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La baronessa che non si prende troppo sul serio: Renata Zanca, una vita tra "bon ton" e modernità

Amata da tutti i palermitani (e non solo) qualcuno le rimproverava un eccesso di modernità, secondo altri è stata questa la chiave del suo successo. A trasmettergliela è stato il padre

  • 19 aprile 2021

Renata Zanca

«Signora Zanca, lei a mia m'ha rovinatu a vita».

E racconta, con delle straordinarie doti da imitatrice, di quella volta che è andata a ritirare dei vestiti in tintoria e la signora che glieli stava confezionando si lamentava dei rimproveri che era costretta a subire dalla figlia che, appassionata della sua rubrica di bon ton, l'avrebbe voluta più composta per la serata in casa.

Ma questo è solo uno dei tanti aneddoti di Renata Zanca in giro per la città, soprattutto da quando con le sue pillole di savoir-vivre lanciate in una seguitissima rubrica all'interno del programma Opinion Leader, ha raggiunto una grande popolarità e ha conquistato trasversalmente tutti con le sue indicazioni sul modo corretto di mangiare un uovo alla coque o di poggiare il tovagliolo evitando di appallottolarlo sul tavolo.

Franco Nulli e Marcello Mordino c'avevano visto lungo: la baronessa Renata Pucci di Benisichi era sì il baluardo di un'educazione classica ma era anche moderna, un'innovatrice ben consapevole di essere baronessa ma anche di quanto fosse importante non prendersi troppo sul serio.
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Ironica ed elegante, brillante, raffinata, divertente. Quella della rubrica di bon ton è solo un piccolo aspetto della vita affascinante di Renata Pucci di Benisichi, esponente di un’antica e influente famiglia dell'aristocrazia italiana, i Pucci, che da Firenze si trasferirono in Sicilia quattrocento anni fa.

Nata nella dorata atmosfera della nobiltà siciliana, poco prima che questa cominciasse a perdere il ruolo di dominio imprenditoriale ed economico e ne rimanesse solo il fascino, da bambina e da ragazza ogni estate, insieme a tutta la famiglia e alle persone di servizio, da Palermo si spostava a Tudia, in macchina fino a Xireni, a cavallo da lì al feudo, dove tutte le strade terminavano e iniziava la campagna.

Mentre le ragazze della sua età avevano come unico obiettivo un buon matrimonio, suggerito anche dall'appartenenza alla loro classe sociale, Renata Pucci stravolge la tradizione, si sposa più tardi della media con Marcello Zanca, ingegnere molto noto a Palermo, come anche suo padre, appartenente alla nuova borghesia emergente che di lì a poco sostituirà completamente la vecchia aristocrazia.

E si sposano in Congo, dove Marcello Zanca ha un incarico di ingegnere delle ferrovie, in un hangar dell’aeroporto di Brazzaville.

Diventa docente di letteratura inglese all'Università di Palermo, è una delle più raffinate interpreti della letteratura shakespeariana riconosciuta a livello internazionale.

Qualcuno le rimproverava un eccesso di modernità, secondo altri è stata proprio questa la chiave del suo successo. Lei dice che a trasmettergliela è stato suo padre che l'ha educata all'assenza di pregiudizi, al rispetto per gli altri, alla nobiltà d'animo.

Prima della pandemia andava in giro per locali, dalla Vucciria a Ballarò, dal bicchiere di vino all'Enoteca Butticè ai Candelai. I giovani la adorano, sarà per quell'interesse umano genuino che manifesta, sarà per il suo entusiasmo, per la sua effervescenza, per il suo ottimismo.

E con la prima dose di vaccino effettuata non vede l'ora di tornare a esprimersi sul palcoscenico palermitano.
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