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Il loro nome è "miracoloso", cantano il popolo siciliano: chi sono i Curamunì

Ai brani popolari e di sdegno, ai canti dei carcerati e quelli antichi del carrettieri. Freschi di menzione come miglior musica al Premio Andrea Parodi 2023

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 21 agosto 2025

Il duo dei Curamunì

Li senti arrivare come una "riutura" (attimo che precede la tempesta ndr). Uno di quei vortici fecondi, ma di ritmo atavico invece dell’aria, che spalancano un ponte tra passato e presente.

La voce fa da richiamo spirituale per tutte le generazioni, le immagini diventano parole che evocano tempi remoti. Ascoltarli significa avanzare in mondo altro e nel tumulto delle passioni, loro sono Curamunì.

Duo siracusano nato nel 2019 formato da Maurizio Battista, con un percorso teatrale e di canto armonico alle spalle e insegnante in laboratori artistici per persone con disabilità e Roberta Gionfriddo, musicista di clarinetto e parte di un’orchestra di fiati per 16 anni e fotografa.

Menzione come miglior musica al Premio Andrea Parodi 2023 con "Semu" vantano collaborazioni con Alessandro Faro e Giuseppe Peralta, Ina Lissa artista plaestinese e la scrittrice Evelina Barone, con la quale hanno realizzato un tour di due anni e mezzo con un format di teatro e musica.

Se da un lato la vita professionale guarda "all’ordinario", quella intima e privata apre le porte allo straordinario e all’antico. Ai brani popolari e di sdegno, ai canti dei carcerati e quelli antichi del carrettieri che diventano mediante le loro voci una cura contro il logorio contemporaneo.

Il nome stesso è un unguento miracoloso che deriva da "cura + amunì - cura che spinge in avanti" questo perché «La ricerca musicale - dice Maurizio Battista - nasce dai canti della medicina popolare. Nei tempi antichi, le erbe curative si attivavano con il canto e questo effetto fortemente benefico lo abbiamo avuto anche nella nostra vita».

La prima opera è Rariki, ep registrato in presa diretta nel 2020 cui seguono 5 singoli: Semu, Epica, Silenziu, Cirimonia, ‘A menzu lu mari. Tracce battesimali nate dall'ispirazione dirompente e che li guidano nel loro percorso di ricerca fra mito e tradizione, dove non possono mancare spiritualità e immagini prive di tempo cronologico.

«Abbiamo un rituale ogni sera a letto - prosegue Maurizio - chiudiamo gli occhi, ci teniamo le mani e ricapitoliamo le immagini che abbiamo vissuto durante tutta la giornata. Viviamo profondamente di immagini e gli diamo dei significati precisi; alcune le cataloghiamo, altre le conserviamo e altre ancora le dimentichiamo».

E ad essere catalogati sono anche tutti i canti, grazie all’aiuto di veterani: Paolino Uccello, una guida naturalistica esperto di tradizioni popolari; l’attore Giovanni Anzalone, lo studioso Ciccio Giuffrida e Turi Ferro esperto anche lui di tradizioni popolari e siciliano antico.

In questo percorso indipendente e autoprodotto, particolarmente apprezzati fuori da Siracusa, i due artisti si lasciano accadere a cuore puro con l’intento di essere liberi da vincoli e compromessi.

Cosa che li rende un prodotto di nicchia, perché a detta di Maurizio «ama moriri cuntenti - dobbiamo morire felici». Felicità e appagamento che emergono a ogni performance - vissuta nello spirito del luogo e delle persone - specie se richiesta con amore.

E lasciano gli spettatori talmente ammaliati quasi da un sortilegio benefico da regalargli alla fine sorrisi, abbracci e persino lacrime di commozione.

L’ispirazione, così come le collaborazioni e piani futuri per il duo arrivano sempre spontaneamente come i prossimi brani a uscita singola: "Ciatu" e "Guarigiuni", una preghiera di Maurizio trasformata in canzone che cita San Paolo.

A ottobre invece tornano insieme a Ina Lissa con uno spettacolo sulla Palestina, tratto da un racconto della nonna dell’artista palestinese costretta ad andare via dalla sua terra e a lasciare come testimonianza i semi di alberi: «Noi - conclude Maurizio - faremo un brano sul grano antico "La scogghitura" ispirato alle spigolatrici che durante il trasporto del grano raccoglievano le spighe perse per strada facendo il tragitto all’inverso”.

Li attende poi, sempre a ottobre, una performance ai Cantieri alla Zisa, dove il canto sarà sempre protagonista come cura «da questo mondo secolare che ci confonde e ci rende schizofrenici, fatto anche di immagini».
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