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Il riccio e la minchia di mare: storia (poco conosciuta) di due gemelli separati alla nascita

Esiste un libro dello scrittore Mark Twain di cui tutti noi abbiamo sentito parlare almeno una volta, "Il principe e il povero", e quella che vi raccontiamo è la versione "marina"

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 13 marzo 2021

Esiste un libro dello scrittore Mark Twain di cui tutti noi abbiamo sentito parlare almeno una volta. Il romanzo è intitolato “Il principe e il povero” ed è così famoso che ci hanno fatto una caterva di film compreso un cartone della Disney con protagonista Topolino.

La storia narra del principe Edoardo VI (figlio di Enrico VIII) che un giorno, camminando per strada, incontra Tom Canty il figlio di uno scanazzato e criminale che ascolta musica neomelodica destinato ad una vita miserevole. Per uno strano scherzo del fato i due sono così precisi, ma così precisi, da sembrare gemelli.

Stanchi delle loro vite decideranno di scambiarsele per un periodo con tutto quello che ne deriverà. Allo stesso modo, lontano dalla letteratura, lontano dai DPCM, dal progresso e dalla file alla posta, esistono un principe e un povero che vivono in fondo al mar e che da sempre hanno impressionato in bene o in male siciliani e non solo.

Uno è il riccio di mare, l'altro, il povero, è la minchia di mare, tecnicamente conosciuta col nome di oloturia. No, non ho detto “storia collaterale” così tanto per dire.
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Dovete sapere che, in effetti, anche se nessuna persona sana di mente avrebbe mai pensato alla loro loro parentela, il riccio e la minchia di mare appartengono alla stessa famiglia: quella degli echinodermi. Se il primo è più famoso e fortunato poiché ha mantenuto lo stesso nome in tutta Italia, il secondo è decisamente più sfortunato perché lo hanno sfottuto dandogli della minchia di mare, cetriolo di mare o, come nel napoletano, strunz i' mare.

E nonostante il riccio abbia tutto il diritto di dire "non mi somiglia pe niente!", vi assicuro che, almeno in Sicilia, farebbe volentieri a cambio con la vita del parente perché la sua esistenza è fortemente condizionata dalla pesca selvaggia.

Chi di voi non si è mai fermato ad una bancarella per strada (nel caso di Palermo a Sant'Erasmo o alla Bandita), ha comprato un panuzzo caldo caldo, e non ha fatto la scarpetta dentro il riccio appena aperto? Tutti! Ma questo malo vizio mica lo abbiamo solo noi, lo tenevano pure nell'antica Grecia, i romani e nel rinascimento.

Il poeta Orazio, per esempio, ci faceva una salsa e l'acquetta non la buttava perché diceva che era la migliore salamoia del mondo, lo scrittore Macrobio dice che alla festa per la nomina del Flamine (che era un sacerdote dedito al culto del dio Marte) nel menù i ricci erano nell'antipasto, il cuoco romano Apicio, che Cracco può accompagnare solo, li faceva addirittura cuocere in olio condito di pepe e vino dolce, mentre all'epoca di Diocleziano costavano 50 denari a sestario se erano crudi, 100 denari a sestario se erano sotto sale.

Anche se secondo me sotto sale dovevano fare un pochino schifo i gusti sono gusti; io, dalla mia, ho apprezzato decisamente di più Bartolomeo Scappi, lo chef di Carlo V, che li faceva alla griglia con un filo d'olio e il pepe come dice lui “dentro il buco”.

La vita della minchia di mare, invece, è decisamente meno entusiasmante ma più al sicuro (almeno da noi). Se ne sta sola soletta sul fondale marino con un un solo ed unico scopo: mangiare sabbia sporca e cacare sabbia pulita; in poche parole l'oloturia è un depuratore se non addirittura lo spazzino del mare.

Quante volte facendo le prime immersioni abbiamo sparabollato risate sott'acqua con i nostri amici sfottendolo per quella sua forma equivoca che tanto richiama il cetriolo? Diciamolo pure, ci siamo comportati da bulli senza sapere che gli intrusi in quell'habitat eravamo noi perché l'innocua minchia di mare, se pur poco propensa alla socialità, popola i mari di tutto il mondo da circa 479 milioni di anni.

Se credete di averlo offeso in ogni caso potete stare stare tranquilli perché il cetriolo di mare non possiede cervello e al contrario del riccio, che come abbiamo detto è sempre molto stiloso, lui è un tipo molto indeciso perché non sa mai che minchia si deve mettere (e mi riferisco al fatto che esistono circa 1600 specie di aspetto diverso).

Non pensate però erroneamente che anche lui non abbia i suoi problemi... come ogni sfrattato che si rispetti ha il suo ufficiale giudiziario, state tranquilli, anche lui teme il suo predatore: il pesce perla!

Il pesce perla, che merita una presentazione, tutto sembra tranne che una perla, né per aspetto , visto che è stretto e allungato, né per per come si comporta.

Essendo che l'oloturia, il cetriolo di mare (o minchia, come si chiama da noi) possiede un buco per mangiare e uno che gli fa da sfintere, lui, il cornuto del pesce perla, pensa bene di infilarsi in questo secondo buco, utilizzarlo come albergo finché gli va, e, se ha fame, mangiare le ovaie, se si tratta femmina, o i testicoli, se è maschio, del cetriolo. Insomma, più che una vita da minchia di mare, se volessimo analizzare, è proprio una vita di cacca la sua.

Come la più commovente delle storie, in ogni caso, esiste quel momento di riscatto, il risvolto della medaglia, il cambio di trama, in cui risuonano le campane e nello stadio echeggia “We Are Champions”: l'accoppiamento.

In quel momento gli esemplari di entrambi i sessi, e che noi siamo abituati a vedere flosci e sdraiati, si mettono in sospensione, come Rocky quando fa le flessioni con le gambe in aria, in tutti i loro 30 cm e rilasciano i gameti (seme e ovaie) che incontrandosi consentono la loro riproduzione.

A discapito di tutto, dovete sapere che tra il riccio e lui (o lei) ad essere in via di estinzione è proprio la minchia di mare a causa dei mercati asiatici dove l'esemplare essiccato raggiunge il prezzo di 600 euro (e nei casi più pregiati anche i 3000 euro) poiché è considerato un piatto prelibatissimo.

Ora, io non lo so se voi siete buddisti o no... ma nel dubbio di una possibile reincarnazione vi conviene cominciare a pensare se rinascere ricci o minchie di mare.
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