvere tutto a Gaza ed è bellissimo. Dai matrimoni ai funerali, per i compleanni di adulti e giovani, ma anche regali di pensionamento».

Sono tante le iniziative che stanno mobilitando tutti, tra questi c'è la Global Sumud Flotilla che il Ciss sostiene: «La sosteniamo tantissimo.

Laddove le istituzione e i governi tardano a rispondere, è bello che ci sia questa spinta della società civile - conclude Valentina -. Ti dà speranza nell'umanità. Auguriamo a loro buon vento».

Oggi 19 settembre anche il mondo del lavoro di Palermo si mobilita per Gaza.

L’iniziativa a Palermo, come nel resto d’Italia, è accompagnata dalla proclamazione di 4 ore di sciopero in quasi in tutti i settori, a eccezione delle scuole.

A Palermo una delegazione della Cgil parteciperà alle 18.00 al corteo cittadino “Gaza sta bruciando. Scendi in piazza”, anche a sostegno della missione di Global Sumud Flotilla.

Purtroppo la fine sembra molto lontana, ma Palermo non sta in silenzio e la città, così come la Sicilia intera, resta con lo sguardo sempre rivolto a Gaza.
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