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"Bagheria esoterica" di Piero Montana: un libro che dice ciò che altri non hanno mai detto

Il libro non si rivolge a chi a Bagheria presta un'attenzione "campanilistica" bensì a chi viene attratto da una cultura europea che nelle ville dell'aristocrazia palermitana ha trovato piena manifestazione

Balarm
La redazione
  • 25 marzo 2021

L'autore del libro, Piero Montana

Bagheria esoterica è un libro che il suo autore Piero Montana definisce "della sua vita". Da tanti anni pensato, meditato, dopo molte esitazioni da parte di chi lo ha concepito e finito di scrivere, viene finalmente alla luce per le edizioni di Amici di Plumelia.

Seguendo passo passo il filo esoterico che in esso si dipana, il libro non si rivolge a chi a Bagheria presta un'attenzione
campanilistica o prettamente paesana, bensì a chi viene attratto da una cultura europea che nelle nostre ville dell'aristocrazia palermitana, venuta a risiedere nelle nostre terre, ha trovato fin dall'inizio la sua piena e magnificente manifestazione.

Il libro infatti si apre con un suo primo capitolo su Villa Branciforti Butera, che vide la sua realizzazione nella metà del Seicento. L'originalità del libro consiste nell’averla riportata nel clima culturale del suo tempo facendo emergere aspetti importanti della cultura europea della metà del Seicento presenti a Villa Branciforti Butera.
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L'importanza culturale di bagheria viene ad essere indagata partendo dal tema della malinconia, che l'autore esamina incominciando dai versi della Galatea del Cervantes che Don Giuseppe Branciforti fa propri facendoli incidere in una lapide del suo palazzo.

Da questi versi e dall'emistichio del Tasso "O corte addio", pure inscritto nella torre del suo palazzo, lo scrittore attraverso l'Arcadia del Sannazzaro s’immerge nel percorso di quel filone letterario dominato da quel che fu chiamato "il disprezzo della corte ed l’elogio della campagna", che - pochi sanno - costituì anche il titolo di un libro spagnolo Monosprecio de la corte y alabranza de aldea, pubblicato nel 1539 da Antonio de Guevara, libro questo, sia pure minore, che il nostro scrittore pone accanto a quelli della Galatea e la Gerusalemme liberata del Tasso, e di tanti altri, il cui comune denominatore era costituito dal tema dell’Arcadia.

Montana pur avendo della storia una visione altra, una visione diacronica, che al passato venga a restituire una propria identità non omologata dalla nostra mentalità moderna, della storia non vuol avere tuttavia una visione così detta scientifica. Il dato infatti scientifico, per l' autore, è un limite alla narrazione storica, un limite che si è affermato in epoca moderna con l’avvento della scienza e che pertanto costituisce il pregiudizio proprio del nostro tempo, che con la sua mentalità moderna pretende di conoscere un passato più o meno antico che ad essa è del tutto estranea, aliena in quanto differente.

È proprio nel secondo capitolo della sua opera lo scrittore parlando di Villa Palagonia ha modo di darci un esempio di come si possa fare storia diversamente, non partendo da nessun punto di vista così detto scientifico.

Montana infatti ha modo di scrivere che il Principe di Palagonia, Ferdinando Francesco Gravina giuniore, era un sensitivo piuttosto che un negromante, che di notte non dormiva per via di un incubo ricorrente, quello del diluvio universale, che lo ossessionò a tal punto da far rassomigliare la sua stanza da letto ad uno scomparto dell’Arca di Noè, per la
presenza di tanti animali sia pure fatti scolpire in pietra.

Il riscontro di tali affermazioni sul Principe Gravina non può infatti essere scientifico. Come si fa ad avere infatti la prova che il Palagonia non dormiva di notte perché svegliato dall’incubo ricorrente del diluvio? Tale prova non esiste, seppure il sogno di quell’incubo ha quella consistenza reale, che l’ornamentazione di Villa Palagonia conferisce a tutta la sua architettura. Tale ornamentazione è dunque sogno, più che fantasia, ed in esso vanno cercati i segni del tempo, di un tempo che veniva ad anticipare la fine del mondo, il diluvio per l’appunto, che però del mondo avrebbe sommerso la sola classe privilegiata dell’Ancien Regime, l’aristocrazia.

Villa Palagonia, dice lo scrittore, è un Liber Mutus, un libro di pietra, e il sapere in esso racchiuso è profondamente esoterico e non essoterico, per questo tutte le descrizioni che si sono finora avute sulla villa, prescindendo da esso, sono del tutto inconsistenti, fuorvianti e fallaci.

La villa in questione ha dunque una chiave d'accesso ermetica-alchemica e a dimostrazione di questa Montana approfondisce il significato delle figure dei musicanti, le cui statue sono poste sopra i corpi bassi che contornano l’edifico del Palazzo. Cosa ci stanno a fare esse accanto ai mostri? Solo attraverso una conoscenza alchemica della musica, si può infatti comprendere appieno il significato negativo che il nostro Principe attribuiva ai suoni degli istrumenti, considerati per l’appunto bassi, demonici, infernali in opposizione di certo alla musica vocale.

Ecco che la musica diviene argomento del libro, perché tanto l'armonia, che la dissonanza giuocano un ruolo fondamentale nella configurazione architettonica della Villa dei mostri, che mette in scena la contronatura che si ribella all’Ordine naturale che Dio avrebbe imposto al nostro mondo, governato da suoi rappresentanti.

L'ornamentazione dell’interno della cappella di Villa Palagonia con tutte le sue statue e reliquari mostra infatti quanto dal Principe dovette essere fatta propria l’arma della preghiera, quell’unica arma che congiungeva l’uomo a Dio, e che dalle mani dell’uomo veniva ad essere strappata dai pensatori dell’età dei Lumi. Accusato dal Goethe di superstizione, per aver il Gravina abusato, di una tale arma forgiata nelle molteplici forme di strumenti sacri, il Palagonia mostra invece di conoscerne attraverso l’uso tutta la sua mistica forza, alla quale solamente si affida.

È un libro che vuol dirsi "esoterico", e sarebbe del tutto fuori luogo accampare pretese di scientificità o di "verità storiche".
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