ITINERARI E LUOGHI
Il belvedere, il mitico castello e le "Armisanti": in Sicilia, nel borgo silenzioso
Vi è un gioiello che vacilla tra passati nisseni e sconfinamenti altrove. Una storia lunga, appassionante e piena di colpi di scena. Qui anche il sottosuolo ricco di storia

Il Castello Barresi a Pietraperzia (Enna)
Siamo in Sicilia centrale. È un mondo a sé. Una zona sperduta nel mezzo di un’isola piena di contraddizioni. Il raccordo stradale - nei pressi di Caltanissetta - è un timido segnale di presenza.
Una "sostanza strutturale" che vale la pena scoprire. A una quindicina di chilometri dal capoluogo nisseno, entriamo nei confini ennesi. La storia è lunga, strada facendo avvertiremo l’esigenza di approfondire.
Domina il giallo arido, una tonalità secca. Una forte testimonianza di diversità, di una vegetazione che da secoli è stata deturpata. I colli di Caltanissetta digradano con forme strane e lasciano spazio alle geometrie ennesi. A un certo punto, lo sguardo volge lassù. Scrutiamo una rocca con un edificio imponente.
È il territorio di Pietraperzia. La rete emette sentenze spesso poco convincenti. Spirito d’osservazione e volontà saranno gli elementi protagonisti. A un chilometro dall’arrivo, l’immagine-cartolina è un belvedere.
L’esclamazione emette il suo primo verdetto: “Bellissimo!”. Sì, Petraperzia è un gioiello che vacilla tra passati nisseni e sconfinamenti altrove. Una storia lunga, appassionante e ricca di colpi di scena.
Allora raccontiamola tutta! Nel 1926 entrò a far parte della provincia di Enna, lasciandosi alle spalle il legame politico e culturale con i nisseni. Del paese, cosa possiamo accennare? La zona residenziale si è espansa a debita distanza dal vecchio borgo.
"Li figghi e li niputi s’accattaru li casi ni la zona nova, un ci interessa nenti di lu vecchiu borgu". Sono le prime parole che ci vengono dette una volta messo piede in paese.
L’obiettivo di giornata è altro, entrare nella storia del borgo stesso. Guardiamo avanti, oltre ogni attesa. Le arterie principali sono intervallate da stradine e scalinate.
Pietre lavorate richiamano a fasti antichi. Ogni passo ondeggia tra passato e un futuro da riscrivere. Li “acchianati” portano fatica, ma vale la pena gustarsi panorami invidiabili.
Il piano di giornata prevede la salita fino al Castello Barresi. La via Castello è uno degli ultimi passi da compiere. “Ciucia” lu vento (a 549 s.l.m.) a velocità non indifferente. Un respiro affannoso accompagna la prima “fatica” di giornata. Vale la pena! Qui si è fatta la storia. Le prime fortificazioni risalgono (addirittura) al periodo del bronzo. Fino ai primi del 1900 era integro, poi - causa degrado e terremoti - ha perso parte della sua “fisicità architettonica". Nel 1526 il marchese Matteo Barresi completò l’edificio.
Si ergeva su tre fasi distinte che rispecchiavano i diversi periodi storici (normanno, svevo e catalano). Delle dimensioni originali - comprese le torri e i bastioni - rimane ben poco. Nella sua bellezza andata - ancorata nelle leggende - il torrione merlato, detto “Corona del Re” (insieme a una torre quadrata), mantiene intatto parte dello splendore. Usato come ultima difesa, leggenda narra che le stanze fossero 365 (come i giorni dell’anno) e le torri 12 (come i mesi dell’anno).
Come in un libro romanzesco, sentiamo l’eco delle donne. Le tre fanciulle s’incamminarono nei sotterranei. Con spago e candela al seguito si divisero. Fecero strada, ma compiaciute e attratte da qualcosa, bruciarono lo spago e non trovarono la via di ritorno. Morirono, seppellite da un peccato di gioventù.
Nel dubbio, il fascino cortigiano detta legge. Ci affacciamo sul balcone panoramico. Il vento sbatte prepotentemente, aumenta d'intensità. Siamo consapevoli di toccare il punto più alto di Pietraperzia. Soddisfatti? Sazi? Macché! Siamo agli inizi di un’avventura che ci condurrà dritti verso… l’apoteosi. Nelle viuzze cala il silenzio. Le case disabitate sono impolverate, vecchie e stanche di un vissuto lontano.
Qualcuno si affaccia timidamente, un cenno pieno d’orgoglio e continuiamo il nostro viaggio. Il prossimo passo è il Palazzo del Governatore. Maestoso, imponente, storico. Non ci sono migliori aggettivi che possano descriverlo. Entriamo nel favoloso mondo rinascimentale. Aleggiano misteri irrisolti (data e nome dell’architetto).
Osserviamo la qualità quattrocentesca dell’ingresso. L’androne era formato da colonne (visibili dalle pareti). La pietra scura gioca un ruolo determinante, attribuisce piacevoli caratteristiche alla struttura. Per un attimo ci svestiamo dell’abito di semplici turisti e iniziamo il valzer dai contenuti nobili. “Io sono il notabile! Lui è il Capitano di Giustizia, e tu? Sono il Governatore! Sento forte e responsabile la mia presenza in città!”. E lui? “Vado al Palazzo della Principessa Deliella”.
A Pietraperzia? Sì, non lontano dal Governatore! Progettato da Ernesto Basile nel 1908, oggi è sede della Cassa Rurale e Artigiana. Nonostante i disegni in stile Liberty, il palazzo presenta decori neoclassici. I profumi inebrianti della piccola comunità mettono il sigillo vincente. Non mancano le chiese. Della Caterva evoca di costruzioni trecentesche, crolli, ricostruzioni cinquecentesche fino all’abbattimento delle torri e del campanile nel 1899.
Quella che originariamente era la cripta delle “anime sante”, oggi custodisce una croce bizantina venerata (rubata nel lontano 1992 e ritrovata da Don Viola). L’edificio è aperto al pubblico solo nel mese di maggio.
Le chiese Madre di Santa Maria Maggiore (sono presenti le spoglie mortali di Dorotea Barresi), di San Domenico (tra le più antiche del paese), di Santa Maria del Gesù (sede della Confraternita del Preziosissimo Sangue e della celebrazione dell’Ancuntru) e di San Rocco (sono presenti diverse statue lignee) sono forti testimoni di una fede radicata da secoli.
Indomiti della lunga carrellata, è tempo di pausa e riflessioni. Nella bellissima Piazza Vittorio Emanuele è d’obbligo un assaggino. Le Armisanti (frittelle croccanti), la pagnottata e il torrone sono delizie dai sapori gustosi! Uno, due… tre perle da non perdere! Un sorso d’acqua e torniamo indietro nel tempo.
Ai sicani o siculi? Alcune fonti citano l'antica Petra (citata da Cicerone) ai tempi dei Romani. Il periodo di massimo splendore si ebbe con i Normanni e la famiglia dei Barresi. Di massimo risalto - seppur comportò la morte di nove persone - gli incidenti durante i Fasci Siciliani del 1894. Prima di concludere, merita un’attenta visita il Palazzo del Municipio (simbolo della borghesia) e il Teatro Regina Margherita.
Il territorio di Pietraperzia è un capitolo a parte. Gli scavi archeologici sono testimoni di un sottosuolo ricco di storia. Le contrade di “Cuddaru d’Crastu, Tornambè-Fastuchera, i siti di lu Cirummeddi, Rancitito, Rocche Arato e un’altra quarantina di piccole zone, sono fieri testimoni di un passato intenso. Andiamo via soddisfatti! Lasciamo il borgo con entusiasmo, con la promessa che non sarà l’ultima volta.
Una "sostanza strutturale" che vale la pena scoprire. A una quindicina di chilometri dal capoluogo nisseno, entriamo nei confini ennesi. La storia è lunga, strada facendo avvertiremo l’esigenza di approfondire.
Domina il giallo arido, una tonalità secca. Una forte testimonianza di diversità, di una vegetazione che da secoli è stata deturpata. I colli di Caltanissetta digradano con forme strane e lasciano spazio alle geometrie ennesi. A un certo punto, lo sguardo volge lassù. Scrutiamo una rocca con un edificio imponente.
È il territorio di Pietraperzia. La rete emette sentenze spesso poco convincenti. Spirito d’osservazione e volontà saranno gli elementi protagonisti. A un chilometro dall’arrivo, l’immagine-cartolina è un belvedere.
L’esclamazione emette il suo primo verdetto: “Bellissimo!”. Sì, Petraperzia è un gioiello che vacilla tra passati nisseni e sconfinamenti altrove. Una storia lunga, appassionante e ricca di colpi di scena.
Allora raccontiamola tutta! Nel 1926 entrò a far parte della provincia di Enna, lasciandosi alle spalle il legame politico e culturale con i nisseni. Del paese, cosa possiamo accennare? La zona residenziale si è espansa a debita distanza dal vecchio borgo.
"Li figghi e li niputi s’accattaru li casi ni la zona nova, un ci interessa nenti di lu vecchiu borgu". Sono le prime parole che ci vengono dette una volta messo piede in paese.
L’obiettivo di giornata è altro, entrare nella storia del borgo stesso. Guardiamo avanti, oltre ogni attesa. Le arterie principali sono intervallate da stradine e scalinate.
Pietre lavorate richiamano a fasti antichi. Ogni passo ondeggia tra passato e un futuro da riscrivere. Li “acchianati” portano fatica, ma vale la pena gustarsi panorami invidiabili.
Il piano di giornata prevede la salita fino al Castello Barresi. La via Castello è uno degli ultimi passi da compiere. “Ciucia” lu vento (a 549 s.l.m.) a velocità non indifferente. Un respiro affannoso accompagna la prima “fatica” di giornata. Vale la pena! Qui si è fatta la storia. Le prime fortificazioni risalgono (addirittura) al periodo del bronzo. Fino ai primi del 1900 era integro, poi - causa degrado e terremoti - ha perso parte della sua “fisicità architettonica". Nel 1526 il marchese Matteo Barresi completò l’edificio.
Si ergeva su tre fasi distinte che rispecchiavano i diversi periodi storici (normanno, svevo e catalano). Delle dimensioni originali - comprese le torri e i bastioni - rimane ben poco. Nella sua bellezza andata - ancorata nelle leggende - il torrione merlato, detto “Corona del Re” (insieme a una torre quadrata), mantiene intatto parte dello splendore. Usato come ultima difesa, leggenda narra che le stanze fossero 365 (come i giorni dell’anno) e le torri 12 (come i mesi dell’anno).
Come in un libro romanzesco, sentiamo l’eco delle donne. Le tre fanciulle s’incamminarono nei sotterranei. Con spago e candela al seguito si divisero. Fecero strada, ma compiaciute e attratte da qualcosa, bruciarono lo spago e non trovarono la via di ritorno. Morirono, seppellite da un peccato di gioventù.
Nel dubbio, il fascino cortigiano detta legge. Ci affacciamo sul balcone panoramico. Il vento sbatte prepotentemente, aumenta d'intensità. Siamo consapevoli di toccare il punto più alto di Pietraperzia. Soddisfatti? Sazi? Macché! Siamo agli inizi di un’avventura che ci condurrà dritti verso… l’apoteosi. Nelle viuzze cala il silenzio. Le case disabitate sono impolverate, vecchie e stanche di un vissuto lontano.
Qualcuno si affaccia timidamente, un cenno pieno d’orgoglio e continuiamo il nostro viaggio. Il prossimo passo è il Palazzo del Governatore. Maestoso, imponente, storico. Non ci sono migliori aggettivi che possano descriverlo. Entriamo nel favoloso mondo rinascimentale. Aleggiano misteri irrisolti (data e nome dell’architetto).
Osserviamo la qualità quattrocentesca dell’ingresso. L’androne era formato da colonne (visibili dalle pareti). La pietra scura gioca un ruolo determinante, attribuisce piacevoli caratteristiche alla struttura. Per un attimo ci svestiamo dell’abito di semplici turisti e iniziamo il valzer dai contenuti nobili. “Io sono il notabile! Lui è il Capitano di Giustizia, e tu? Sono il Governatore! Sento forte e responsabile la mia presenza in città!”. E lui? “Vado al Palazzo della Principessa Deliella”.
A Pietraperzia? Sì, non lontano dal Governatore! Progettato da Ernesto Basile nel 1908, oggi è sede della Cassa Rurale e Artigiana. Nonostante i disegni in stile Liberty, il palazzo presenta decori neoclassici. I profumi inebrianti della piccola comunità mettono il sigillo vincente. Non mancano le chiese. Della Caterva evoca di costruzioni trecentesche, crolli, ricostruzioni cinquecentesche fino all’abbattimento delle torri e del campanile nel 1899.
Quella che originariamente era la cripta delle “anime sante”, oggi custodisce una croce bizantina venerata (rubata nel lontano 1992 e ritrovata da Don Viola). L’edificio è aperto al pubblico solo nel mese di maggio.
Le chiese Madre di Santa Maria Maggiore (sono presenti le spoglie mortali di Dorotea Barresi), di San Domenico (tra le più antiche del paese), di Santa Maria del Gesù (sede della Confraternita del Preziosissimo Sangue e della celebrazione dell’Ancuntru) e di San Rocco (sono presenti diverse statue lignee) sono forti testimoni di una fede radicata da secoli.
Indomiti della lunga carrellata, è tempo di pausa e riflessioni. Nella bellissima Piazza Vittorio Emanuele è d’obbligo un assaggino. Le Armisanti (frittelle croccanti), la pagnottata e il torrone sono delizie dai sapori gustosi! Uno, due… tre perle da non perdere! Un sorso d’acqua e torniamo indietro nel tempo.
Ai sicani o siculi? Alcune fonti citano l'antica Petra (citata da Cicerone) ai tempi dei Romani. Il periodo di massimo splendore si ebbe con i Normanni e la famiglia dei Barresi. Di massimo risalto - seppur comportò la morte di nove persone - gli incidenti durante i Fasci Siciliani del 1894. Prima di concludere, merita un’attenta visita il Palazzo del Municipio (simbolo della borghesia) e il Teatro Regina Margherita.
Il territorio di Pietraperzia è un capitolo a parte. Gli scavi archeologici sono testimoni di un sottosuolo ricco di storia. Le contrade di “Cuddaru d’Crastu, Tornambè-Fastuchera, i siti di lu Cirummeddi, Rancitito, Rocche Arato e un’altra quarantina di piccole zone, sono fieri testimoni di un passato intenso. Andiamo via soddisfatti! Lasciamo il borgo con entusiasmo, con la promessa che non sarà l’ultima volta.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia c'è un detto (davvero) bestiale: che succede se la gallina ha la "vozza china"