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È tra le razze più nobili ma in Sicilia diventa insulto: la vera storia del "Cane di mannara"

Chissà perché ogni volta che si deve fare un'offesa sempliciotta si prendono in riferimento questi poveri cristi a quattro zampe, che sono dei veri "angeli senza ali"

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 1 aprile 2021

Un cane di mannara o mastino siciliano

Lassie (che si legge come il passato remoto del verbo leggere) tornava a casa, Hachiko aspettava il padrone morto tragicamente, Pluto viveva con un topo, Rin tin tin era un cane cowboy.

Tequila parlava con l'accento napoletano a Bonetti, Beethoven suonava le salsicce e non il pianoforte, Sansone era na negghia (un combina guai), e poi Balto, La Carica Dei 101.

Totò è il primo cane che assume droghe e che si fa un trip mentale di quelli brutti insieme alla padrona Dorothy, tant'è che credono finire nel magico mondo di OZ. Rex vince il concorso nella polizia e va a cercare Totò che si droga, Ettore di Tom e Jerry e tanti, tanti, tanti, altri.

Insomma, ad ogni generazione di binge-watching che si rispetti (letteralmente "dipendente da serie tv") corrisponde un amico a quattro zampe che da bambini ha fatto in modo che sorgesse quella fatidica domanda che almeno una volta abbiamo fatto ai nostri genitori.

«Papà, lo prendiamo un cagnolino?». «E poi cresce... E poi lo devi portare fuori pure quando piove e fa freddo... e poi fa la cacca dappertutto... e poi lo devi tenere sempre al guinzaglio...».
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In un mondo in cui Dio prima creare la luce creò l'Enel (“luce e luce fu!”), in cui Caino ammazza suo fratello per gelosia, in cui Noè si ubriaca, si fa trovare con la pinna (uccellino) di fuori, e solo per questo disereda suo figlio Cam, esiste una specie in grado di spartire (diffondere, ndr) amore aggratis e pretendere solo i rimasugli del pranzo e qualche carezza.

E non solo li abbiamo offesi e li continuiamo ad offendere pretendendo che si siedano, che inseguano il gatto (che magari gli sta pure simpatico), che facciano la guardia mentre è ora di dormire (vorrei vedere voi pagati per urlare in balcone in piena notte ogni volta che arriva una notifica su whastapp), e che vi accompagnino nelle vostre passeggiate a Mondello perché il cane è en pendant con la borsa.

Picciotti, stiamo parlando di angeli senza ali che Dio, a meno che per questioni di vino non era inseme a Noé (e non “divino” che potrebbe essere frainteso), ha regalato a questo mondo un po' a scatafascio.

Già, perché Dio, che tutto vede e tutto aveva previsto, ha pensato benissimo di mandare angeli a quattro zampe (anche perché se li avesse mandati con le ali poi sarebbe spuntata Raynair con tutte le paranoie e la concorrenza che ne deriva).

Belli, tutti bellissimi, specialmente se alla moda o se rivendicano uno stato sociale. E invece no!

C'è un razza, un cane senza sindacati, un figlio di nessuno, un povero figlio di buttana (come diciamo in Sicilia quando qualcuno è lasciato al proprio destino) che è rimasto sempre in disparte e “sparti” (questa è per i palermitani) si è pure sentito insultare, o peggio ancora si è sentito paragonare alla bestia più bestiale in grado di qualsiasi bestialità: l'uomo.

Se vi dicessi “mastino siciliano” cosa mi rispondereste? Chissà perché ogni volta che si deve fare un insulto terra terra, cioè di basso rango, si prendono in riferimento questi poveri cristi che abbaiano.

Cane di bancata, non lo vogliono manco i cani, puzza come un cane, fa freddo cane, cagnolo per intendere che ancora non si è maturi, solo come un cane... eppure nessuna di queste è paragonabile al capolavoro dei capolavori, all'over the top di tutti gli insulti canini che in Sicila è, ed è sempre stato, il cacio sui maccheroni: cane di mannara.

E nonostante tutti questi pregiudizi che proprio il cane di mannara, specie autoctona della Sicilia, è una delle razze più antiche, più nobili e più strabilianti di tutto il panorama canino.

Basta dire che nel 2017 le FCI (Fédération cynologique international) lo ha riconosciuto come razza estinta o in via di estinzione. Infatti ci sono solo pochi ceppi che vengono curati e mantenuti da aziende zootecniche.

Pensate che insieme al Cirneco dell'Etna è considerata la razza italiana più antica di tutte. Il filosofo romano Claudio Eliano (vissuto in torno al 170 a.C.- 235 a.C. ne parla così: «Diverso è il loro comportamento durante la notte, quando essi accompagnano con grande benevolenza, a guisa e scorta, quelli già ubriachi e coloro che non si reggono in piedi lungo il cammino, riconducendoli ciascuno a casa propria».

Un cane che ci conduce a casa ogni volta che ci riduciamo come le scimmie? Dite la verità, oltre ad essere il vostro sogno proibito, quanti problemi vi sareste evitati se lo avessero assunto all'uscita dei locali?

Non solo Claudio Eliano, pure Luigi Natoli ne parla quando associa ad uno dei protagonisti del suo più celebre capolavoro “I Beati Paoli” proprio un cane di mannara che affianca durante la gioventù a Blasco da Castiglione.

Secondo la credenza popolare, questo cane ha un certa parentela con il lupo perché la scomparsa di quest'ultimo dai territori siciliani (1935) è coincisa con quella del mastino siciliano, come oggi è chiamato.

Anche il grande Camilleri, in Montalbano, nell'episodio “La forma dell'acqua”, ha utilizzato la “Fornace della Penna” che trasformò in Mannara (utilizzando appunto questo famelico alone nero attorno alla parola) associandola a un luogo malfamato in cui ci stanno le signorine con la borsa antropologicamente conosciute come “bottane”.

Potremmo parlare del cane di mannara da qui fino alla prossima settimana dicendo che è intelligentissimo, super docile, ultraresistente alle malattie (alcuni dicono essere immune alla leishmaniosi) e tanto e tanto altro.

Siccome però non sono Giorgio Mastrota che vi deve convincere a comprare il materasso, vi dico solo un'ultima cosa.

«Buttate fuori di casa un marito e prendete un cane di mannara: il primo vivrà nel suo habitat naturale che sono le pecore, il secondo vi sottolineerà quanto un cane può essere più educato di un uomo».
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