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Lei sapeva dove attraccava e gli inviava le lettere: Lia e Sarino, un amore d'altri tempi

Lei scriveva dalle Madonie, lui lavorava a bordo delle navi, mezzo secolo fa. Sentimenti suggellati da carta e inchiostro che custodiscono la loro storia

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 15 luglio 2022

Questa è una storia da autentico amarcord, un salto all’indietro in un tempo che ci sembra lontanissimo ma non è passato nemmeno mezzo secolo, il che la dice lunga su come, pur cambiando il metodo, il risultato è lo stesso, semmai, si è smarrito qualcosa che è stato sostituito.

Se avevamo già perso da tempo il calamaio, croce e delizia dell’uso dell’inchiostro, ci restavano carta e penna per trascrivere pensieri in parole, comunicare sinteticamente o per lunghe pagine a quello che ancora oggi chiamiamo destinatario.

Salvo poi in poco più di un ventennio: via la carta, svanita la penna e sparito l’inchiostro per ritrovarci tutti a picchiettare su tastiere o touch screen, con tanto di correttore automatico ed uso enfatico di emoticon a gogò.

Incontrando Nonna Lia – al secolo Rosalia Colomba coniugata Perrone - invece, entriamo in uno scrigno segreto custodito nella casa di famiglia dentro il minuscolo borgo di Gratteri affacciato su uno sperone panoramico delle Madonie verso il Tirreno.
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Lei ha appena settantacinque anni ma dello stereotipo di nonna c’è davvero molto poco, salvo l’argento sui capelli che le dona moltissimo, potrebbe vendere l’energia che ha addosso a qualche giovane eccessivamente rilassato (leggi annoiato) dei nostri giorni.

La scatola chiusa sul tavolo è rossa, manco a dirlo, dalla quale non appena apre il coperchio fuoriescono buste e fogli sparsi come fossero animate dalla voglia di prendere aria, ingialliti da quel tono di colore che è il segno inequivocabile del passare del tempo, vecchie fotografie con volti ormai estinti. Tra quelle righe c’è la storia della sua famiglia di origine trascritta tra il 1939 e il 1945, e della sua storia d’amore.

Piccoli diari di poche pagine di un viaggio che si chiama vita: vita da emigranti nel lontanissimo Canada nei primi anni del secolo scorso, vita di tristi lutti e di famiglie divise, di felici nascite che riparano in parte le perdite, di figli che ritrovano i padri in Francia e sanano radici recise, di viaggi per mare di un marito che rimarrà per sempre l’unico amore della sua vita che ebbe inizio proprio tra quelle lettere.

La corrispondenza con Sarino, suo futuro marito, iniziava negli anni sessanta fino al 1969 anno del matrimonio e a proposito di questo: chi di voi ha mai ricevuto una proposta di matrimonio con tanto di francobollo contenente la frase fatidica: mi vuoi sposare?

Mi vuoi… sì lo voglio, una promessa suggellata con l’inchiostro e fatta ancora prima che un prete lo chieda davanti ad una platea di testimoni.

Ma la vera chicca è un’altra che davvero potrebbe essere ispirazione di parte di una sceneggiatura da film romantico, di quelli che ti strappano un paio di grossi lacrimoni.

«Sarino, mio marito, faceva il marittimo. Un lavoro durissimo come macchinista/meccanico sulle navi mercantili e restava in viaggio per giorni chiuso dentro delle sale bollenti per interi giorni di mare.

Conoscevo i porti dove sarebbe arrivato e ad ognuno di questi gli facevo trovare non una lettera, ma addirittura quattro o cinque, alle quali lui rispondeva raccontandomi le sue giornate e dichiarandomi sempre il suo amore, e io lo stesso per lui».

Bellissima la fotografia del matrimonio che ritrae questa estrema inossidabile felicità.

«Raccontarci, raccontare le nostre giornate era l’unico modo per restare insieme, per saldare quel fidanzamento che sarebbe diventato matrimonio e famiglia, avrebbe dato vita a quattro figli e tanti anni insieme che forse non avremmo avuto senza queste lettere che ci hanno tenuti uniti a distanza».

A matrimonio avvenuto anche il lavoro cambierà con il trasferimento a Torino alla FIAT di Mirafiori e successivamente a Palermo dove la famiglia rimarrà per sempre.

Lia ha conservato e custodito altre lettere di corrispondenza come quelle tra parenti, come quella tra lei e la madre in prossimità del primo parto dove entrambe si confrontano sulle cose da portare, sulle cose da fare in previsione della nascita: vestiti, biancheria, varie necessità logistiche.

E mentre sfogliamo pagine di fogli diventati fragilissimi, altre storie vengono fuori come quella tra i nonni Andreana e Leonardo, Stella, come la chiama lui nell’incipit di una lettera.

La bellissima calligrafia – materia di esercitazione obbligatoria alle elementari che ti impediva di scrivere a zampe di gallina - precisa in tutti i suoi caratteri, vocali e consonanti messi insieme che rendono ogni parola quasi un ricamo su carta.

A Gratteri nonna Andreana aveva la rivendita di tabacchi N.1 dove un po’ come in tutti i paesi sperduti tra le montagne dove solo pochi fortunati benestanti avevano il telefono a casa.

C’era il telefono pubblico per gli altri comuni mortali che andavano pagando le conversazioni a scatti, uno scatto costava 10 Lire e il tempo variava per tipologia: urbana, interurbana, intercontinentale…ma di cosa stiamo parlando?!

Eppure è li che Sarino vede per la prima volta la ragazzina che diventerà sua moglie qualche anno più in là, e fin da subito ogni scusa sarà buona per andare al tabacchi e vederla.

A conclusione del nostro emozionante incontro ci accorgiamo della data riportata sulla lettera di nonno Leonardo e restiamo senza parole: oggi è il 12 luglio, solo che invece del 1945 siamo nel 2022.

Brividi, abbiamo attraversato il tempo e lo spazio in settantasette anni, in questo stesso giorno leggiamo frasi d’amore e di promesse, di fedeltà e di tenerezza rimasti indelebili. Lasciamo a chi crede nel caso e nelle coincidenze interpretare la cosa, chi lo sa…
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