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Mario De Biasi: il terzo occhio del fotografo

  • 20 dicembre 2004

Dieci sale, 175 foto: c’è una mostra bellissima a Palermo ed è quella a di Mario De Biasi “Fotografie 1947 – 1983”, che si è inaugurata il 10 dicembre a Palazzo Branciforti (Via Bara all’Olivella 2) e visitabile fino all’8 gennaio 2005 (ingresso libero, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, la domenica dalle 10 alle 13). La mostra è curata da Paolo Morello, direttore dell’Istituto Superiore per la Storia della Fotografia di Padova, che sottolinea, nel suo “Omaggio a Mario De Biasi”, all’interno del catalogo della mostra, il carattere dicotomico della fotografia del maestro bellunese, fatto di una perfetta combinazione tra racconto sentito e impeccabile tecnica. Credo, infatti, che si debba partire da queste due anime per provare a trovare un filo conduttore in questa sorta di opera omnia, all’interno della quale sembra essere rappresentata ogni frangia della storia della fotografia. Percorrendo le sale possiamo scorgere esempi di foto neorelistiche (come le prime opere sulla Sicilia, o quelle sulla periferia milanese), di ritrattistica (i pittori Chagall e Guttuso, l’attrice Sofia Loren), di reportage di guerra (le agghiaccianti foto su Budapest antisovietica), e di viaggi (Guatemala, Finlandia, Bangkok).

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E ancora, esempi di giornalismo più spiccatamente “mondano” (il glamour della New York anni ’50), per finire con i mirabili esempi di fotografia artistica: ad esempio, l’inquietante serie de L’orto delle bambole e delle foto sulla natura, quelle che De Biasi chiama “il terzo occhio sulla natura”, in cui il suo Cavolo rosso non può non riportarci alla mente il famoso Peperone del grande Edward Weston, per l’analoga tecnica della ripresa molto ravvicinata (lo straight approach). Mario De Biasi è tutto questo insieme: un eroico reporter e un cesellatore di immagini, animato da una vocazione a cui fu sempre destinato, da quel leggendario episodio che lo ritrae, spogliato dalla guerra di ogni suo bene, barattare buoni per vestiti con una Welta usata. E piace ricordare questo aneddoto per trovare quel non so che di magico e di unico in quest’uomo un po’ speciale, dotato di un occhio, o meglio, di un “terzo occhio”, capace di vedere oltre le cose.

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