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I monumenti più comuni e significativi di Palermo: sono i suoi cittadini autocelebrativi

"Io sugnu u miegghiu ri tutti" ed altre frasi emblematiche sono manifestazioni ricorrenti in questo genere di soggetti, ma occorrerebbe più senso di rispetto e onestà

  • 9 dicembre 2019

Via Maqueda pedonale a Palermo (foto di Giuseppe Romano)

Oggi è mio desiderio rivolgere la vostra attenzione su un tipico fenomeno cittadino dalle origini ancestrali: la celebrazione del sé del palermitano comune. Da dove scaturisca e quando sia iniziata questa convinzione di ritenersi i migliori in assoluto non è dato saperlo; probabilmente fa parte del DNA.

Fatto sta che, rivestendosi di un'immaginaria autorevolezza che li fa sentire scevri da ogni responsabilità e rispetto delle regole, questi soggetti sono diventati un autentico danno per i concittadini e soprattutto per la loro stessa città. "A mia nuddu m'avi a tuccari u busu!"; "Io sugnu u miegghiu ri tutti" ed altre frasi emblematiche sono manifestazioni ricorrenti in questo genere di soggetti. Si tratta di atteggiamenti di impostazione arrogante e prepotente, indubbiamente di pessimo modello per le generazioni future. Ma soprattutto per la stessa città in quanto, ignorando il senso del bene comune, coloro che usano tali comportamenti si sentono in diritto di fare ciò che vogliono sporcando ed imbrattando la vera loro casa: Palermo.
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A volte però la posizione autocelebrativa è più subdola e sotterranea, quindi difficilmente individuabile. Avrete notato che, da quando si è diffuso a largo raggio l'interesse per la riscoperta dei tesori palermitani, si sono create due differenti fazioni di soggetti autocelebrativi. Una di esse in verità esisteva da molto tempo ed è composta da persone dotate di ottima conoscenza della storia e delle ricchezze artistiche e monumentali palermitane. Ma guai a condividerle con gli altri ed a farne tesoro comune! Però, stranamente, essi si rivelano prontissimi a scagliarsi contro la benché minima imprecisione di chiunque si dimostri sinceramente interessato e magari ancora privo di una buona base informativa.

Unica spiegazione plausibile: il fine dell'elevazione di se stessi. Poi, negli ultimi periodi, si sono fatti avanti altri esempi deleteri. Sappiamo quanto il mondo virtuale sia articolato e complesso, ma essi hanno fiutato che, nel contempo, è un ottimo mezzo per ottenere visibilità. E siccome, probabilmente perché a casa propria contano come il due di coppe a briscola quando la briscola è a mazze, hanno trovato (sfruttando e condividendo foto e testi del web della storia di Palermo) il modo che li fa gonfiare come dei pavoni nel periodo del corteggiamento. Ma di pratico, un bel niente.

Allora, intanto vorrei precisare che la conoscenza è cosa pubblica e renderne partecipi gli altri non fa altro che migliorare l'intera società. Invece (e non mi riferisco a qualche perla rara che ha scelto mirabilmente di trattare solo ed esclusivamente queste tematiche ed è stato un vero e proprio pioniere e un arricchimento per tutti), alla seconda categoria appartengono i peggiori, che non hanno altra inventiva se non quella di attingere dai pionieri. A questi tipi occorre innanzitutto studiare ben bene tutte le vicende e le cronache storiche di Palermo. Prima per conoscerla e poi per averne piena cognizione. Il loro è un metodo detestabile mirato a sfruttare, purtroppo ancora una volta, pure solo il nome di una città sofferta che non merita questo genere di figli.

Per dimostrare di amare la propria terra, bisogna cominciare dai primordi: conoscenza, cognizione, coscienza. Nessuna coscienza si intravede in questi atteggiamenti fini a se stessi diretti soltanto a raccogliere approvazioni. Uno stimolo è senz'altro ben accetto, come la condivisione di memorie storiche dolorose indirizzate all'insegnamento per non ricadere più negli stessi errori. Ma non è possibile, a distanza di anni e con l'alibi della nostalgia, argomentare sempre e imperterritamente tutt'oggi sul famigerato sacco di Palermo al grido di "SCEMPIO!". Specialmente quando all'epoca nessuno di loro o dei loro congiunti si è mosso per evitarlo. E, in ogni caso, sapendo bene che è stato soprattutto dettato da scelte personali dei proprietari dei palazzi e/o villini abbattuti.

E' incredibile pubblicare in continuazione immagini del periodo pre, durante e post bellico o quelle di quasi cento anni fa asserendo che si viveva meglio. Non è affatto così: la maggior parte dei palermitani viveva in condizioni misere; senza approvvigionamento idrico diretto, in case fatiscenti e spesso senza neanche il pane quotidiano. E' pure errato fare riferimento ai ferrei ma assolutamente improbabili valori che esistevano all'epoca, sapendo che in quei contesti esisteva molta più violenza e degrado di quanto si possa immaginare. Semplicemente, non se ne parlava. E allora, se veramente si dichiara di voler bene alla propria città, bisogna togliere gli occhi dallo schermo e le dita dalla tastiera e andare per le sue strade.

E' necessario perlustrarle cercando di capire cosa e come si deve migliorare. Occorre segnalare senza mai arrendersi per richiedere gli interventi adeguati. E' obbligatorio comportarsi sempre educatamente e correttamente, nel rispetto delle regole. Dilagando il vero interesse ed un'autentica passione, si sarà in grado di contagiarli a tutti, in quanto sgorgheranno da un cuore sincero, non dall'intento di un ritorno personale benché solo virtuale ed effimero.
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