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La Santuzza che ha fermato la Peste ora è in quarantena al Metropolitan di New York

Van Dyck ha realizzato a Palermo questo dipinto proprio durante la peste e oggi uno dei musei più importanti al mondo, fermo per il Coronavirus, celebra il pittore

  • 1 aprile 2020

Un particolare del dipinto "“Santa Rosalia in gloria intercede per la fine della peste a Palermo" di Van Dick

Qualche giorno fa sul New York Times è stato pubblicato un articolo sul meraviglioso quadro dedicato alla nostra Santuzza che il pittore fiammingo Van Dyck realizzò a Palermo nel 1624, proprio durante la quarantena per la Peste, e che oggi si trova al Metropolitan Museum di New York (anche se in "quarantena" per via del virus).

L’articolo, a firma di Jason Farago, editore e critico d'arte, ripercorre la genesi e il contesto in cui venne realizzata la tela. Ne abbiamo tradotto un estratto.

Nella primavera del 1624 il 25enne Anthony van Dyck sta navigando verso sud, in Sicilia, dove è stato invitato da Emanuele Filiberto di Savoia, viceré di Sicilia per conto del re di Spagna Filippo IV, perché gli facesse un ritratto. Il giovane Van Dyck - che stava affermando la sua carriera internazionale come ritrattista di sovrani, re e vicerè - dalla sua città natale Anversa, a Londra, fino a Genova - accoglie l'invito e si trasferisce a Palermo.
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In quella primavera realizza quel ritratto, ma poco tempo dopo la città viene colpita da una terribile epidemia di peste. Il 7 maggio 1624 Palermo infatti riporta i primi casi della pestilenza che presto ucciderà più di 10.000 persone, circa il 10 percento della popolazione della città. Il 25 giugno, il viceré che Van Dyck aveva dipinto, dichiara uno stato di emergenza, e dopo cinque settimane ne resterà lui stesso vittima.

Messo in quarantena in una città straniera, il giovane pittore fiammingo osserva con orrore le porte della città che vengono sbarrate, la chiusura del porto, l'ospedale traboccare, la gente afflitta per le strade. Van Dyck, che avrebbe potuto fare affidamento sui suoi legami reali per uscire, ha resistito a tutto, e malgrado l'infuriare della pestilenza, rimase in città all'incirca fino al settembre 1625. Aveva trovato, in mezzo alla pestilenza, un argomento più urgente dei ritratti cortesi che gli stavano dando fama.

Mentre l'emergenza avanza, si inizia a scavare sul Monte Pellegrino. In una grotta vengono trovate le ossa che, secondo la commissione dell'arcivescovo, appartengono a Santa Rosalia. Le reliquie di Rosalia sfilano in città mentre l'epidemia si attenua, e i cittadini riconoscenti iniziano ad adorarla come la “Santuzza” che ha salvato la città.

È quasi certo che van Dyck avrebbe assistito a questa processione, e per tutta risposta - e un po’ anche come riconoscenza “per grazia ricevuta” - riprende un autoritratto semifinito, riprepara la tela e ci dipinge su la nuova protettrice, mentre fluttua gloriosamente sulla città portuale devastata - e ora salva - dalla malattia.

Cosa poteva offrire un pittore, per di più straniero, a questa città? Molto più di un ritratto da pregare. Dopo aver subito una quarantena che ha interrotto la sua carriera internazionale, ed essere sopravvissuto a un'epidemia che avrebbe potuto costargli la vita, Van Dyck ha realizzato a Palermo un’incarnazione di beneficenza nel caos. Le piaghe sono casuali. Sono spietate.

Sono terrificanti per la loro incerta durata. Eppure Rosalia, che alleggia su Palermo, promette che l'orrore dell’epidemia alla fine cesserà e la bellezza tornerà.

Dipinta quasi 400 anni fa, durante il periodo dell'artista in quarantena, è oggi anch'essa messa in quarantena, nel suo posto assegnato per l’allestimento di "Making the Met: 1870-2020", una mostra che celebra il 150° anniversario del Museo di New York, che si sarebbe dovuta aprire lunedì 30 marzo.

Il quadro è infatti una delle prime acquisizioni del Met, acquistata un anno dopo la fondazione del museo nel 1870.
Ora, anche a New York, Rosalia è messa in quarantena, fino a quando la pandemia non sarà cessata.
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