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È una delle farmacie più antiche di Sicilia: dopo oltre 100 anni rinasce in un monastero

La sua storia è travagliata, viene riportata all'antico splendore vicino a Palermo. Saranno collocate qui copie di tutto ciò che fu portato via per trasferirlo altrove

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 7 marzo 2023

Spezieria di San Giovanni Parma

Fervono i lavori di restauro nell’Abbazia benedettina di San Martino delle Scale, per riportare all’antico splendore la farmacia (o spezieria, come viene chiamata dai monaci): vasi, strumenti e arredi furono confiscati oltre cent’anni fa e furono trasferiti altrove.

Il monastero e la chiesa abbaziale di San Martino delle Scale sorgono nel territorio del comune di Monreale, a poca distanza da Palermo e oggi la comunità monastica è formata da 13 monaci, che ogni mattina si alzano prima dell’alba per cantare e pregare.

La tradizione vuole che il primitivo monastero di San Martino sia stato fondato da Papa Gregorio I nel VI secolo, contestualmente ad altre cinque strutture monastiche in Sicilia. Sappiamo con certezza che l’Abbazia venne rifondata nel 1347 e che il primo abate fu il monaco Angelo Sinisio: egli ricoprì tale incarico dal 1352 al 1386.

In passato la valle in cui sorge il monastero era molto isolata e infatti durante la seconda guerra mondiale il complesso religioso fu ritenuto un luogo sicuro, dove trasportare segretamente numerose opere d’arte, mettendole i salvo, mentre la città di Palermo veniva rasa al suolo dai bombardamenti angloamericani.
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La lontananza dai centri abitati imponeva nei secoli passati ai monaci di provvedere autonomamente alla propria salute e per tale motivo esisteva un monaco, il cosiddetto 'speziale', incaricato di curare i religiosi.

All’interno della spezieria, monaci esperti conoscitori delle erbe e delle loro virtù fitoterapiche, si dedicavano della preparazione di medicamenti. Nei vasi degli speziali venivano conservate erbe mediche, ma anche spezie, profumi ed essenze.

Lo speziale si occupava anche della distillazione di elisir e di amari, o addirittura della preparazione di dolciumi: non a caso nel 2007 è stato pubblicato un ricettario conservato nell’Abbazia di San Martino delle Scale, un testo anonimo redatto nel XVII secolo, dove sono annotate ricette di cucina (tra cui due versioni della famosa cassata siciliana) e ricette di cura della persona (come ringiovanire la pelle, come tingere i capelli, ecc.).

Le spezie erano il prodotto più richiesto: il muschio (che viene spesso citato in diverse preparazioni, nell’antico taccuino di ricette dell’Abbazia) proveniva dalla Cina e veniva acquistato ad Alessandria d’Egitto.

Ricercatissimi erano il pepe, la cannella, i chiodi di garofano, la curcuma, l’incenso. Ricettari e farmacopee antichi sono strumenti importanti per conoscere l’evoluzione storica delle scienze farmaceutiche attraverso i secoli.

Dopo l’unità d’Italia, il monastero era riuscito a sfuggire all’esproprio, a seguito alle leggi eversive (1866) che prevedevano l’abolizione delle corporazioni religiose, perché era considerato “tra gli stabilimenti ecclesiastici distinti per la monumentale importanza e pel complesso dei tesori artistici e letterari” da preservare.

Michele Amari però, per le pessime condizioni in cui versava il patrimonio di San Martino a causa dell’umidità, ma soprattutto per risentimento personale nei confronti dell’abate Castelli, che non gli consentiva di studiare i manoscritti arabi e in particolare il codice dell’Abate Vella, (falsificazione storica narrata da Leonardo Sciascia ne Il Consiglio di Egitto) presentò in Senato un progetto di deroga alle disposizioni dell’articolo 33.

Nel suo discorso al Senato Amari affermò che non essendovi più i monaci che avrebbero potuto custodire il patrimonio in esso conservato, era più logico trasferirlo nelle biblioteche e nei musei.

Il fluente discorso di Amari convinse il Senato: si ordinò la confisca delle collezioni e del patrimonio librario e archivistico del monastero e il trasferimento avvenne tra il 12 e il 21 agosto 1870. L’immenso patrimonio librario e archivistico dell’Abbazia di San Martino delle Scale venne smembrato e suddiviso tra l’archivio di stato, la Biblioteca Nazionale e la Biblioteca comunale. Solo una parte dei manoscritti ritenuti di carattere ecclesiastico furono lasciati al monastero.

Il monastero possedeva anche un suo museo, con una vasta collezione archeologica e artistica, confluita alla fine del XIX secolo al museo nazionale all’Olivella, mentre la collezione di storia naturale e il gabinetto di anatomia vennero devoluti al Museo della Regia Università.

La collezione dei vasi proveniente dalla farmacia dell'ex-monastero di San Martino delle Scale venne trasferita prima al museo dell’Olivella e poi presso palazzo Abatellis, divenuta nel 1954 Galleria regionale della Sicilia.

Oggi, a seguito dei nuovi lavori di restauro, verranno ricollocati nei locali dell’antica spezieria del monastero scaffalature, arredi e vasi in ceramica provenienti da Sciacca e Caltagirone: si tratta di riproduzioni filologiche degli originali, che ancora oggi si trovano nei depositi di Palazzo Abatellis.

Le pareti dell’ex farmacia sono decorate con affreschi che rappresentano santi patroni di medici e speziali (Luca, Cosma, Damiano), Ippocrate ed altri personaggi dell’antichità legati alla medicina.

L’affresco al centro della volta rappresenta il Cristo. Belinda Giambra, restauratrice e docente dell’Accademia di Belle Arti Abadir, che ha sede all’interno del complesso monastico, ritiene che non si possa datare con certezza l’epoca di realizzazione degli affreschi, probabilmente, dallo stile, si potrebbe ipotizzare che siano cinquecenteschi.

Sul pavimento della Spezieria risaltano anche alcune maioliche ottocentesche, recuperate grazie a precedenti restauri. Lo storico Fabio Cusimano, in un articolo pubblicato su MediaevalSophia, afferma che nelle vetrine e scaffalature si trovavano un tempo 43 vasi in ceramica maiolicata, dove venivano conservati preparati medicinali, spezie e unguenti.

Nella biblioteca del monastero erano custoditi due grandi contenitori cilindrici su tre piedi con coperchio e teste di leoni in rilievo, un grande vaso ovoidale con due manici a forma di leone, un vaso con anse formate da serpenti e un antico mortaio di bronzo.

A seguito di una lunga diatriba burocratica, il trasferimento dell’arredo della ex farmacia avvenne solo nel 1878. “I quattro grandi vasi dell’ex-biblioteca, i 43 vasi e il mortaio in bronzo della farmacia, vennero consegnati all’allora Museo Nazionale, ma il numero di ingresso non venne apposto sui singoli manufatti che si confusero con altri vasi già esistenti e provenienti da altre collezioni”, afferma ancora Cusimano.

Il restauro dell’antica farmacia, uno spazio comunitario un tempo molto importante all’interno dell’Abbazia, si inserisce in un progetto di più vasto respiro che si propone la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale dell’intero complesso monastico, grazie al lavoro sinergico dei monaci benedettini e degli enti istituzionali preposti.

Speriamo che l’antica spezieria, una volta riportata al suo splendore e restituita ai monaci dell’Abbazia di San Martino, diventi ben presto fruibile anche ai visitatori.
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