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Inventa il "mojito siciliano" e adesso gira il mondo: Massimo, manager di lusso a Dubai

Quando non si hanno le idee chiare è il momento migliore per lasciare tutto e andare alla scoperta del mondo e di quello che di sorprendente ci può offrire

  • 20 novembre 2020

Il manager Massimo Fonte

Quando non si hanno le idee chiare è il momento migliore per lasciare tutto e andare alla scoperta del mondo e di quello che di sorprendente ci può offrire. È cominciata così la seconda vita di Massimo Fonte che, partito da Paceco, nel Trapanese, dopo una relativamente breve gavetta, ha raggiunto le vette più alte di affermazione professionale.

E non è un gioco di parole se si considera che, tra gli altri posti di lusso, ha lavorato all’Armani Hotel del Burj Khalifa di Dubai, al momento il più alto grattacielo del mondo con i suoi 828 metri.

Ma facciamo un passo indietro: l’anno significativo è il 2003 quando preso il diploma di ragioneria, svolto qualche lavoretto qua e là - tra la vendemmia e un’assunzione al negozio di turno - Massimo Fonte sente tutta l’irrequietezza e l’insoddisfazione di chi vuole conoscere il mondo e mettere a frutto le proprie capacità.

Decide così di partire alla volta di Londra, con qualche spicciolo in tasca e senza parlare l’inglese. Nella capitale londinese non è stato difficile trovare un bar dove lavorare e imparare la lingua e così Massimo comincia a lavare bicchieri e scopre di avere una certa predisposizione nel realizzare cocktail.
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Fin qui sembrerebbe la storia di un qualsiasi ragazzo che fa fortuna lontano dalla sua terra: ma così non è. Due sono i mantra che Massimo ripete mentre ci racconta la sua storia, con l’umiltà di chi si rende conto di avere avuto una grande opportunità e che però non dimentica i valori della famiglia.

«Insegno sempre ai miei ragazzi - ci dice al telefono mentre si trova dall’altra parte del mondo - ad essere onesti e dare sempre il meglio di sé, a prescindere da chi si ha davanti».

È stato seguendo queste due regole che Massimo è salito sul treno giusto al momento giusto.

«I siciliani hanno nel Dna l’istinto di assaggiare tutto e così ho cominciato a creare cocktail che non esistevano nei menù, scommettendo anche con i clienti sul fatto che avrei indovinato i loro gusti. Una sera al bancone è arrivato un uomo in jeans e camicia a cui proposi uno dei miei cocktail; lui rifiutò dicendo che da anni beveva sempre la stessa cosa e sicuramente non sarei stato in grado di soddisfarlo. Io insistetti e alla fine rimaste stupito dalla mia preparazione.

Prima di andar via mi diede il suo biglietto da visita dicendomi che se volevo cambiare città e provare una nuova esperienza mi avrebbe accolto nel suo locale. A fine serata cercai su internet quel nome e scoprii che era il direttore del Burj Al Arab, uno dei più famosi alberghi di lusso di Dubai. Non ci pensai due volte e accettai la sua proposta».

A Dubai Massimo diventa ben presto punto di riferimento tra i mixologist, coloro che inventano cocktail associando bevande diverse.

«Al Burj Al Arab mi misero a disposizione un bar mobile in una grande sala; andavo girando tra i tavoli, ascoltavo i clienti e creavo sul momento per loro la giusta combinazione di gusti. Qui ho conosciuto pure la donna che oggi è mia moglie».

Ma quando le cose cominciano ad essere facili Massimo sente quel richiamo che lo rimette in movimento: torna di nuovo in Inghilterra, questa volta a Birmingham dove apre e gestisce un paio di locali per un privato, prima di rientrare in Sicilia suo malgrado.

«Dopo un anno e mezzo che ero di nuovo in Inghilterra mio padre ebbe dei problemi di salute e noi siciliani al richiamo della famiglia non sappiamo resistere. Io e mia moglie abbiamo lasciato tutto e ci siamo trasferiti a Paceco, nel frattempo stava aprendo a Sciacca il Verdura Resort e mio zio mi suggerì di inviare il mio curriculum. Fui subito preso e rimasi lì tre anni e nel frattempo nacque la mia prima figlia; non si sembrava vero avere la famiglia a soli 100 chilometri di distanza».

Sempre alla ricerca di nuove possibilità - nel frattempo aveva ideato anche un paio di cocktail che ancora oggi girano il mondo come il “mojito siciliano” - Massimo risente della ristretta internazionalità lì a Sciacca.

«Il ventaglio di clientela a Dubai è veramente unico, lì convivono circa 200 nazionalità e sentii all’improvviso di non essere più soddisfatto in Sicilia e, come la prima volta, partì con tutta la mia famiglia, ritornando negli Emirati Arabi. Qui ho trovato grande disponibilità in luoghi prestigiosi dove ho accresciuto la mia professionalità allargando anche le mie conoscenze nel campo della ristorazione».

Sono gli anni in cui passa dal Grosvenor House al Ritz Carlton, fino all’Armani Ristorante dove, nel 2019, ha ottenuto pure il riconoscimento del “Premio Gambero Rosso” come top Italian Restaurant. Il lockdown, così come nel resto del mondo, ha fatto saltare tutte le carte.

«A marzo a Dubai hanno chiuso tutti i locali e qui se non hai il visto rinnovato e un motivo per rimanere non puoi stare; nel frattempo mia moglie ha continuato a dare lezioni di pianoforte e, fortunatamente, agli inizi di luglio, quando la pandemia ha allentato la sua corsa ho trovato un nuovo lavoro nel ristorante d’autore dell’albergo e cocktail bar del Palazzo Versace, dove mi occupo di diversi aspetti della gestione manageriale».

Dal febbraio del 2019 Massimo non ritorna in Sicilia e non vede l’ora di farlo la prossima estate, Covid permettendo. «Le mie vacanze non potrei non trascorrerle in Sicilia, prima di tutto per la mia famiglia d’origine e poi perché la nostra isola è la più bella del mondo. Nel mio staff lavorano circa 50 persone provenienti da ogni angolo, ogni giorno è come se leggessi un libro diverso e non potrei chiedere di più.

Ma Sicilia mi manca, per i suoi colori e sapori, e soprattutto perché non posso far crescere le mie due figlie con gli insegnamenti dei nonni. Per noi i nonni, sono come secondi genitori, vorrei che loro sperimentassero questo tipo di rapporto e ogni estate è l’occasione per farlo. Poi ai tanti giovani siciliani vorrei dire che tutto è possibile, soprattutto quello che nemmeno si immagina possa accadere. Come è stato per me».
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