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L'amore “eterno” di Carlo Verdone

Il film, nel quale non mancano momenti divertenti anche se a volte un pò beceri, e in cui tutti recitano bene, offre una visione accurata dei malesseri di oggi

  • 19 marzo 2004

“L’amore e’ eterno finchè dura”
Italia 2004
Di Carlo Verdone
Con Carlo Verdone, Laura Morante, Stefania Rocca, Antonio Catania, Rodolfo Corsati, Lucia Ceracchi

Ancora una coppia che scoppia e, ancora una volta, per futili motivi (almeno in apparenza). Uno speed date (moderna forma di conoscenza, disdicevole al pari dello “scambismo”), costituisce, infatti, il pretesto perché Gilberto (Carlo Verdone) e Tiziana (Laura Morante) arrivino alla rottura. Sullo sfondo, però, si scopre ben presto che si agitano altri problemi: perduta intimità, mancanza di attenzioni reciproche, difficoltà di gestire l’età matura e le sue incertezze. Al disadattamento che si accompagna alla separazione, segue, tuttavia, l’euforia della riconquistata indipendenza: lei gestisce con confusione la liaison con l’amante-furfante (Antonio Catania), lui, accolto in casa dal socio Andrea (Rodolfo Corsati) comincia a frequentare ragazze più o meno disinibite, ma anche a provare nuovi sentimenti. Lo sguardo narrante è quello della figlia adolescente (Lucia Ceracchi, dall’accento romanesco a tratti così pronunciato da rendere le parole incomprensibili), la quale si trova smarrita a scuola e sola nel tentativo di decifrare i genitori, le loro tristezze e i loro giovanilismi.

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Nel complesso, il film, nel quale non mancano momenti divertenti anche se a volte un pò beceri, e in cui tutti recitano bene, offre una visione accurata dei malesseri di oggi, che sono anche quelli ormai più indagati dal cinema italiano contemporaneo. Piccole storie che descrivono un universo composito di difficoltà di comunicazione, di introspezione spinta agli estremi, di egoismo silenzioso e autolesionista. L’amore risulta così confinato in un’area non invasiva, in uno spazio delimitato che non si estende a tutte le zone della personalità e che, fisicamente, si esprime nella scelta di vivere in case separate. Salvo consentire ai due di riunirsi per vedere una videocassetta o per trascorrere la notte insieme.

Ma sempre alla debita distanza, in esistenze parallele. La “teoria dei ricci” elaborata dai personaggi di Verdone e della Rocca, tuttavia, è solo erroneamente agli antipodi del matrimonio. Parte, cioè, dal presupposto discutibile che questo neghi ogni libera espressione della personalità. Certo, comunque, non è un caso che ancora una volta l’“istituzione” venga analizzata in un film destinato ad avere una larghissima audience. E’ già capitato con “Ricordati di me” di Muccino (anche in quel caso la moglie insoddisfatta era impersonata dalla Morante, e con lo stesso piglio) e i dibattiti nella società e nei talk-show sono fioccati. Qui, in più, il disagio che si dipinge negli occhi del regista appare quanto mai vero e personale, e dà ancor più da pensare.

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