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La Fondazione Banco di Sicilia al Vinitaly

Balarm
La redazione
  • 26 marzo 2007

Con una mostra di reperti risalenti al VI e IV sec. a.C. e appartenenti al Museo d’arte e archeologia Mormino di Palermo, la Fondazione Banco di Sicilia, presieduta da Giovanni Puglisi, sarà presente a Verona alla Fiera Internazionale Vinitaly 2007, che quest’anno aprirà le porte al pubblico dal 29 marzo al 2 aprile. L’esposizione fornisce un quadro sulla storia della produzione e della diffusione del vino in Sicilia nel periodo della colonizzazione dell’antica Grecia. Tutte le ceramiche esposte, rinvenute per la maggior parte a Selinunte nel corso delle campagne di scavo finanziate dal Banco di Sicilia negli anni Sessanta, hanno una diretta attinenza con il vino e col suo utilizzo per scopi rituali e religiosi. La partecipazione a Vinitaly s’inquadra nella politica di valorizzazione dell’Isola perseguita dall’ente che, dall’anno di nascita 1991, si pone come scopo quello di favorire la crescita sociale, culturale ed economica della Sicilia, in questo caso attraverso la promozione del prodotto siciliani all’interno dei una vetrina importante qual è la manifestazione veronese che ogni anno riunisce appassionati e operatori del settore vitivinicolo italiani e stranieri.
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La mostra allestita dalla Fondazione ha lo scopo di valorizzare il rapporto fra il vino e la nostra isola, un legame tra i più antichi e consolidati: la Sicilia, infatti, è stata la prima regione d’Italia in cui sono arrivati il vino e la coltivazione della vite, ad opera dei Fenici nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. L’affermazione del consumo del vino quale bevanda di uso quotidiano e la sua diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo si deve ai Greci che attribuirono l’invenzione della vinificazione a Dioniso, il dio della linfa, il dio delle feste, il dio che fa crescere la vigna in un giorno. La selezione delle opere ha tenuto conto sia delle più diffuse forme ceramiche utilizzate per il vino, sia delle ceramiche figurate con scene che riguardano Dioniso e i personaggi della sua cerchia (satiri e menadi) ripresi in figurazioni riportate dalle fonti letterarie e dalla mitologia. Fra le ceramiche più significative, il cratere a calice protosiceliota a figure rosse del 410-380 a.C., che raffigura una danzatrice di pirrica fra due figure femminili affiancate, un satiro con Eros a cavalcioni e una menade in fuga inseguita da un satiro che regge una torcia.

Nella tradizione popolare lo svolgimento della danza pirrica subisce diverse interpretazioni, conservando però la matrice di danza guerresca. La maggior parte delle ceramiche esposte a Verona venivano utilizzate esclusivamente durante il simposio, uno degli eventi sacrali e sociali più importanti dell’antica Grecia, che vedeva riuniti per discutere o per festeggiare nel dopo cena un gruppo di uomini, dai sette agli undici, ai quali veniva servito il vino, nettare degli dei, annacquato, per poter bere senza ubriacarsi, spesso in presenza di ballerine e suonatrici di flauto. Venivano inoltre effettuati dei giuochi agonistici, fra questi il più diffuso era il kottabos, la cui invenzione nel VI secolo a.C. è stata attribuita a un giovane siciliano di origini greche.

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