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Dalla "Guerra dei vulcani" a Odissey: tutte le location dei (grandi) film alle Eolie

D’estate il loro mare, e i tramonti col sole che scende a picco sulle onde, e le colate laviche attirano turisti da tutto il mondo. Ma qui è una piccola patria del cinema

Tancredi Bua
Giornalista
  • 2 settembre 2025

Una scena alle Eolie da "Viaggio al centro della Terra"

D’estate il loro mare, e i tramonti col sole che scende a picco sulle onde, e le colate laviche improvvise e fumantine, attirano turisti da tutto il mondo.

Ma per il resto dell’anno, da ormai quasi un secolo, le isole Eolie, le «sette sorelle» del mar Tirreno, sono state, e continuano a essere, fonte d’ispirazione per registi del calibro di Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini, Paolo e Vittorio Taviani, Nanni Moretti o, ultimo solo per ordine cronologico, Christopher Nolan.

Nonostante il turismo di massa dei mesi estivi, Lipari, Vulcano, Panarea, Salina, Stromboli, Alicudi e Filicudi, riescono a mantenere, non appena le onde si ritirano di nuovo via dalla riva, la loro aura incontaminata, ripristinano l’insularità di cui chi ha scelto di abitarle va orgoglioso, calamitando così le attenzioni dell’occhio del cinema.

Che vive di paesaggi di respiro, di luci naturalmente perfette, di arie intessute di vuoti da far riempire allo sguardo degli spettatori. «Io le isole non le ho mai capite – diceva il personaggio di Patrizia, l’attrice Esmeralda Ruspoli in L’avventura di Michelangelo Antonioni, mentre osservava l’isoletta di Basiluzzo, nelle acque di Panarea – . Con tutto questo mare attorno, poverine…».

Proprio L’avventura, del 1960, con Monica Vitti, Lea Massari, Gabriele Ferzetti e Lelio Luttazzi, è uno dei film che maggiormente hanno saputo trasporre l’atmosfera rarefatta delle Eolie, prendendole proprio a modello dell’insularità dei suoi personaggi, isolati anche loro gli uni dagli altri, collegati solo sotto chilometri di acqua salata e cose non dette, lasciate sommerse nel silenzio che si respira nelle profondità marine.

L’avventura fu un film difficile da girare, estremo per le condizioni metereologiche avverse che costrinsero Antonioni e la sua troupe a sacrifici fisici ed economici non indifferenti – Lea Massari venne ricoverata per lo sforzo che avevano richiesto alcune scene, la produzione fermò i finanziamenti a riprese appena iniziate – , eppure è una testimonianza importantissima che ha fatto conoscere al mondo le scogliere di Basiluzzo, di Panarea, i tramonti quasi marziani di Lisca Bianca, le acque incontaminate dello scoglio Spinazzola.

Il primo film che venne girato nell’arcipelago fu invece Stromboli (Terra di Dio) del neorealista Roberto Rossellini, anno 1950, girato con Ingrid Bergman, l’attrice che poi sarebbe stata sua compagna per tanti anni.

Sull’isola fu proprio la camera magmatica del vulcano, e le sue eruzioni improvvise, a ispirare Rossellini, che privo di un copione vero e proprio ma armato di un’idea ben definita in testa, si lasciò guidare dal «rummuliare» dello Stromboli per trasporre l’epopea di dolore e prigionia di Karin e Antonio.

Curiosità: inizialmente la protagonista di Stromboli doveva essere Anna Magnani, anche lei compagna, per un periodo, di Rossellini.

Quando il regista scelse però la Bergman, la Magnani volle a tutti i costi mettere su una produzione sempre nell’arcipelago, facendo nascere così Vulcano, di William Dieterle, girato in realtà a Lipari, ma quasi in contemporanea a Stromboli (Terra di Dio). La storia delle due troupe che giravano in simultanea due film diversi su due isole diverse con due importanti attrici venne ribattezzata negli anni «la guerra dei vulcani».

Nel 1959, poco prima che in sala arrivasse "L’avventura" di Antonioni, il pubblico internazionale poté rivedere Stromboli nel finale di Viaggio al centro della Terra di Henry Levin, basato sul romanzo di Jules Verne, con Pat Boone e Peter Ronson.

Esattamente come nel libro di fantascienza, nel film gli scienziati che erano discesi nelle viscere del pianeta riescono a fuggire dalle loro mostruose insidie finendo espulsi proprio da un camino vulcanico – che si rivelerà essere quello dello Stromboli – e salvati da una barca di pescatori.

Per oltre vent’anni, dopo L’avventura, alle Eolie non arrivò però più nessuno a girare. Furono i fratelli Taviani, con il loro titanico Kaos, a ritornare nell’arcipelago con una troupe cinematografica, per una delle scene finali dell’ultimo episodio del film, Colloquio con la madre.

La sequenza venne girata nella bianchissima Punta Castagna, che divenne emblema di libertà per il personaggio della giovanissima madre di Pirandello, una bambina a cui viene negato di scalare la parete di pomice di una collina e che vede crollare nella frana successiva la sua idea d’indipendenza.

La frana avvenne veramente nel corso delle riprese, tanto che oggi quel luogo è irriconoscibile. Nessuno ci ha più messo piede, e sulle rocce cadute a riva si è formata una vegetazione fitta e selvaggia.

Due anni dopo Kaos, anche Nanni Moretti decise di girare – tra Lipari, Salina, Stromboli e infine Alicudi – il suo Caro diario, trasformando le quattro isole in una sardonica metafora delle contraddizioni dell’uomo moderno, che smania per l’insularità ma pare farlo più per un bisogno indotto che per una reale necessità di distacco dal mondo trafficato e iperconnesso (e pensare che era soltanto il 1993…).

Proprio il 1993 doveva essere l’anno d’inizio delle riprese di Il postino, l’ultimo film in cui Massimo Troisi riuscì a recitare prima della sua scomparsa, possibilmente la pellicola sinora più famosa tra quelle girate nell’arcipelago eoliano, sede della celebre «casa del postino» di contrada Punta, a Pollara, oltre che del caratteristico villaggio dei pescatori.

La lavorazione del film, a causa di alcuni problemi di salute di Troisi, iniziò invece nella primavera del 1994, ma le riprese difficoltose non impedirono alla pellicola di Michael Radford di venire nominata a cinque premi Oscar, di vincere quello per la miglior colonna sonora (di Luis Bacalov.

Ancora oggi gettonatissima nelle migliaia di storie Instagram pubblicate dai turisti sull’isola), ma soprattutto di far conoscere al mondo le bellezze naturali di Salina, l’iconica sagoma con le due vette di monte Fossa delle Felci e monte dei Porri, e le sue strade di un verde lussureggiante e primitivo.

Una forma incontaminata e analogica di meraviglia, che s’avvolge di mistero e che è stata raccontata benissimo nel documentario L’isola analogica di Francesco G. Raganato, ambientato sempre nell’arcipelago, ma concentrato unicamente su Alicudi, i suoi ritmi lentissimi e le sue fantasmatiche leggende.

E che aleggia su tutte e sette le sorelle, viaggiando sino all’altro capo del mondo, sino agli occhi di Christopher Nolan, il regista britannico che giusto ad aprile di quest’anno ha portato una troupe di centinaia e centinaia di persone per girare – tra Lipari, Vulcano e Panarea – alcune sequenze mozzafiato del suo nuovo film, The Odyssey, un kolossal da 250 milioni di dollari che nel 2026 riporterà sugli schermi Odisseo – interpretato da Matt Damon – e il suo ritorno a Itaca dopo essere sfuggito a giganti, mostri marini e naufragi.

Nelle ultime settimane di aprile, a Lipari, che ospitava il campo base operativo della produzione, centinaia di turisti hanno potuto vedere la nave del capitano acheo ormeggiata al porto turistico dell’isola, e alcuni fortunati, appostati o trovatisi per caso in punti panoramici, sono riusciti a vedere all’opera con effetti speciali e repliche di barche di migliaia d’anni prima uno dei registi più influenti e popolari del ventunesimo secolo.

Nonostante un primo teaser del film sia uscito (solo in sala, in Italia proiettato prima di Jurassic World Rebirth) agli inizi di luglio, non è ancora noto quali parti della pellicola siano state girate nelle acque delle Eolie, ma una scommessa è aperta: che quando, il prossimo anno, il film arriverà finalmente in sala, i paesaggi, i tramonti e l’atmosfera elementare delle sette sorelle ripeterà il suo incantesimo e richiamerà l’occhio del cinema – oltre che, pragmaticamente, quello di migliaia di turisti – nuovamente su di sé.
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