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In Sicilia c'è la croce più antica e preziosa al mondo: è nell'entroterra da duemila anni

Di epoca paleocristiana ha un valore inestimabile ed è custodita in una cittadina, dove è stata ritrovata, sull'Eremo di Santa Croce: in processione sfila la sua gemella

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 18 giugno 2023

La festa della croce di Casteltermini

Tre tronchi di quercia tagliati in sezione, tre chiodi di ferro ribattuti a tenerli uniti, altezza oltre tre metri e larghezza più di due, l’aspetto imponente ma nel contempo essenziale con la sobrietà del lavoro di un falegname certamente vissuto in un’epoca lontanissima.

Ma più di ogni altra cosa è l’età millenaria a stupire e rendere questo simbolo un incentivo, per chi crede, verso una fede incrollabile.

Stiamo parlando della Croce lignea più antica del mondo che si trova in un angolo dell’entroterra di Sicilia: di epoca paleocristiana ha un valore inestimabile ed è custodita nella piccola Casteltermini, rinvenuta presso l’attuale Eremo di Santa Croce edificato apposta dopo il ritrovamento.

È qui che avvolto nel mistero di una leggenda, questo tesoro fu ritrovato in modo assolutamente casuale prima della fondazione del paese, che risale alla prima metà del Seicento per volere del barone Gian Vincenzo Maria Termini e Ferreri, nobile di famiglia Catalana arrivata al seguito della sposa di Federico II, la regina Costanza trasferitasi in Sicilia nel 1209.
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Le terre che gli furono concesse erano quelle dove si trovava un casale di epoca araba abitato da contadini in contrada Chiuddia, dove secondo la storia furono alcune mucche ad attirare l’attenzione per uno strano comportamento.

Sembra che durante il pascolo arrivate ad un certo punto proprio nella campagna di Chiuddia queste si inginocchiassero incuriosendo il mandriano, che decise di scavare la terra per capire cosa ci fosse e con sua grande sorpresa trovò la grande e pesantissima croce.

Il problema, ma anche il motivo della costruzione dell’eremo in quel punto, fu che ogni tentativo di sollevarla e rimuoverla andò a vuoto, facendo desistere i contadini che erano arrivati dai paesi vicini per tentare di spostarla e quindi, costruire lì una chiesa che la potesse custodire e che diventò l’attuale Eremo di Santa Croce.

Dalla legenda passiamo alla storia attuale che evidenzia la straordinarietà del manufatto sul cui tronco sono state rinvenute delle iscrizioni e sottoposto all’attenzione di esperti che lo hanno esaminato e studiato.

Il più importante e il approfondito esame fu quello del professore Francesco Lo Verde negli anni Ottanta che si rivolse all’Istituto Internazionale per le Ricerche Geotermiche di Pisa per avere un responso attendibile.

Il campione di legno all’esame del carbonio 14 (C14) ha restituito l’età del legno di cui è fatta la Croce, che la colloca nell’anno 82 d. C., ovvero il primo secolo dell’era cristiana e quindi dimostra che la croce risulta la più antica croce lignea paleocristiana della storia.

La stessa Casteltermini è uno scrigno che custodisce beni storici preziosi dei quali forse il gioiello più appariscente è la bellezza della grande piazza che ospita l’imponente Chiesa Madre seicentesca, all’interno della quale si trovano le incantevoli statue del "Quarantino" al secolo lo scultore Michele Caltagirone artista raffinato, le due tele della scuola del Velasquez, due dipinti pregiati di padre Fedele Tirrito di San Biagio significativi dello stile settecentesco siciliano.

Con il suo prospetto semicircolare e la grande scalinata di accesso, la Chiesa di San Giuseppe incorso Umberto è un bellissimo esempio scenografico di barocco siciliano, L’eremo, invece, di fattura rurale ed essenziale è distante qualche chilometro e non ha una datazione precisa, qui si conserva la grande croce lignea che viene celebrata con una grande festa che ricorda il suo ritrovamento nella quarta domenica di maggio, con quella che è nota come la “Sagra del Tataratà” oppure "Festa di Santa Croce".

Una processione dove sfilano figuranti in costume d’epoca anche a cavallo, che rappresentano i quattro ceti, ovvero le antiche corporazioni, insieme al gruppo folkloristico del Tataratà.

Un rievocazione storica che onorava la croce, che ricorda un antico rito ancestrale di primavera, una usanza degli abitanti di origine araba che abitavano questo territorio e tramandato nella memoria della tradizione, una caratteristica danza armata detta appunto Taratatà" perchè eseguita al ritmo di un grosso tamburo.

Il famoso antropologo Giuseppe Pitrè nel 1875 la citò all’interno delle sue Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani: che scavannu scavannu, truvaru ‘na cruci, ch’ancora esisti nni la chiesa di Santa Cruci, e c’è un scrittu chi nun si pò lejiri da nisciuna pirsuna.

La croce porta con se anche qualche mistero come i tagli sul tronco verticale che rendono poco decifrabili le incisioni ivi presenti: una è indubbiamente I.N.R.I. ovvero Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, “Gesù Nazareno Re dei Giudei”.

L’altra P.M.H.L.S.D.P.C.N. è il mistero che ha formulato alcune ipotesi diverse ovvero, quella di Vincenzo Gaetani nel 1890: Pro Martyribus Huis Loci Saeviente Decii Persecutione Cruce realizzata per usata come strumento di martirio durante la persecuzione cristiane dall’imperatore romano Decio nel III secolo d.C.

Un’altra ipotesi meno suggestiva spiegherebbe l’anagramma con "di sua mano questo legno il sacerdote don Paolino Chiarelli scolpì", in Anno Domini V ind. 1667, ovvero “nell’anno del Signore, quinta indizione, 1667”.

Oggi in realtà la croce che sfila per la celebrazione è una copia poiché, a causa di un incidente che anni fa quasi la spezzò fortunatamente non in maniera netta, si scelse di non muoverla, per questo motivo condotta in processione su un carro trainato da due buoi c’è la sua gemella.
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