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La formica di fuoco allarma (ancora) la Sicilia: fino a che punto l'isola è "infestata"

I primi nidi vennero individuati a Siracusa, ma la presenza della formica si è ormai estesa in vari territori del sud-est siciliano, tra cui Noto, Pachino, Rosolini e Ispica

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 18 settembre 2025

La Sicilia è il primo territorio italiano — e tra i primi in Europa — ad essere infestato dalla formica di fuoco (Solenopsis invicta), una delle specie aliene invasive più pericolose e diffuse al mondo.

Di questa specie originaria del Sud America abbiamo già parlato in passato, descrivendo la sua elevata pericolosità per il sistema sanitario regionale.

Questa formica si distingue infatti per la sua straordinaria aggressività, che la porta a mordere ogni organismo che considera una minaccia. Un vero problema, considerando che il suo morso può provocare prurito, un’intesa sensazione di bruciore e reazioni gravi, fino allo shock anafilattico nei soggetti allergici.

I primi nidi vennero individuati da alcuni naturalisti siciliani nella zona di Siracusa, ma la presenza della formica si è ormai estesa in vari territori del sud-est siciliano, tra cui Noto, Pachino, Rosolini e Ispica.

A lanciare l’allarme sono stati proprio gli abitanti di questa provincia e in particolare gli allevatori e gli agricoltori locali, che hanno denunciato attacchi alle loro persone, agli animali da allevamento e difficoltà nel lavorare i campi.

«Questa specie non morde come le altre — ha spiegato Graziano Scardino, presidente della Cia Sicilia — e i rischi non sono solo agricoli: sono a rischio anche parchi, villette, impianti irrigui, bambini e anziani. Bisogna intervenire. Esistono delle esche avvelenate realizzate in maniera artigianale, a norma di legge. Solo quelle hanno un effetto positivo».

Secondo gli scienziati, le colonie di Solenopsis invicta possono superare i 250.000 individui e includere più regine all’interno del nido. Questi insetti sono inoltre anche attratti da elettrodomestici e dai cavi dall’alta tensione, mettendo in serio pericolo abitazioni e infrastrutture.

In Sicilia mancano inoltre predatori naturali in grado di controllare la specie, mentre le formiche siciliane non riescono a contenere la loro espansione.

La ragione per cui queste formiche hanno così tanto successo in Sicilia è legata al clima: esse si adattano facilmente sia ai climi costieri che ai climi più aridi. La loro presenza ha anche allarmato alcuni deputati nazionali e regionali.

La senatrice Daniela Ternullo e l’onorevole regionale Riccardo Gennuso di Forza Italia hanno di recente presentato delle interrogazioni parlamentari, per segnalare l’emergenza ai colleghi dell’Ars.

«È urgente un piano di prevenzione e monitoraggio, unito alla formazione degli agricoltori e dei cittadini nelle aree colpite» ha spiegato Daniela Ternullo, mentre Gennuso ha spiegato la «necessità di prevedere indennizzi per gli agricoltori e misure di sostegno economico per mitigare i danni».

Carlo Gilistro del Movimento Cinque Stelle ha invece dichiarato all’ARS che «quella della formica di fuoco è un’emergenza ambientale e sanitaria da affrontare subito. Chiediamo l’attivazione dell’Osservatorio per le malattie delle piante e misure concrete per la prevenzione e il contenimento».

Per una volta, gli ambientalisti e i politici concordano. Secondo gli esperti bisogna rapidamente provvedere ad attuare politiche che contrastino l’espansione di questa specie.

Sebbene «la prevenzione rimanga l’arma più potente», come sottolineano gli esperti dell’IPSP-CNR. In un territorio già messo a dura prova da cambiamenti climatici, siccità, incendi e perdita di biodiversità, l’invasione della formica di fuoco rischia di compromettere ulteriormente lo stato di salute della nostra isola.

«Il nostro dovere – conclude Gilistro – è garantire ai cittadini sicurezza e trasparenza, e agli agricoltori strumenti efficaci per difendere il proprio lavoro. La Regione faccia subito la sua parte, intervenendo prima che l'emergenza divampi, finendo per richiedere misure straordinarie.

Per cui, si faccia fronte al problema ora che il focolaio è ancora gestibile, senza attendere che diventi un rogo incontenibile». L’allarme è lanciato. Ora la risposta spetta alle istituzioni.
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