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Berne e Shipp, jazz d’avanguardia all’Agricantus

  • 1 marzo 2005

Questa volta sono due gli appuntamenti di rilievo per la rassegna “New Thing” dell’Associazione Musiche presso il CCP Agricantus di Palermo (via XX Settembre 82a): jazz avanguardistico con il sassofonista Tim Berne alla testa del suo Acoustic Hard Cell, giovedì 3 marzo e l’eclettico pianista Matthew Shipp e lo String Trio, martedì 8 marzo (entrambi ore 21.15, euro 13/10). Sassofonista noto per la sua insolita ed originale tendenza – incredibile a dirsi – ad usare il saxalto come fosse un baritono e viceversa, Tim Berne, cinquantun anni appena compiuti lo scorso gennaio, originario di Syracuse (stato di New York) è più un pittore di atmosfere ancorché un vero e proprio compositore, approdato al sax diciannovenne dopo il rifiuto di suonare il clarinetto propostogli dalla sua famiglia, tutta di musicisti, ed un incidente che lo costringe ad una prolungata e solitaria degenza. Allievo di Julius Hemphill con il quale instaura una profonda e sincera amicizia, stroncata dal sopraggiungere dell’inaspettata morte di quest’ultimo, dopo l’esperienza nei gruppi dello stesso Berne si getta nella mischia come solista, saltando a piè pari la fase della gavetta da sideman.

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E da buon outsider, anche in molti dei suoi dischi (The Five Year Plan del 1975, 7X del 1980, Spectres del 1981, fino agli ultimissimi Open Coma, Science Friction e The Sevens) Berne più che fare riferimento agli standard, preferisce proporre musica propria, magari con delle personalissime formazioni – il quartetto Bloodcount, con Jim Black, Michael Formanek e Chris Speed, o il trio Paraphrase, con Drew Gress e Tom Rainey – nonché con etichette proprie (dall’iniziale Empire all’attuale Screwgun). Esponente della schiera degli improvvisatori più genuini e sinceri, Berne si affianca a musicisti che condividono con lui siffatta filosofia, uno stile di musica più che una scuola musicale. Fra le sue collaborazioni, Paul Motiona e Bill Frisell, ma anche Ray Anderson, Michael Fomanek, Herb Robertson Gerry Hemingway, e molti, moltissimi altri. All’Agricantus si presenta con il progetto Acoustic Hard Cell, insieme al tastierista Craig Taborn (già con Dave Douglas, Billy Drummond, Mike Formanek, James Carter and Marc Ducret) ed al batterista Tom Rainey (John Abercrombie, Jane Ira Bloom, Fred Hersch, Matthias Schubert, Tom Varner, WDR Big Band and Ken Werner), con cui ha recentemente registrato il cd Acoustic and Electric Hard Cell Live (2004, Screwgun).

Più d’impatto e muscolare il jazz di Matthew Shipp, fra i pianisti d’avanguardia più interessanti degli ultimi tre lustri, cresciuto e formatosi all’ascolto del jazz anni ’50. Classe ’60, ha avuto un notevole picco d’attività nel corso dello scorso decennio, apparendo su dozzine di album sia come leader che come supporter e accompagnatore. Inizialmente affiancato a Cecyl Taylor i quanto a percussività del tocco, il suo stile è cresciuto – e si è affrancato – soprattutto grazie all’esperienza maturata a fianco del sassofonista David S. Ware, anche lui musicista di punta del free più libero e a-schematico. al tocco di durante gli anni. Forgiatosi al New England Conservatory of Music dopo le prime prove in seno a giovanili rock-band, diviene membro fisso del quartetto di Ware, diventando una sorta di alter-ego pianistico della musia del sassofonista, tanto da dedicargli un recente album come leader del proprio trio con William Parker e Guillermo E. Brown, The Trio Plays Ware (Splasc/h, 2004). Notevoli anche le sue performance discografiche in piano solo, dove il nostro riesce a dare fulgido esempio della più assoluta libertà, anche interpretando standard e brani della tradizione gospel nero-americana, come nel cd Songs (Splasc/h, 2002). Attivo anche sul versante della musica elettronica, vanta collaborazioni con DJ Spooky, Joe Morris, Daniel Carter, Roscoe Mitchell e Mat Maneri. E proprio con quest’ultimo e con il fido Parker, all’Agricantus proporrà il secondo lavoro discografico prodotto con il suo String Trio, ossia Expansion, Power, Release (Hatology, 2001), preceduto dall’ottimo By the Law of Music, uscito quattro anni prima (per la svizzera HatHut, 1996).

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