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L'arte rinnova i popoli eccetera, eccetera: la storia di come è nato il Teatro Massimo

Polemiche, dibattiti e leggende che a fine Ottocento erano la famosa "Questione del Teatro Massimo": tutti gli intrighi e le curiosità dietro la nascita del maestoso edificio

  • 4 marzo 2019

L'ingresso del Teatro Massimo di Palermo

Mi capita spesso di associare un monumento al periodo in cui è stato costruito, agli aneddoti che lo contraddistinguono, agli uomini del tempo e tanti altri particolari. La storia di ogni monumento, infatti, racconta anche le vicende storiche del periodo in è stato costruito. E non solo quello.

Leggendo la storia del teatro Vittorio Emanuele di Palermo (Teatro Massimo), mi è venuto spontaneo associarlo al modo di fare della classe politica locale, a quella intellettuale ed a quella di certi cittadini.

Già nel momento in cui fu progettato, ai problemi burocratici si aggiunsero le critiche e le invidie delle lobby politiche e degli intellettuali che ritardarono l’esecuzione dell’opera.

Nel 1848, Mariano Stabile, che ricopriva il ruolo di Sindaco di Palermo lanciò l’idea della costruzione di un grande teatro. Il suo successore, marchese di Rudinì, bandì un concorso per "provvedere alla mancanza di un teatro che stesse in rapporto alla cresciuta civiltà ed a’ bisogni della popolazione", aperto ad architetti italiani e stranieri.
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La scadenza fu fissata al 9 Settembre 1866, data poi prorogata di sei mesi per varie ragioni. Parteciparono 35 progettisti, 12 dei quali stranieri.

La commissione giudicatrice era presieduta da Gottfried Semper, l’architetto autore della Semperoper di Dresda e impegnato proprio in quegli anni nella creazione della Ringstrasse di Vienna.

Il 4 Settembre 1868, la giuria formulò la graduatoria dei primi cinque premiati, conferendo il primo premio al palermitano Giovan Battista Filippo Basile, mentre il progetto di Giuseppe Damiani Almeyda si classificò al quarto posto.

Anche il Consiglio Comunale lo approvò. Questa vittoria fu oggetto di critiche, petizioni per riaprire il concorso, opposizioni dovute alle gelosie ed all’invidia di alcuni politici e di certi intellettuali del tempo. Furono anche presentate denunce. Tutto ciò ritardò l’inizio dei lavori.

Il 12 Gennaio 1875, anniversario della rivoluzione siciliana del 1848, trascorsi 7 anni dalla scelta del Basile, si gettò la prima pietra.

Parteciparono tutte le maggiori autorità cittadine, anche coloro che avevano osteggiato il progetto e l’autore. I lavori furono sospesi nel 1878 a causa della lentezza burocratica e dell’aumento dei costi.

Fu grande la soddisfazione e la gioia dei sobillatori dell’opera. Nacque la Questione del Teatro Massimo. Non solo i politici e gli intellettuali ma anche i cittadini si divisero in opposte fazioni. Queste discussioni durarono alcuni anni.

Nel frattempo intorno all’edificio abbandonato crescevano erbacce e tutto dava l’impressione di un disfacimento. Fu in questo periodo che probabilmente per suggestionare l’opinione pubblica si creò la leggenda del fantasma della suora. Si disse che durante la distruzione delle chiese e monasteri che c’erano sul luogo fosse stata violata la sepoltura di una monaca, disperdendone le ossa nella pubblica discarica.

Si diceva che era proprio il fantasma della suora che per ripicca avrebbe impedito la costruzione del teatro. Dopo tante chiacchiere e polemiche, nel 1889 finalmente ripresero i lavori. I soliti detrattori del Basile, pretendevano che l’opera fosse ultimata prima dell’inaugurazione dell’Esposizione Nazionale del 1891.

Ciò non fu possibile. Giovan Battista Filippo Basile morì pochi mesi dopo, il 16 giugno 1891. Gli subentrò il figlio Ernesto, anch'esso architetto, che accettò di ultimare l'opera in corso del padre su richiesta del Comune di Palermo, completando anche i disegni necessari per la prosecuzione dei lavori del Teatro.

Ci furono altre polemiche. Finalmente il Teatro Massimo fu ultimato nel 1897 dopo ben 33 anni dal Bando di Concorso e dopo 22 anni dall’inizio dell’opera.

La prima stagione lirica si ebbe dal 16 maggio al 30 giugno del 1897. Il teatro Massimo, all’epoca della sua inaugurazione era, con i suoi 7730 metri quadrati di area il terzo teatro più grande d’Europa, secondo solo alle Opere di Parigi e Vienna.

La stagione lirica del 1972-73 fu l’ultima che si svolse al teatro Massimo. Il direttore del tempo, disse che dopo ben 77 anni, il Teatro Massimo aveva bisogno di aggiornamenti e nuove tecnologie.

Non trascurò tuttavia di elogiare l’opera del progettista Basile. Durante questi interminabili lavori, ai problemi burocratici si aggiunsero altre critiche e chiacchiere. Finalmente il 12 maggio 1997, il Teatro fu riaperto. Gli aggiornamenti durarono ben 25 anni.

A questo punto, ancora una volta, mi piace associare il Teatro Massimo alla Città di Palermo. Durante la Seconda Guerra Mondiale una bomba centrò il Teatro.

Cadde sul palcoscenico sfondandolo e scoppiando alla base. Circa 400 metri quadrati di vetri andarono in frantumi ma la robustezza dell’edificio resistette all’urto.

Il Teatro Massimo, malgrado il bombardamento, non subì gravi danni. Proprio come la nostra città che non si è mai piegato alle gravi ferite inferte dalle guerre, alla speculazione edilizia ed all’incuria degli organi preposti. E aggiungerei, anche all’inciviltà di certi cittadini.

"L'Arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparare l'avvenire". Questa frase, scolpita sul frontone del teatro e di cui nessuno è ancora oggi riuscito a riconoscere la paternità, certamente non risulta corrispondere alle finalità che portarono alla costruzione del grande teatro palermitano: monumentalità, immagine, orgoglio municipalistico, lustro alla città ed al suo pubblico, luogo di ritrovo dove regnava il lusso e mondanità.

In una vecchia foto, osservando i due leoni collocati ai lati dell’ingresso (uno modellato da Civiletti, l’altro da Rutelli), si nota che la coda di uno di essi la posizione diversa da quella attuale.

La coda del leone posto a sinistra (in seguito fu spostato a destra) è sollevata in aria, mentre ora è curvata verso il basso che continua sul fianco destro. Le code dei leoni dei modelli di gesso furono collocati sugli stereobati (basamento di una colonna o piedistallo), erano levate in alto e sembravano sferzare l’aria.

Purtroppo non piacquero a Ernesto Basile che pregò i due scultori di modificare i modelli. Le code furono abbassate. A tal proposito esiste una deliberazione della Giunta Municipale del 9 Giugno 1897 con la quale furono stanziate Lire 10mila per le "correzioni e riforme dei modelli di gesso dei leoni già collocati sul posto".
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