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A Toys Orchestra, freschezza indie-rock

  • 15 gennaio 2006

Le abbuffate natalizie sono ormai alle spalle e l’anno nuovo porta con sé una gradevolissima novità musicale, o meglio, un piacevole ritorno: quello di Indiexplosion, la rassegna di suoni e culture indipendenti organizzata da Balarm, Associazione Musiche, Candelai e Horns Productions. Dopo un anno e mezzo torna a calcare il suolo palermitano il più promettente gruppo indie-rock italiano, i salernitani A Toys Orchestra. L'appuntamento è per giovedì 19 gennaio alle 22.30 presso "I Candelai" di Palermo (via Candelai 65, ingresso 4 euro con riduzione a 3 euro previa iscrizione alla lista su www.balarm.it).

La line-up è composta da Enzo Moretto (voce, chitarre, piano, synth), Ilaria D'Angelis (voce, synth, chitarra, basso), Raffaele Benevento (basso, chitarre), Fausto Ferrara (pianoforte, synth ed elettronica) e Andrea Perillo (batteria). In cinque anni hanno raggiunto risultati strabilianti in Italia ma anche all’estero, visto che il loro ultimo cd "Cuckoo Boohoo" (2004) è stato pubblicato dalla Urtovox anche in Svizzera, Austria e Germania. Rispetto ai due lavori precedenti (il demo "Demolition of the infacy" e il primo cd "Job"), maggiormente allegri e vivaci, con "Cuckoo Boohoo" si ha la sensazione che gli ATO abbiano raggiunto quasi la maturità grazie a testi e suoni più riflessivi, introspettivi e disturbanti. Dopo aver partecipato con notevole successo al cd "Let it…boom", un tributo ai Beatles sostenuto dal sito Musicboom.it proponendo una stupenda rivisitazione in chiave indie di "I Am The Walrus", l’anno scorso è arrivato anche il meritato premio Fandango come miglior video per la canzone "Peter Pan Syndrome".

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Nelle loro note c’è freschezza e ispirazione e si posso avvertire richiami a tantissime band: dagli ultimi disinvolti e disincantati Pavement alle trame indolenzite stile Sparklehorse, dal derapage romantico dei Blonde Redhead a Ennio Morricone, da Kurt Weill ai Beatles, senza dimenticare anche i primi Air o anche gli Underworld più morbidi e pop. Ciò che conta è che qua dentro c’è tutto ciò che serve: atmosfere dolenti, quando non plumbee, ma anche l’elettronica giusta, synth rigorosamente vintage, voce filtrata - ma anche no - e qualche bella schitarrata sporca, ché sennò mica di rock si può parlare. Notevole e spiazzante, in "Cuckoo Boohoo", è la presenza di due romanticherie per piano e voce come "Elephant Man" e "Three Withered Roses", immerse in un acquario di melodramma e limpidi fondali notturni: forse perché coincidono con i momenti più nudi, proprio in queste tracce si consolida la sensazione di una band intenta a costruire canzoni come si trattasse di un gioco (quindi coerentemente col proprio nome), abile a manipolare scenografie di stoffa, ologrammi e plastilina, attraversati con la tristezza sbigottita di un cartoon noir e le movenze ingenue/inesorabili di pupazzi di latta. Melodie accattivanti, una voluta scrittura non lineare e un suono personalissimo che sembra uscire, appunto, da strumenti giocattolo.

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