SCUOLA E UNIVERSITÀ
Dal prestito d'onore un sostegno per gli universitari siciliani: a chi spetta e quando
La misura approvata dall'Ars è un contributo che può raggiungere i 10mila euro l'anno. Ma tra gli studenti c'è chi contesta l'iniziativa. Ecco come funziona

L'edificio 19 nella cittadella universitaria di viale delle Scienze a Palermo
L'iniziativa nasce dalla necessità di combattere il fenomeno dell'emigrazione giovanile forzata e per garantire il diritto allo studio che ormai sta diventando sempre meno accessibile.
Tra rette che gli studenti non possono permettersi di pagare e affitti sempre più alti che gravano sulle tasche delle famiglie, i giovani dell'Isola sono costretti a scontrarsi con diversi ostacoli per poter proseguire il ciclo di studi.
Per potere richiedere il prestito d'onore, dedicato agli studenti residenti in Sicilia e iscritti in un’università siciliana, è necessario possedere alcuni requisiti.
Per quello che riguarda il primo anno, sarà necessario soltanto rientrare nella fascia di assegnazione, mentre dal secondo anno in poi sarà necessario aver conseguito almeno il 50% dei CFU previsti per l’anno accademico di riferimento.
Il finanziamento consiste nell’erogazione di una somma che può raggiungere fino a 10.000 euro l’anno, per un ammontare totale di 50.000 euro. Sarà accessibile già da settembre e verrà erogato dall'Irfis. Per semplificare l'iter, sarà sufficiente inoltrare la richiesta per il contributo sulla piattaforma digitale dell'istituto.
Il prestito, che non prevede interessi, sarà restituibile in 10 anni e verrà poi ripagato dagli studenti a partire dalla conclusione del preammontamento la cui durata è di 5 anni. La modalità di rimborso è basata su rate mensili che possono essere detratte dallo stipendio dello studente qualora trovi un’occupazione.
Secondo Giuliano Settimo, segretario regionale del movimento giovanile della Democrazia Cristiana, questa misura «può avere un duplice impatto: il primo è sicuramente quello di garantire sostegno a tutti gli studenti in difficoltà economiche, il secondo è il contrasto attivo all'emigrazione forzata dalla Sicilia».
Gli effetti dello spopolamento in Sicilia, infatti, sono sempre più preoccupanti, come abbiamo raccontato pochi giorni fa in questo articolo.
«È necessario valorizzare le eccellenze che ci sono nella nostra terra e garantire il diritto allo studio nelle università siciliane - prosegue Giuliano Settimo -. In questo modo i nostri giovani potranno scegliere di costruire un futuro dignitoso qui».
La scelta di studiare in università del Nord, non è però l'unico motivo che spinge i siciliani ad emigrare. Un ruolo fondamentale è giocato dalle prospettive lavorative fin troppo spesso precarie, che rendono sempre più difficile potere immaginare un futuro sull’Isola.
Per questo è importante, quando si tratta di diritto a restare in Sicilia, fare un ragionamento anche sulle prospettive di vita e lavorative dei giovani, permettere loro di mettere radici in sicurezza e di poter fare dei piani a lungo termine anche sulla propria vita futura.
«L'obiettivo è costruire un ecosistema formativo più forte e inclusivo: dobbiamo partire dalle scuole, passare dalle università e arrivare al mondo del lavoro, e dobbiamo far sì che i nostri giovani non scappino dalla nostra terra, è questo quello che dobbiamo riuscire a fare», dice ancora il segretario del movimento giovanile della DC.
Ma c'è chi, tra le associazioni studentesche, non percepisce la misura come un passo avanti per il diritto allo studio e, al contrario, la considera come un vincolo che renderebbe ancora più elitario l'accesso alla formazione universitaria.
«Il prestito d'onore non è una conquista ma un passo indietro», afferma Giovanna Billitteri, coordinatrice di Udu Palermo.
Il motivo? «La nuova misura non è una soluzione concreta ai problemi studenteschi, porterebbe alla normalizzazione dell'indebitamento come condizione necessaria per l'accesso all'università, emulando il fenomeno Usa e rischiando di gravare sulle famiglie già in difficoltà».
Secondo Giovanna Billitteri, «la misura non attua a pieno il diritto allo studio, come sancito dalla nostra costituzione all'art.34, e che deresponsabilizza la nostra governance nazionale dal prendere misure adatte per garantire un equo accesso allo studio».
L'alternativa? «Come Unione degli universitari - aggiunge - diciamo no a questa misura, chiediamo che vengano finanziate più borse di studio e che vengano proposte soluzioni più serie che non prevedano oneri economici per le famiglie a basso reddito. Lo studio non è un prestito, non è e non deve essere un lusso».
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