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Giovanni Varvaro, “Futurista per caso”

Due le sezioni in cui è articolato il percorso espositivo, allestito da Antonio Saporito e curato da Anna Maria Ruta

  • 29 aprile 2004

“Futurista per caso” potrebbe essere definito il pittore palermitano Giovanni Varvaro (1888-1973), se si pensasse in modo univoco alla sua intensa passione per la tradizione e il folclore siciliani, per la musica isolana che egli stesso suonava con gli antichi strumenti come marranzani e friscaletti, e all’interesse per il restauro e l’antiquaria, oltre che per la pittura dell’Ottocento. Se, invece, si intende l’adesione di Varvaro al Futurismo siciliano - una delle varianti regionali del Secondo Futurismo, avviato da Marinetti grazie a un’intensa attività promozionale in tutta Italia – come un modo per esprimere con libertà nuova tutto un suo mondo intensamente sognante, e l’armonia sinestetica che coinvolge tramite ondulazioni e geometrie l’uomo e la natura, la sfera dell’emozione, dell’immaginazione, dell’eros, tradotti in magici accenti musicali di forme e linee, allora assume un senso profondo la sua partecipazione a questo breve ma significativo momento (dal 1926 al 1928-29 circa) dell’arte isolana.

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Giovanni Varvaro è il protagonista della mostra “Solitudini sospese. Incanto e musica nella pittura di Giovanni Varvaro”, visitabile fino al 9 maggio presso il Loggiato di San Bartolomeo di Palermo, in corso Vittorio Emanuele 25 (tutti i giorni tranne lunedì dalle 16,30 alle 19, la domenica dalle 10 alle 13), curata da Anna Maria Ruta, promossa dalla Provincia Regionale di Palermo e organizzata dalla Eidos Comunicazioni visive, che ha edito anche il catalogo (testi della curatrice, di Sergio Troisi e Davide Lacagnina). Due le sezioni in cui è articolato il percorso espositivo, allestito da Antonio Saporito con la dovuta attenzione per l’aspetto illuminotecnico, vista la particolarità degli spazi del Loggiato, dotati di grandi finestre: nella prima, “musicalità futurista”, atmosfere fiabesche pervadono immaginarie città dalle geometrie colorate abitate da omini fluttuanti in cieli stellati, o corpi femminili vengono sensualmente avvolti da raggi di luce e da onde musicali.

Dagli anni Trenta in poi, nelle opere protagoniste della seconda sezione, “L’incanto intimista”, le scene si bloccano, la musica diventa misterioso silenzio, e anche quando piccoli personaggi in abiti tradizionali si muovono in una danza rustica, sembrano piuttosto marionette bloccate nel tempo; gli stessi silenzi, poi, dominano le nature morte o le liriche scene di paesaggio dello Stagnone di Marsala, dove abitava negli ultimi anni, meno accattivanti dei fantasiosi quadri futuristi ma segnati dalla semplicità del quotidiano.

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