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La prima donna medico al mondo era siciliana: Virdimura, la rivoluzionaria dal cuore nobile

Essere donna e medico in pieno Medioevo non è stata un’impresa facile. Era una donna fuori dagli schemi, impegnata, altruista e preparata, dotata di una forte personalità. E non fu l’unica

  • 2 ottobre 2021

Nel 1376 Virdimura sostenne un esame davanti una commissione regia e venne riconosciuta ufficialmente nella sua attività di "dottoressa" che poteva praticare in tutta la Sicilia. Storia di una donna forte, impegnata e preparata che curava i disabili, le classi meno abbienti e le persone del suo stesso sesso.

Quasi impossibile da credere, ma la prima donna medico al mondo era catanese. Di Virdimura non si conoscono molti particolari. Sappiamo che era ebrea, forse anche il padre era medico, ed era sposata con Pasquale di Catania. Con molta probabilità le sue origini erano agiate e di buona famiglia, condizione che le aveva permesso di avere accesso a testi di medicina ebraica e araba. Ma questo non rese più semplice la sua vita. Essere donna e medico in pieno Medioevo non è stata un’impresa facile, neanche per Virdimura.

Visse durante il XIV secolo, risale infatti al 1376 il documento, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, con il quale Virdimura venne autorizzata a praticare lascienza medica in tutto il regno di Sicilia. Sostenne un vero e proprio esame davanti aduna commissione regia composta da fisici della corte reale, istituita da Federico II di Svevia nel 1212. Nella licenza si legge ‘Licentiam pratucandi in arte medicina certa phisicas corporum umanum pauperam maxima’, magistra in medicina fisica e in celurgia,uno dei titoli più alti a cui un ebreo potesse aspirare.
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Fu una donna rivoluzionaria, dal cuore nobile e generoso. Pare che si prendesse cura principalmente di donne, disabili e classi meno abbienti. Dato che all’epoca le donne mostravano un certo timore a farsi visitare dagli uomini, pratiche come l’aborto, la contraccezione femminile, la ricostruzione dell’imene - con interventi di chirurgia plastica per evitare disonori e vergogne familiari - e tutti i disturbi tipicamente femminili non potevano di certo essere trattati da questi.

Per fortuna nella comunità ebraica siciliana i medici tramandavano i proprio saperi e, molto spesso, le madri e le figlie conoscevano terapie, medicine e segreti della scienza medica che venivano mischiati anche ai rimedi naturali della tradizioni. S

ono diversi, infatti, i nomi di donne ebree guaritrici considerate streghe.

Dalla seconda metà del 1300 la Sicilia accolse immigrati, perlopiù ebrei, spesso medici, provenienti dal nord e dal centro Italia. Fu una grande fortuna per l’isola perché colmò in parte la mancanza di figure di questo tipo. L’epidemia di peste del 1347 ne evidenziò maggiormente la carenza. Nonostante questa penuria, le leggi scoraggiavano l'iscrizione di giovani ebrei a questo tipo di studi, rendendo più complicato e costoso il loro accesso all’università.

Agli ebrei era anche vietato di prestare cura in favore dei cristiani, divieto che veniva sistematicamente violato proprio da coloro che lo avevano imposto: pontefici, alti prelati e nobili si rivolgevano, infatti, a medici ebrei per essere curati stabilmente suscitando l’invidia dei medici cattolici.

Virdimura visse proprio durante questa epoca. Era una donna fuori dagli schemi, impegnata, altruista e preparata, dotata di una forte personalità. E non fu neanche l’unica. Anche Giudea a Messina e Bella di Paija a Mineo, sempre tra il XIV e VX secolo, svolgevano visite molto accurate, con competenza e impegno. Dottoresse riconosciute al pari degli uomini.

Quella loro è stata una battaglia vinta. A distanza di secoli ne parliamo e ne lodiamo l’operato. Per questo impegno nel sociale è nato anche il Premio Internazionale Virdimura con l’obiettivo di mettere in risalto le figure femminili che si contraddistinguono nella società civile, nelle scuole, nelle Università e nelle Istituzioni, affinché ‘la dottoressa catanese’ possa ispirare tutte le donne a perseguire sempre i propri obiettivi, per farsi riconoscere e apprezzare nelle loro infinite qualità.
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