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Gibellina, foto sul Cretto per ricordare il terremoto

  • 16 gennaio 2006

L’idea di Emanuele Svezia, autore del documentario "Earthquake ‘68" e componente del gruppo romano Sottotraccia, è quella di riportare i cittadini gibellinesi sul luogo che, prima del disastroso terremoto del 1968, rappresentava il centro della loro vita, ma che adesso resta uno spazio quasi isolato, frequentato assai di rado, probabilmente mai compreso o addirittura mai accettato. Quella colata di cemento cui Alberto Burri diede la forma inconfondibile dei suoi “cretti” e che seppellì per sempre le macerie della vecchia Gibellina, resta un’opera con cui i gibellinesi mantengono un rapporto difficile e incostante, ostacolato dalla nostalgia per il vecchio centro e da una sensazione di sradicamento per il fatto di aver visto la Nuova Gibellina spostarsi di circa venti chilometri. In questa luce l’iniziativa di Sottotraccia assume un valore importantissimo e si propone di incoraggiare i gibellinesi a riappropriarsi del Cretto. Così il 28 maggio 2005 un migliaio di cittadini (giovani e anziani, istituzioni e gruppi associativi) si sono dati appuntamento sul Cretto e, compiaciuti, hanno posato per un’insolita e affollatissima foto di gruppo davanti all’obiettivo del fotografo palermitano Mauro D’Agati.

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In quella stessa occasione D’Agati ha scattato quaranta ritratti, scegliendo i suoi protagonisti tra gli abitanti accorsi al Cretto e realizzando con loro quello che Paola Nicita, nel testo critico di presentazione alla mostra, inauguratasi domenica scorsa al Museo di Gibellina, definisce un rapporto di empatia: D’Agati, afferma, «guarda, scruta, annusa i soggetti da ritrarre come in uno strano rituale canino. Scambia con loro parole e sguardi, per capire come trasformarli in immagini». Il risultato è una variopinta galleria di personaggi: ci sono gli scout con le immancabili divise e i gruppi religiosi con i loro stendardi, c’è la banda che suona a festa; ci sono gli anziani (senza dubbio i più sorpresi e imbarazzati) e i giovani (che invece posano disinvolti e compiaciuti) e ovviamente ci sono i bimbi, sempre entusiasti ed eccitati. L’amministrazione ha voluto celebrare il ricordo della tragica notte del 15 gennaio 1968 attraverso un’esposizione d’arte, ribadendo così il legame speciale che da quella terribile notte la città di Gibellina ha stretto con l’arte contemporanea. Non soltanto ai discorsi commemorativi deve essere affidato il compito di onorare, di ricordare. L’arte ha una carica comunicativa importantissima e le fotografie di D’Agati raccontano Gibellina e la sua storia attraverso i volti (spontanei, sorpresi, divertiti…) della sua gente. La mostra resterà in programma fino al 22 gennaio (martedì/sabato, orari: 9-13 e 16-19; ingresso libero), ma le foto di D’Agati saranno ancora protagoniste la prossima estate, all’interno di un evento di portata maggiore previsto proprio in occasione della proiezione di Hearthquake ’68.

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