ITINERARI E LUOGHI
Il desiderio di esotismo nella Palermo dei Borbone: dov'è la cappella orientaleggiante
La semplicità della costruzione cattura l’attenzione di curiosi e passanti. Uno stile che ancora oggi proietta antichi desideri sull'immaginario della città
La piccola cappella orientaleggiante (sulla sinistra)
Sarebbe stata davvero cosa ardua, provare a descrivere la singolare bellezza di un organismo complesso e alieno rispetto alle specificità stilistiche siciliane come è la marvugliana Casina Cinese se l’appetito devastante del sacco edilizio avesse raggiunto questo prezioso brano di architettura siciliana e il verde storico a margine del Parco della Favorita divorandoli.
L’edificio realizzato al passaggio tra Sette e Ottocento dal capostipite della Scuola di architettura di Palermo Giuseppe Venanzio Marvuglia possiede infatti intatto, e non sembri affatto un dettaglio trascurabile, non solo la propria configurazione architettonica originale bensì il contesto vegetale e le pertinenze malgrado la grande bruttezza dell’asfalto nell’inutile piazzale, che permette l’immissione carrabile sul Viale Duca degli Abruzzi.
Tra le pertinenze vi è l’interessante Museo Etnografico Giuseppe Pitrè e il piccolo edificio di color beige con cupola ribassata originariamente destinata come cappella esclusiva del complesso reale realizzata da Alessandro Marvuglia tra il 1802 e il 1804.
Separato dal museo mediante un vicolo stretto e lungo che conduce ad altri spazi serventi, la cappella è caratterizzata da un impianto planimetrico a pianta centrale ad unica aula e deambulatorio con annesse colonne dal capitello neo-ionico, mentre l’esterno presenta una facciata la cui semplicità si esplica mediante la rigida simmetria del portone d’accesso superiormente aggettivato da una finestra e lateralmente da due oculi.
Una semplicità che non rinuncia a rapire l’attenzione di curiosi e passanti attraverso quell’aura orientaleggiante di cui resta condizione immersiva quell’estradosso della cupola semisferica ribassata e raccordata al tamburo a base circolare mediante un triplo sistema di anelli concentrici.
Tutti elementi concorrenti a trasportare lo sguardo verso l’alto pinnacolo metallico arricchito da otto elementi a base circolare equidistanti e rastremantisi verso il puntale superiore.
Edificio questo, in grado di trasportarci temporalmente a principio della stagione stilistica d’esaltazione dei Revival, in cui il desiderio di esotismo tipico della ricca committenza ebbe a sposarsi alla grande effervescenza compositiva di progettisti in grado di declinare la propria cifra stilistica proiettandola, con gusto e grande sperimentazione formale, sull’immaginario di un’intera città.
L’edificio realizzato al passaggio tra Sette e Ottocento dal capostipite della Scuola di architettura di Palermo Giuseppe Venanzio Marvuglia possiede infatti intatto, e non sembri affatto un dettaglio trascurabile, non solo la propria configurazione architettonica originale bensì il contesto vegetale e le pertinenze malgrado la grande bruttezza dell’asfalto nell’inutile piazzale, che permette l’immissione carrabile sul Viale Duca degli Abruzzi.
Tra le pertinenze vi è l’interessante Museo Etnografico Giuseppe Pitrè e il piccolo edificio di color beige con cupola ribassata originariamente destinata come cappella esclusiva del complesso reale realizzata da Alessandro Marvuglia tra il 1802 e il 1804.
Separato dal museo mediante un vicolo stretto e lungo che conduce ad altri spazi serventi, la cappella è caratterizzata da un impianto planimetrico a pianta centrale ad unica aula e deambulatorio con annesse colonne dal capitello neo-ionico, mentre l’esterno presenta una facciata la cui semplicità si esplica mediante la rigida simmetria del portone d’accesso superiormente aggettivato da una finestra e lateralmente da due oculi.
Una semplicità che non rinuncia a rapire l’attenzione di curiosi e passanti attraverso quell’aura orientaleggiante di cui resta condizione immersiva quell’estradosso della cupola semisferica ribassata e raccordata al tamburo a base circolare mediante un triplo sistema di anelli concentrici.
Tutti elementi concorrenti a trasportare lo sguardo verso l’alto pinnacolo metallico arricchito da otto elementi a base circolare equidistanti e rastremantisi verso il puntale superiore.
Edificio questo, in grado di trasportarci temporalmente a principio della stagione stilistica d’esaltazione dei Revival, in cui il desiderio di esotismo tipico della ricca committenza ebbe a sposarsi alla grande effervescenza compositiva di progettisti in grado di declinare la propria cifra stilistica proiettandola, con gusto e grande sperimentazione formale, sull’immaginario di un’intera città.
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