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Il palermitano Giuseppe Ferla: l'architetto "fortunato" che ha vissuto (anche) il boom economico

Si tende a ricordare i grandi nomi del passato, ma ci sono nomi dell'architettura contemporanea di cui è bene parlare, come Giuseppe Ferla (e i suoi 50 anni di attività)

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 19 aprile 2021

Giuseppe Ferla, negli anni '90, accanto alla Robie House di F.ll. wright (foto tratta dal libro Diario di viaggio)

Per architetti e ingegneri fu un periodo intenso, pieno di speranza e di fervente impegno quello che fecero da cornice al cosiddetto "boom economico".

Non c'è architetto, oggi, che non avrebbe voluto viverci in quegli anni in cui la "professione" rappresentava davvero il terminale di collegamento tra la vita del paese e le trasformazioni "reali" della società attraverso la concretezza del progetto di architettura in grado, ove fosse specchio di menti brillanti e capaci, di migliorare i luoghi della città.

Cantieri, su cantieri, persino talvolta la rinuncia ad incarichi per il troppo lavoro. Gli studi di architettura avevano addirittura i collaboratori assunti e pagati senza l'escamotage del ricorso alla partita Iva.

Diversi furono i progettisti palermitani che ebbero il privilegio di comporre in forme la propria idea di architettura qui in città, tra questi, risulta interessante oggi la rilettura della generazione a cui appartengono progettisti come Fausto Provenzano, Giorgio Fernandez, Sebastiano Monaco, Giuseppe Ferla.
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Su quest'ultimo mi voglio soffermare. Allievo di Gianni Pirrone con cui si laurea nel 1968, Ferla comincia subito a lavorare nello studio Pirrone per poi aprire già nel 1974 il proprio studio di architettura associando alla dimensione professionale, l'attività di insegnamento presso il Liceo Artistico dove ottiene la cattedra di Disegno geometrico e architettura.

Una attività professionale lunga e prolifica che ha recentemente superato il mezzo secolo di vita, trasporta l'architetto palermitano siciliano ai nostri giorni, costruendo una punteggiata di esperienze progettuali portate a compimento assolutamente invidiabile, in cui progetta e realizza Ville tra Palermo, Altavilla, Trabia, Terrasini, Mondello (decine), Perugia, e ancora negozi, ristrutturazione di appartamenti, restauri di edifici storici, centri sportivi (è suo lo Sporting Club a Bonagia), la Postmoderna gelateria Anni 20 a Bagheria, il Centro di quartiere Perpignano e ancora villaggi turistici, centri commerciali, edifici condominiali raffinati e suggestivi come quello che tutt'oggi impera nel panorama dello skyline di piazza Principe di Camporeale.

Questo, realizzato nel 1986 per la Camporeale Costruzioni s.r.l., si contraddistingue per l'elemento di congiunzione superiore a due falde inclinate, in forma di ponte tra i due blocchi abitativi laterali, che di fatto incorniciano il passaggio sottostante della via Paolo Gili in direzione dell'edificio Siculo-Normanno della Zisa.

Il trattamento dei rivestimenti delle facciate in elementi alternati di filari di cotto e pietra lavica, ben si armonizza alla resa possente dei pilastri trattati come alte colonne a reggere la struttura reticolare lignea a vista che, nel legare le due "sponde abitative", diviene l'icona stessa dell'edificio e probabilmente dell'intero primo tratto della piazza Principe di Camporeale un tempo luogo “neogotico” per eccellenza, oggi contaminato dal singolare linguaggio Postmodern dell'edificio di Ferla.

La costruzione che presenta ai piani terra attività commerciali diversificate e uffici negli ammezzati, consta di circa 65 unità abitative distribuite nei sei piani superiori.

A colpire, e non è per nulla un caso ma sostanza stessa del processo formativo degli architetti della generazione di cui Ferla è testimone significativo, è la grande corrispondenza tra l'edificio realizzato e il disegno su carta, segno tangibile di grande controllo rispetto all'intero processo creativo/costruttivo ed elemento identitario di quella Scuola di Architettura di Palermo traghettata dai Basile nella temperie culturale novecentesca, elemento suggestivo di contatto tra la dimensione materiale del costruito e quella immateriale del progetto disegnato e plasmato su carta.

Non ci si può non accorgere di questa elegante architettura, e forse anche questa, rappresenta una di quelle condizioni dell'architettura con la A maiuscola che la città contemporanea ha da troppo tempo dimenticato.

Una riflessione sulla qualità dell'architettura moderna e contemporanea nel capoluogo siciliano e nell'intorno delle sperimentazioni della provincia, ma che sia aperta ai circuiti del turismo culturale manca e si sente. Forse è uno di quei nodi strutturali su cui intessere il futuro di narrazioni coerenti e indispensabili per sensibilizzare la città e i suoi abitanti a quel bisogno di “bellezza costruibile” che solo il progetto architettonico è in grado di garantire.

Le architetture di Ferla rappresentano sicuramente un tassello di questa narrazione, da studiare, da mostrare e da far conoscere al grande pubblico.
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