CURIOSITÀ
Da tabù a poliedrico mito Pop: il "Suca" nasce, cresce e prospera (e non solo in Sicilia)
Si legge e si sente ovunque in giro per l'isola e anche se in realtà è un verbo imperativo che rimanda a un atto erotico spinto, non è «un'azione o un invito all'azione»
Il silenzio piombò per qualche millesimo di secondo, ma l'iniziale imbarazzo lasciò immediatamente il posto a una risata che ancora oggi i tre ricordano con affetto. Perché "suca", in Sicilia, non è una semplice e riduttiva parolaccia che offende il destinatario, ma qualcosa di molto più profondo, che va oltre il suo significato originario.
Si legge e si sente ovunque in giro per l'isola, a Palermo in particolare. La città è piena di "suca" in tutte le sue varianti: "suca", "suca forte", "suca ca' pompa", "suca chi legge". È un grande classico sui muri, ma troviamo la scritta anche su saracinesche, panchine, cassonetti, banchi di scuola, cartelloni pubblicitari, parabrezza di auto impolverate o appannate.
Perché in realtà, anche se "suca" è un verbo imperativo che rimanda a un atto erotico spinto, non è «un'azione o un invito all'azione», come scrive il giornalista Vito Tartamella in un articolo, ma un'espressione che può indicare tanti stati d'animo: dalla superiorità alla rivalsa, dalla voglia di scherno al gesto di vittoria.
Nel corso del tempo il "suca" ha raggiunto quasi la sacralità, accompagnando la nostra quotidianità senza che ce ne stupiamo praticamente più: anzi, è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica, un brand identificativo che il palermitano si sente quasi in obbligo di scrivere per lasciare il suo segno di appartenenza.
Tanto che se ci allontaniamo dall’isola possiamo comunque trovarlo anche in una panchina di Central Park a New York, in un bagno di qualche caffè parigino o come insegna di un pub a Berlino: come a segnare o a testimoniare il passaggio e il legame del popolo palermitano. Basta leggerlo e subito un sorriso di tacita intesa e approvazione spunterà sulle labbra.
Ma perché da tabù è stato sdoganato come «mito pop»? «Perché il "suca" nasce, cresce e prospera proprio grazie alla cultura popolare, al fiero senso di appartenenza linguistico e gestuale ad una comunità ben precisa di parlanti» - ci racconta Alessandra Agola - «Non ha un inizio e non ha una fine, semplicemente esiste, muta, si evolve. Sarà per la sua melodica pronuncia, per la rapidità dell'essere composto soltanto da due sillabe, per il significato che cambia a ogni contesto, non ha tempo né origini certe, ma trova spazio nei posti più disparati. E se il Pop è espressione della società e dell'immaginario collettivo, il "suca" non può che farne degnamente parte».
Un imperativo pop che peraltro non ha confini, «una parola che unisce culture, idiomi, pratiche artistiche, progetti di architetti e designer, pezzi d’arte e giochi di bambini, risate e momenti di condivisione, locali in cui mangiare e ristorarsi». Un’espressione che ha gemelli in altre regioni d’Italia e lingue del mondo: dal “socc’mel” bolognese al “vafammocc” napoletano, fino ad arrivare al “suck it” inglese e al “chupala” spagnolo.
Interessante il fatto che non siamo gli unici. Quel che sarebbe ancora più interessante, però, è capire se anche al di là dello Stretto la prima parola che viene in mente quando si chiede di scrivere qualcosa di getto è proprio "suca".
Perché qui, se diamo un foglio bianco e facciamo quest'esperimento, la maggior parte delle persone non avrà dubbi e scriverà quelle quattro lettere, «liberatorie, immediate ed efficaci in qualsiasi contesto anche grazie alla pronuncia morbida e veloce».
Volete la prova? Prendete carta e penna e chiedete ai vostri amici palermitani. Poi fateci sapere!
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