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Collateral: il killer che non ti aspetti

Il film, che per l’80% è stato girato in digitale, ci mostra una Los Angeles imbellettata da grattacieli illuminati e da strade a 5 corsie

  • 25 ottobre 2004

Collateral
U.S.A. 2004
Di Michael Mann
Con Tom Cruise, Jamie Foxx, Jada Pinkett Smith, Mark Ruffalo, Peter Berg, Bruce McGill, Javier Bardem

Tom Cruise cattivo? Questa non se l’aspettava nessuno. Nella sua lunga carriera è stato giovane pilota dell’aeronautica militare in “Top Gun”, disilluso reduce della guerra del Vietnam in “Nato il 4 luglio”, marito in crisi in “Eyes wide shut”, poliziotto del futuro in “Minority report”, malinconico e romantico guerriero in “L’ultimo samurai”, ma fino ad ora un solo elemento congiungeva tutti questi personaggi tra loro differenti: erano tutti personaggi positivi, “buoni”, che si schieravano dalla parte del bene e del giusto, spesso in lotta contro il “male”. Ad un certo punto della propria carriera una scelta quasi necessaria si impone per un attore che da “bravo” vuole diventare “grande”, ovvero capace di sostenere qualunque tipo di ruolo. In questa chiave vanno lette le mosse di Cruise negli ultimi tempi che, quasi infastidito da quella faccia da bravo e bel ragazzo che spesso lo ha reso poco credibile e gli ha negato un oscar che sarebbe stato meritato, ha accettato di modificare il suo aspetto esteriore. Come dimenticare il viso deformato in “Vanilla sky” o gli occhi castani in “Minority report”? In “Collateral” è Vincent, killer di professione spietato e senza scrupoli, e con i capelli grigi! La vicenda si svolge tutta in una notte: Vincent deve assassinare 5 persone e si serve di un ignaro taxista, Max (Jamie Foxx), che dovrebbe restare all’oscuro di tutto e che invece viene coinvolto, diventando suo malgrado complice.

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I due personaggi sono agli antipodi: Vincent ha delle teorie piuttosto strane sulla vita e sulla morte e con frasi quasi lapidarie riesce pure a giustificare il suo lavoro. Freddo, cinico, a volte anche un po’ sbruffone, sembra assolutamente privo di tutte quelle emozioni tipiche di ogni essere umano e pare non avere altra aspirazione nella vita; Max è invece un uomo tranquillo, onesto, semplice, gentile e sognatore, totalmente estraneo a certi ambienti e che subisce le situazioni. Una sola cosa li accomuna: entrambi fanno bene il loro lavoro. Il loro strano rapporto li porta a scoprirsi poco alla volta, a far venire fuori le ragioni dei rispettivi tenori di vita e degli insuccessi e, gradualmente, anche a cambiare la propria indole per seguire l’istinto anziché la ragione. Il film, che per l’80% è stato girato in digitale, ci mostra una Los Angeles imbellettata da grattacieli illuminati e da strade a 5 corsie, ma troppo fredda e distaccata, capace di veder morire un uomo in metropolitana senza intervenire o battere ciglio. Questa è la visione del regista Michael Mann, proviene dal mondo delle serie tv (Miami Vice e Starsky & Hutch), che sul grande schermo ha già diretto film del calibro di “Manhunter – frammenti di un omicidio”, “L’ultimo dei Moicani”, “Heat – La sfida” e “Alì”. Mann mette insieme tutti questi elementi in un thriller d’azione di qualità, che riesce a tenere con il fiato sospeso, specie sul finale, e che sicuramente non può sfuggire agli amanti del genere.

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