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La baronessa siciliana che amò il figliastro: la storia triste di Cassandra, ripudiata e umiliata

L’amore travolgente dei due amanti è testimoniato dalla cronaca giudiziaria del tempo. La storia della baronessa di Palazzolo Acreide parte con una tomba abbandonata, la sua

  • 5 maggio 2022

Esistono storie talmente forti e intense che riescono a sopravvivere alla morte, e ritornano a galla dal passato dopo anni di silenzio, superando ogni ostacolo e oltrepassando l’oblio che si desiderava imporre loro. E spesso a parlare è proprio una muta tomba abbandonata, che agli occhi di un attento osservatore diventa, in realtà, una ricca fonte di notizie. Si tratta della tomba di Cassandra Politi, baronessa di Palazzolo Acreide.

Abbiamo notizie storiche di Cassandra grazie al libro di Luigi Lombardo intitolato “Processo a Cassandra nella Palazzolo dell’Ottocento”, edizioni Le Fate. Il libro si sofferma sulla triste storia di Cassandra Politi, sul suo matrimonio con il barone Cesare Iudica e sulla travolgente storia d’amore tra la baronessa e il figliastro Gabriele Iudica. L’autore non “racconta” ma espone i fatti sulla base di inediti documenti d’archivio come i quattro processi intentati contro la donna, che oggi giace in una tomba del cimitero di Palazzolo Acreide abbandonata da tutti, piegata ma non vinta.
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Alcuni anni addietro, il sindaco di Palazzolo, Carlo Scibetta fece affiggere nei muri del paese un manifesto con il quale diceva che si mettevano in vendita diverse tombe di cittadini Palazzolesi vissuti nel passato. Quelle tombe dopo cento anni, non avendo eredi per riscattarle, venivano svuotate per vendere i loculi. Il professore Lombardo, notò tra i nomi quello di Cassandra Politi, che gli riportò alla mente l’argomento della novella ‘Storia Fosca’ di Luigi Capuana. Siamo nella seconda metà dell’ ‘800 quando il Capuana, forte del Verismo imperante in quel tempo, scrisse che per quella novella si era ispirato ad un fatto realmente accaduto a Palazzolo, che aveva come protagonisti Cassandra Politi e il Barone Iudica.

«Andai dal Sindaco – racconta Luigi Lombardo – il quale d’accordo con me tolse dall’elenco di quelle in vendita la tomba di Cassandra. La individuai tramite i registri del cimitero e notai una tomba abbandonata, con appena leggibile l’iscrizione. Riuscii a pulire e lessi che una sola donna giaceva in quella sepoltura. Mi incuriosii sulla vita di Cassandra: cioè mi chiesi se fosse sposata, se non lo fosse e quindi cominciai la ricerca sulla vita di questa donna. Innanzitutto mi incuriosì il fatto che fosse da sola sepolta nella tomba, ripudiata dagli Iudica, ripudiata dai Politi, ripudiata dal secondo marito.» Iniziano così le ricerche di Luigi Lombardo sulla storia della baronessa Politi.

Oggi sappiamo che la donna, visse nel periodo in cui c’era l’usanza dei matrimoni combinati per interessi economici e, nel momento in cui il padre decise di darla in sposa al Barone di Iudica, lei si oppose fortemente, ma non riuscì a far valere le sue idee. Così, divenne la seconda moglie del barone che era rimasto vedovo e aveva già avuto dei figli dal matrimonio precedente.

Tra i due, c’era una notevole differenza di età, come ci racconta la novella di Capuana: “Nel viaggio di nozze erano stati scambiati per padre e figlia; ma il barone aveva dimenticato subito quella cattiva impressione. Così il primo anno del loro matrimonio era passato tranquillamente. La baronessa amava vivere ritirata. Era seria, quasi triste; e il marito non sapeva che cosa inventare per distrarla. Innamorato, voleva farsi perdonare la sua età col mezzo d'altri compensi: e le profondeva regali”. In un piccolo paese è difficile nascondere una storia d’amore dalle insolite tinte.

Gabriele, il giovane e bello primogenito del barone, si innamorò perdutamente della matrigna che, a sua volta fu travolta da questo amore, che dapprima fu spirituale e platonico e poi divenne sensuale e carnale.

Nel libro di Luigi Lombardo si narra dell’accaduto, attraverso il resoconto di una documentazione specifica e inedita. L’amore travolgente dei due amanti è testimoniato dalla cronaca giudiziaria del tempo. Il marito della baronessa, don Cesare, appare, dalla lettura degli atti giudiziari e dalle notizie storiche, più un “vinto” verghiano che il “fosco” personaggio romantico tratteggiato dal Capuana. Tutto preso nell’impegnativa gestione di un patrimonio traballante e gravato da debiti ed ipoteche, che riesce a riassestare, con sacrifici e tenacia, dedicandovi tutto il suo impegno, a discapito della giovane e bella moglie.

Don Cesare, viene a sapere della relazione della moglie col figlio, da un servo. Così, fuori di sé, decide di coglierli sul fatto. «In riguardo alla vicenda di Cassandra, io mi considero un padre offeso e un marito tradito» scrive nel 1878, a distanza di poco più di un anno dai fatti, ad un parente. Invecchierà nell’astio, non si risposerà ed i rapporti col figlio Gabriele, nonostante la dura punizione e l’allontanamento da casa, saranno freddi.

Cassandra, viene ripudiata dal marito e si narra che la punizione fu davvero umiliante. Pare che l’avesse fatta girare tra le vie del paese nuda, in groppa ad un cavallo le cui redini erano governate da un servo, che gridava per le strade “l’adultera!”. Inoltre, non soddisfatto di tale punizione, don Cesare volle l’annientamento assoluto della donna, sia dal punto di vista morale e psicologico, che da quello economico.

Isolata anche dalla sua famiglia di origine e ai margini della società, si ritirò in una casa di suo possedimento, aiutata dalla fedele serva Maria, che le fece anche da consigliera e amica. Altro conforto, in quei momenti difficili, lo ricevette da don Gaetano, il parroco del paese, che le parlava del perdono divino. Maria intanto, invecchiava sempre più e capiva che al momento della sua morte Cassandra non poteva restare da sola, poiché troppo sofferente.

Così, le fece conoscere un uomo che tutti in paese ritenevano serio, Giuseppe Rizzarelli. Fu un secondo matrimonio combinato, anche questo, che non poté essere legalizzato civilmente, nonostante l’annullamento del primo. Il matrimonio con Giuseppe tuttavia, le regalò dei momenti di serenità.

Lui era le era molto affezionato e concepirono tre figli, nonostante la donna fosse stata dichiarata non fertile durante il matrimonio con il barone Iudica. Ma la felicità durò poco, poiché Giuseppe da piccolo aveva sofferto di una malattia psichiatrica altalenante, che ritornò a manifestarsi proprio in quel periodo di unione con la baronessa. Quando Giuseppe si ammalò, venne ricoverato e Cassandra rimase di nuovo da sola. Inoltre, la famiglia di Giuseppe, che non aveva mai visto di buon occhio questa unione, le tolse i figli avuti con lui e anche il patrimonio economico del marito. Cassandra inizia a spegnersi lentamente in solitudine, rimane più tempo a letto, rifiuta il cibo e muore a soli 56 anni, nel 1911.

In paese, si racconta che Gabriele, nonostante contrasse un matrimonio di interesse, continuò ad amarla e a chiedere sue notizie. Resta ancora oggi il mistero di chi fu ad occuparsi della sua sepoltura e dell’incisione sulla tomba: “Qui giace Cassandra Politi, rapita prematuramente all’affetto dei suoi cari”. Questa triste storia, resta ancora attuale e ci porta a riflettere sulla condizione di molte donne che ancora oggi in alcuni luoghi del Pianeta, sono costrette a vivere come nell’800, senza diritto di libertà e non possono scegliere l’uomo da amare.

Alcune, devono contrarre matrimoni combinati anche in tenera età, altre vengono maltrattate e umiliate fisicamente e psicologicamente nel caso in cui facciano una scelta diversa dal marito durante il matrimonio. Ricordiamo, ad esempio, che in alcuni paesi islamici, secondo la legge della Sharia, le donne vengono lapidate come punizione per l’adulterio. Tutto ciò dovrebbe portare alla riflessione.
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