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Di giorno serviva zammù, la sera faceva le serenate: chi si ricorda di "Totò 'i l'acqua"

Totò Sciacca trascorreva le sue giornate rallegrando i palermitani in piazzetta Saponeria, dove serviva bibite dissetanti. Ma la sua giornata non finiva qui

Viviana Ragusa
Graphic designer
  • 25 luglio 2023

L'acquavitaro a Palermo

C'era un tempo in cui a Palermo era possibile dissetarsi in ogni angolo della città con poche gocce di liquore in un bicchiere d'acqua, una nuvola bianca unica e dal sapore incredibilmente appagante.

L'acqua e anice o ‘’zammù’’ fa parte della tradizione siciliana e la ricetta del celebre liquore preparato dalla famiglia Tutone rimane ancora oggi un segreto custodito gelosamente da diverse generazioni.

Tuttavia il successo della bevanda dissetante non è soltanto merito della famiglia produttrice, perché l'acqua e anice ha conquistato i palati dei siciliani soprattutto grazie al lavoro degli acquaioli o acquavitari.

La nostra Isola è sempre stata un territorio ricco di corsi d’acqua e, nelle epoche in cui non esisteva un impianto idrico, questa caratteristica ha permesso ai cittadini di potersi recare facilmente presso sorgenti o corsi d’acqua e fare rifornimento per l’uso domestico.

Col passare del tempo e con il processo di urbanizzazione, la mancanza di un sistema di distribuzione appropriato influì sul consumo dell’acqua da parte delle famiglie, e ciò poteva diventare un problema soprattutto nei mesi estivi.
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In questo contesto diventò rilevante la presenza sempre più numerosa degli acquaioli o acquavitari, dei venditori ambulanti che giravano per la città con una caraffa di terracotta piena d’acqua e alcuni bicchieri per offrire sollievo ai cittadini.

Col passare del tempo, questi commercianti iniziarono ad avere una clientela fissa e decisero di avere delle postazioni stabili, soprattutto al Capo.

In questa zona di Palermo ogni acquaiolo cominciò ad avere la propria tavola d’acqua, decorata con le stesse sembianze dei tipici carretti siciliani. Sulle tavole d’acqua non c’era più soltanto la vecchia caraffa, ma si aggiunsero bicchieri, sottobicchieri, frutta e verdura.

Alcuni venditori fornirono la loro postazione di sedie, lampioncini, lavandini e rubinetti (in modo tale da poter lavare i bicchieri utilizzati dai clienti). Uno degli acquaioli maggiormente apprezzati nel capoluogo siciliano fu Totò Sciacca, soprannominato Totò ‘i l’acqua, perché il liquido trasparente faceva parte della sua vita sotto molti aspetti.

Il venditore era molto apprezzato per le sue bibite, che donavano sollievo ai passanti e contribuivano alla creazione di momenti di relax e convivialità.

Totò trascorreva le sue giornate rallegrando i palermitani in piazzetta Saponeria, dove serviva il classico zammù, oltre a sciroppi, succo di limone e altre bevande di sua invenzione.

Rispetto a quello dei suoi colleghi, però, il lavoro di Totò Sciacca era più faticoso: dopo diverse ore di lavoro al Capo con la sua tavola d’acqua, il commerciante si recava presso i ruscelli e altri punti di raccolta per procurarsi il liquido da vendere.

Ma la sua giornata non finiva qui. Totò Sciacca era anche un abile musicista e le sue doti canore erano molto apprezzate.

Con il suo mandolino, l’acquaiolo era in grado di suonare qualsiasi canzone e ben presto anche questo diventò un vero e proprio lavoro. Molti ragazzi di Palermo ingaggiavano Totò per organizzare delle serenate in onore delle loro amate.

Spesso si trattava di eventi organizzati per chiedere la mano delle giovani donne, perciò ogni pretendente era solito commissionare a Totò una canzone. Durante questi spettacoli notturni (spesso intorno alle 2.00) si attendeva il giudizio del capo-famiglia e l’esito della proposta di matrimonio si deduceva dalla conclusione della serenata.

Se il padre della ragazza era d’accordo all’unione, Totò Sciacca poteva concludere l’intera serenata senza problemi; in caso contrario, il venditore/musicista riceveva un bel secchio d’acqua addosso e doveva interrompere la performance.

Totò svolgeva queste attività quotidianamente, quindi spesso non riusciva ad assolvere il classico compito dei venditori del Capo, cioè l’abbanniata. Di conseguenza, quando aveva difficoltà ad utilizzare la propria voce, l’acquaiolo si affidava all’aiuto-abbanniatore.

Così, mentre Totò vendeva i suoi prodotti alla tavola d’acqua, il suo aiutante si occupava di attirare i clienti con frasi come ‘’Acqua fresca ca’ è bella gilata, e si n’un è frisca tirate ‘u bicchieri ‘ntall’aria!’’.

Di Totò Sciacca, oggi, è rimasto solo il suo ricordo, ma esistono ancora le vecchie tavole d’acqua dei suoi colleghi, come quella di Giuseppe Di Pasquale, detto don Pidduzzo.

A piazza Beati Paoli i nipoti e il genero dell’acquaiolo portano avanti la tradizione di famiglia nell’antico chiosco tuttora in attività.
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