SCUOLA E UNIVERSITÀ
La violenza avanza, la scuola è indietro: a Palermo 6mila "sì" per l'educazione sessuale
Troppe pagine di cronaca nera tra femminicidi e cyberbullismo con l'IA stanno macchiando la Sicilia: la scuola non è del tutto pronta, ma forse c'è uno spiraglio

Sagoma di una donna e di un uomo
Negli ultimi tempi troppe pagine di cronaca nera tra stupri, femminicidi e cyberbullismo alimentato dall'intelligenza artificiale stanno macchiando la Sicilia e le coscienze di tutti.
Anche se la scuola non è del tutto pronta, c'è uno spiraglio che fa ben sperare.
Martedì 1 luglio alle 16.30 al Cre.Zi. Plus nei Cantieri Culturali alla Zisa si è tenuta l’assemblea pubblica in cui la comunità di “Piacere di conoscerci” ha consegnato più di 6000 firme al Comune di Palermo per l'inserimento dell'educazione sessuale e affettiva nelle scuole.
Si tratta di un progetto atteso da troppo tempo e reclamato dal basso, pensato da chi non accetta più che si verifichino tragedie per colpa di un "no" o di una storia finita.
Da qui inizia la lotta: «Siamo una comunità cittadina che nasce da un percorso estivo con le scuole - racconta a Balarm Giulia La Barbera di "Piacere di conoscerci" -.
È stato realizzato un progetto di ricerca voluto dagli studenti dei licei coinvolti.
A febbraio 2025 si è tenuta la prima assemblea cittadina che ha visto la partecipazione di più di 50 realtà che aderiscono al nostro manifesto.
L’intento di questa campagna è quello di chiedere al comune di Palermo di introdurre in maniera curricolare in ogni scuola di ogni grado l'educazione sessuale non con un approccio "medico", ma che si focalizzi sulla conoscenza di sé e degli altri per prevenire di problematiche sociali.
Ci sono studi che dimostrano che la totale mancanza di discussione su queste tematiche generano disagi non indifferenti che si ripercuotono sulla vita di chiunque.
L’italia è uno dei paesi europei che non ha l’obbligo dell’educazione sessuale nelle scuole e questo ci preoccupa visti i casi di femminicidio che macchiano la nostra storia.
L’anno scorso - continua Giulia La Barbera - è stata pubblicato dalla "Fondazione Libellula" un'indagine per ragazzi dai 14 ai 19 anni da lì è emerso che gran parte dei ragazzi non ritengono che sia una violenza imporre il proprio volere alla ragazza su come vestirsi, sull'avere rapporti sessuali con lei anche quando dice di no».
Anche se la scuola resta un punto di riferimento con cui parlare e confrontarsi, non siamo tutti figli della stessa epoca e spesso anche i docenti hanno bisogno di un aiuto: «Quello che noi chiediamo è che l’educazione sessuale e affettiva non si sviluppi in singoli momenti o venga affidata agli insegnanti.
Chiediamo, invece, che venga gestita da un'équipe multidisciplinare che possa formare il corpo docenti».
La scuola deve fare dei passi per educare e costruire le coscienze degli alunni, a volte purtroppo le famiglie non bastano: «Non è scontato che tutti i genitori abbiano gli strumenti adeguati per spiegare ai figli come funzionano le relazioni con l'altro - precisa Giulia -.
Il ruolo della scuola è determinante.
Già le conseguenze sono sotto i nostri occhi: l'aumento delle gravidanze precoci, delle infezioni sessualmente trasmissibili, dei femminicidi e stupri di gruppo.
Su Palermo i dati parlano chiaro: il centro antiviolenza Le Onde ha segnalato un aumento di chiamate significativo, da più di 100 donne, senza contare le telefonate fatte da minori che non vengono registrate.
La nostra campagna è stata portata avanti, ci sono 6000 firme.
Da giugno 2025 hanno aderito al nostro manifesto anche la consulta giovanile del comune di Bagheria e di Termini Imerese.
Non si può più parlare di emergenza o di tragedie. Sono fenomeni strutturali che vanno affrontati ed è con la prevenzione che si lotta, ma deve partire dalla scuola ed è opportuno coinvolgere tutti i gradi.
Spesso i più piccoli sono pensati come esseri fragili che devono essere protetti, non è sempre così.
I bambini sanno come sono fatti, ma di fronte a loro hanno altri bimbi che sono "uguali", ma diversi e devono metabolizzare questo confronto.
Nei primi 6 anni di vita i bimbi assorbono le informazioni che li segnano per il resto della vita come il consenso e il rispetto.
Ricordo ancora quando andavo all’asilo e c’era un mio compagno che mi tirava i capelli.
L'ho detto alla maestra e lei mi ha risposto: "Lo fa perché gli piaci". Io da "bimba" non dovevo dire nulla e accettare i suoi segnali. Nessuno gli ha mai detto "se la tua compagnetta ti piace, diglielo".
L’educazione passa da qui».
All'incontro era presente anche l'assessore alle Politiche Giovanili Fabrizio Ferrandelli a cui sono state consegnate le 6mila firme: «L'educazione sessuo-affettive nelle scuole è importantissima, ci insegna a trovare il nostro posto nel mondo e a rispettare l'altro - racconta a Balarm -.
Sono stato lì per prendere queste firme, ma è importante incontrare la delegazione dell'assemblea "Piacere di conoscerci" nuovamente, se è vero che parte dal basso non possiamo farlo da soli.
Al contempo capiremo quali strumenti utilizzare per supportare tutto.
A me convince molto, anche perché gli episodi che si sono verificati nell'ultimo periodo ci indicano che questo percorso può coprire il gap che i ragazzi avvertono.
Al di là del numero raggiunto, potevano essere anche 1000 firme, resta comunque un'esigenza reale.
Non possiamo continuare a scandalizzarci per i femminicidi e fare panchine rosse. Il tema della formazione è seria e ci stiamo muovendo affinché si realizzi».
Mentre la violenza aumenta e si trasforma con strumenti più subdoli, la scuola purtroppo resta indietro e ne ragazzi soffrono.
Nell'ultimo periodo si è sviluppata la tendenza a realizzare video e foto grazie all'intelligenza artificiale e spesso ci ridiamo su per la comicità "da social" a cui assistiamo, ma la rapidità con cui questi contenuti vengono prodotti e messi in rete è spaventosa.
È normale ridere quando guardiamo un'intervista non reale che ritrae persone che dicono frasi improponibili o assumono comportamenti strani, ma quando l'IA diventa un vero e proprio "scanner" per la creazione di immagini sensibili, lì diventa un problema devastante perché difficile da contrastare.
Ma, ovviamente, l'IA non si attiva da sola, dietro c'è sempre un comando che proviene da qualcuno.
«Questo è un problema che si verifica purtroppo spesso - ci racconta la professoressa e ricercatrice di Unipa Arianna Pipitone -.
È chiaro che ci sono varie forme in cui l'intelligenza artificiale interviene.
Le immagini costruite sono utilizzate anche per mettere sotto torchio gli adolescenti. Questo fenomeno si chiama "deep nude".
Del tipo "Io ti minaccio per estorcerti qualcosa", e nel frattempo c'è la tua faccia associata a un corpo che non è il tuo.
Ci sono profili fake di celebrità che l'IA crea che hanno appeal sui ragazzi per convincerli a fare cose che non vorrebbero, dalle scommesse false a situazioni più gravi.
Si sta lavorando molto da questo punto di vista, esiste anche il "deep fake" che ruba i profili degli influencer.
L'idea di base è sempre quella di convincere qualcuno a fare qualcosa con un'identità falsa, ma - precisa Arianna Pipitone - dietro tutto questo c'è sempre qualcuno, anche le organizzazioni criminali c'entrano.
Il cyberbullismo che conosciamo è diventato automatico».
Automatico perché più veloce e un po' più accessibile.
«C'è un malessere generazionale in cui i ragazzi fanno molto affidamento su questi dispositivi considerati quasi più importanti del contatto umano.
Ci sono diverse risoluzioni. Si parla di firme digitali sulle immagini, un po' come i file Pdf firmati digitalmente per garantire l'autenticità ed evitare la manipolazione dei dati.
Bisogna però tenere sotto controllo la tracciabilità delle modifiche.
Sono tutti degli approcci in fase di sviluppo, anche perché significherebbe dire addio ai formati Jpeg e Gif, ma si dovrebbero introdurre nuovi formati.
L'unica alternativa attuale è l'occhio critico. Si nota il difetto di una foto contraffatta, ma per adesso ci si può salvare soltanto con il diritto penale.
Però non è un colpevole invisibile e per questo è doveroso educare le generazioni a questi cambiamenti.
Noto sempre che c'è una differenza di preparazione. Uno studente ne sa molto di più di un educatore, i ragazzi si interfacciano con una realtà che gli adulti neanche conoscono, dai "meme" sulle interviste, a dinamiche molto più serie».
Attualmente le "armi" che abbiamo non sono tantissime, ma ci sono. Ovviamente non sono strumenti alla portata di tutti, ma la velocità è un fattore che preoccupa.
Recentemente Arianna Pipitone è stata nominata membro del consiglio scientifico del Centro di Sostenibilità e Transizione Ecologica di Ateneo, nell'ambito della parità di genere che mira a raggiungere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione di tutte le donne e le ragazze.
L'obiettivo è anche quello di appiattire il gender gap che purtroppo si delinea già nei primi anni scolastici, fornendo alle ragazze un punto di vista che vada oltre il retaggio culturale che la tecnologia e la scienza sono "cose da uomini", rendendole meno vulnerabili verso queste forme di "cyber violenza".
«Purtroppo è vero, più mettiamo immagini di noi stessi sui social, più diamo materiale per l’intelligenza artificiale - ci racconta il professore di Robotica e del laboratorio di robotica del dipartimento di ingegneria a Unipa Antonio Chella -.
Devono essere persone un po’ esperte. Funziona in maniera statistica, devo avere un numero di immagini sufficienti con cui si possono ipoteticamente creare video o immagini.
Ci sono stati dei casi di persone famose. Sta diventando un po' alla portata di tutti, ma non solo per foto o video, anche con la voce.
Quando registriamo audio su Whatsapp, è facile da contraffare e l’ia può creare cose che non esistono, anche con una telefonata.
Sempre con l’IA si possono avere tante informazioni su quella persona, posso fare una ricerca con una ricerca e creare quasi un personaggio.
È sempre più rischioso, ci sono tantissime immagini che possono nutrire un’intelligenza artificiale e si verificano casi di revenge porn anche in questo caso.
Da una parte si dovrebbero evitare tante foto, ma non sempre si può.
Chi è esposto per motivi lavorativi come gli attori non può esimersi dai social ed è un'arma a doppio taglio.
Quello che è certo è che l’IA lascia dei segni negli scritti, nei video e nelle foto.
Ci sono attualmente due approcci per regolamentare l'intelligenza artificiale. Il primo è quello europeo che prediligo e che si basa sul mettere dei paletti a questo strumento.
Quello americano è improntato sul lasciare il mercato libero perché le notizie e i contenuti buoni dovrebbero spazzare via le fake news.
Si può utilizzare per il bene, ma anche come coltello».
Purtroppo l'utilità dell'IA a volte viene oscurata da questi atti distruttivi che, però, rispondono sempre a un comando dato da qualcuno.
La chiave non è prendersela con un colpevole "invisibile", ma iniziare ad agire sulle coscienze, semplicemente parlandone, abbattendo qualche muro.
È un inizio, ma da qualche parte si deve pur cominciare.
Anche se la scuola non è del tutto pronta, c'è uno spiraglio che fa ben sperare.
Martedì 1 luglio alle 16.30 al Cre.Zi. Plus nei Cantieri Culturali alla Zisa si è tenuta l’assemblea pubblica in cui la comunità di “Piacere di conoscerci” ha consegnato più di 6000 firme al Comune di Palermo per l'inserimento dell'educazione sessuale e affettiva nelle scuole.
Si tratta di un progetto atteso da troppo tempo e reclamato dal basso, pensato da chi non accetta più che si verifichino tragedie per colpa di un "no" o di una storia finita.
Da qui inizia la lotta: «Siamo una comunità cittadina che nasce da un percorso estivo con le scuole - racconta a Balarm Giulia La Barbera di "Piacere di conoscerci" -.
È stato realizzato un progetto di ricerca voluto dagli studenti dei licei coinvolti.
A febbraio 2025 si è tenuta la prima assemblea cittadina che ha visto la partecipazione di più di 50 realtà che aderiscono al nostro manifesto.
L’intento di questa campagna è quello di chiedere al comune di Palermo di introdurre in maniera curricolare in ogni scuola di ogni grado l'educazione sessuale non con un approccio "medico", ma che si focalizzi sulla conoscenza di sé e degli altri per prevenire di problematiche sociali.
Ci sono studi che dimostrano che la totale mancanza di discussione su queste tematiche generano disagi non indifferenti che si ripercuotono sulla vita di chiunque.
L’italia è uno dei paesi europei che non ha l’obbligo dell’educazione sessuale nelle scuole e questo ci preoccupa visti i casi di femminicidio che macchiano la nostra storia.
L’anno scorso - continua Giulia La Barbera - è stata pubblicato dalla "Fondazione Libellula" un'indagine per ragazzi dai 14 ai 19 anni da lì è emerso che gran parte dei ragazzi non ritengono che sia una violenza imporre il proprio volere alla ragazza su come vestirsi, sull'avere rapporti sessuali con lei anche quando dice di no».
Anche se la scuola resta un punto di riferimento con cui parlare e confrontarsi, non siamo tutti figli della stessa epoca e spesso anche i docenti hanno bisogno di un aiuto: «Quello che noi chiediamo è che l’educazione sessuale e affettiva non si sviluppi in singoli momenti o venga affidata agli insegnanti.
Chiediamo, invece, che venga gestita da un'équipe multidisciplinare che possa formare il corpo docenti».
La scuola deve fare dei passi per educare e costruire le coscienze degli alunni, a volte purtroppo le famiglie non bastano: «Non è scontato che tutti i genitori abbiano gli strumenti adeguati per spiegare ai figli come funzionano le relazioni con l'altro - precisa Giulia -.
Il ruolo della scuola è determinante.
Già le conseguenze sono sotto i nostri occhi: l'aumento delle gravidanze precoci, delle infezioni sessualmente trasmissibili, dei femminicidi e stupri di gruppo.
Su Palermo i dati parlano chiaro: il centro antiviolenza Le Onde ha segnalato un aumento di chiamate significativo, da più di 100 donne, senza contare le telefonate fatte da minori che non vengono registrate.
La nostra campagna è stata portata avanti, ci sono 6000 firme.
Da giugno 2025 hanno aderito al nostro manifesto anche la consulta giovanile del comune di Bagheria e di Termini Imerese.
Non si può più parlare di emergenza o di tragedie. Sono fenomeni strutturali che vanno affrontati ed è con la prevenzione che si lotta, ma deve partire dalla scuola ed è opportuno coinvolgere tutti i gradi.
Spesso i più piccoli sono pensati come esseri fragili che devono essere protetti, non è sempre così.
I bambini sanno come sono fatti, ma di fronte a loro hanno altri bimbi che sono "uguali", ma diversi e devono metabolizzare questo confronto.
Nei primi 6 anni di vita i bimbi assorbono le informazioni che li segnano per il resto della vita come il consenso e il rispetto.
Ricordo ancora quando andavo all’asilo e c’era un mio compagno che mi tirava i capelli.
L'ho detto alla maestra e lei mi ha risposto: "Lo fa perché gli piaci". Io da "bimba" non dovevo dire nulla e accettare i suoi segnali. Nessuno gli ha mai detto "se la tua compagnetta ti piace, diglielo".
L’educazione passa da qui».
All'incontro era presente anche l'assessore alle Politiche Giovanili Fabrizio Ferrandelli a cui sono state consegnate le 6mila firme: «L'educazione sessuo-affettive nelle scuole è importantissima, ci insegna a trovare il nostro posto nel mondo e a rispettare l'altro - racconta a Balarm -.
Sono stato lì per prendere queste firme, ma è importante incontrare la delegazione dell'assemblea "Piacere di conoscerci" nuovamente, se è vero che parte dal basso non possiamo farlo da soli.
Al contempo capiremo quali strumenti utilizzare per supportare tutto.
A me convince molto, anche perché gli episodi che si sono verificati nell'ultimo periodo ci indicano che questo percorso può coprire il gap che i ragazzi avvertono.
Al di là del numero raggiunto, potevano essere anche 1000 firme, resta comunque un'esigenza reale.
Non possiamo continuare a scandalizzarci per i femminicidi e fare panchine rosse. Il tema della formazione è seria e ci stiamo muovendo affinché si realizzi».
Mentre la violenza aumenta e si trasforma con strumenti più subdoli, la scuola purtroppo resta indietro e ne ragazzi soffrono.
Nell'ultimo periodo si è sviluppata la tendenza a realizzare video e foto grazie all'intelligenza artificiale e spesso ci ridiamo su per la comicità "da social" a cui assistiamo, ma la rapidità con cui questi contenuti vengono prodotti e messi in rete è spaventosa.
È normale ridere quando guardiamo un'intervista non reale che ritrae persone che dicono frasi improponibili o assumono comportamenti strani, ma quando l'IA diventa un vero e proprio "scanner" per la creazione di immagini sensibili, lì diventa un problema devastante perché difficile da contrastare.
Ma, ovviamente, l'IA non si attiva da sola, dietro c'è sempre un comando che proviene da qualcuno.
«Questo è un problema che si verifica purtroppo spesso - ci racconta la professoressa e ricercatrice di Unipa Arianna Pipitone -.
È chiaro che ci sono varie forme in cui l'intelligenza artificiale interviene.
Le immagini costruite sono utilizzate anche per mettere sotto torchio gli adolescenti. Questo fenomeno si chiama "deep nude".
Del tipo "Io ti minaccio per estorcerti qualcosa", e nel frattempo c'è la tua faccia associata a un corpo che non è il tuo.
Ci sono profili fake di celebrità che l'IA crea che hanno appeal sui ragazzi per convincerli a fare cose che non vorrebbero, dalle scommesse false a situazioni più gravi.
Si sta lavorando molto da questo punto di vista, esiste anche il "deep fake" che ruba i profili degli influencer.
L'idea di base è sempre quella di convincere qualcuno a fare qualcosa con un'identità falsa, ma - precisa Arianna Pipitone - dietro tutto questo c'è sempre qualcuno, anche le organizzazioni criminali c'entrano.
Il cyberbullismo che conosciamo è diventato automatico».
Automatico perché più veloce e un po' più accessibile.
«C'è un malessere generazionale in cui i ragazzi fanno molto affidamento su questi dispositivi considerati quasi più importanti del contatto umano.
Ci sono diverse risoluzioni. Si parla di firme digitali sulle immagini, un po' come i file Pdf firmati digitalmente per garantire l'autenticità ed evitare la manipolazione dei dati.
Bisogna però tenere sotto controllo la tracciabilità delle modifiche.
Sono tutti degli approcci in fase di sviluppo, anche perché significherebbe dire addio ai formati Jpeg e Gif, ma si dovrebbero introdurre nuovi formati.
L'unica alternativa attuale è l'occhio critico. Si nota il difetto di una foto contraffatta, ma per adesso ci si può salvare soltanto con il diritto penale.
Però non è un colpevole invisibile e per questo è doveroso educare le generazioni a questi cambiamenti.
Noto sempre che c'è una differenza di preparazione. Uno studente ne sa molto di più di un educatore, i ragazzi si interfacciano con una realtà che gli adulti neanche conoscono, dai "meme" sulle interviste, a dinamiche molto più serie».
Attualmente le "armi" che abbiamo non sono tantissime, ma ci sono. Ovviamente non sono strumenti alla portata di tutti, ma la velocità è un fattore che preoccupa.
Recentemente Arianna Pipitone è stata nominata membro del consiglio scientifico del Centro di Sostenibilità e Transizione Ecologica di Ateneo, nell'ambito della parità di genere che mira a raggiungere l'uguaglianza di genere e l'emancipazione di tutte le donne e le ragazze.
L'obiettivo è anche quello di appiattire il gender gap che purtroppo si delinea già nei primi anni scolastici, fornendo alle ragazze un punto di vista che vada oltre il retaggio culturale che la tecnologia e la scienza sono "cose da uomini", rendendole meno vulnerabili verso queste forme di "cyber violenza".
«Purtroppo è vero, più mettiamo immagini di noi stessi sui social, più diamo materiale per l’intelligenza artificiale - ci racconta il professore di Robotica e del laboratorio di robotica del dipartimento di ingegneria a Unipa Antonio Chella -.
Devono essere persone un po’ esperte. Funziona in maniera statistica, devo avere un numero di immagini sufficienti con cui si possono ipoteticamente creare video o immagini.
Ci sono stati dei casi di persone famose. Sta diventando un po' alla portata di tutti, ma non solo per foto o video, anche con la voce.
Quando registriamo audio su Whatsapp, è facile da contraffare e l’ia può creare cose che non esistono, anche con una telefonata.
Sempre con l’IA si possono avere tante informazioni su quella persona, posso fare una ricerca con una ricerca e creare quasi un personaggio.
È sempre più rischioso, ci sono tantissime immagini che possono nutrire un’intelligenza artificiale e si verificano casi di revenge porn anche in questo caso.
Da una parte si dovrebbero evitare tante foto, ma non sempre si può.
Chi è esposto per motivi lavorativi come gli attori non può esimersi dai social ed è un'arma a doppio taglio.
Quello che è certo è che l’IA lascia dei segni negli scritti, nei video e nelle foto.
Ci sono attualmente due approcci per regolamentare l'intelligenza artificiale. Il primo è quello europeo che prediligo e che si basa sul mettere dei paletti a questo strumento.
Quello americano è improntato sul lasciare il mercato libero perché le notizie e i contenuti buoni dovrebbero spazzare via le fake news.
Si può utilizzare per il bene, ma anche come coltello».
Purtroppo l'utilità dell'IA a volte viene oscurata da questi atti distruttivi che, però, rispondono sempre a un comando dato da qualcuno.
La chiave non è prendersela con un colpevole "invisibile", ma iniziare ad agire sulle coscienze, semplicemente parlandone, abbattendo qualche muro.
È un inizio, ma da qualche parte si deve pur cominciare.
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