Scagli ora la prima pietra chi non ha ucciso Flaccovio
Quando una libreria chiude siamo tutti più poveri. È un baluardo di civiltà che cede alle leggi del profitto, un sinistro segnale di desertificazione culturale
Così anche Flaccovio chiude.
Scompare un marchio storico che per più di una generazione ha incarnato l’idea stessa della libreria. È una notizia drammatica per i dipendenti e amara per tutti: la libreria Flaccovio è stata un punto di riferimento per la vita culturale di questa città, un patrimonio comune che condensava memorie collettive e ricordi personali. Palermo perde un altro frammento della propria identità. Ma in questo caso c’è anche altro.
Le librerie non sono semplici negozi. Sono una riserva di ricchezze che si offrono alla curiosità paziente di chi le visita, un rifugio dalla frenesia che si agita fuori, nel caos della strada. Qui il tempo sembra sospendersi, dilatarsi, il tempo della lettura e dei suoi segreti piaceri. E in un silenzio ovattato si consuma un assorto rito laico: prendere un libro da uno scaffale, sfogliarlo, posarlo, prenderne un altro, sfiorarne la copertina, assaporare le sensazioni tattili che i polpastrelli incontrano, scorrere l’indice, aprire una pagina a caso, cominciare a leggerla, finché la curiosità dirotta l’attenzione verso un altro titolo.
La memoria del passato, la vertigine della conoscenza, i personaggi e le loro storie, che diventano anche nostre; il gioco delle parole, le acrobazia della fantasia, la lucidità dell’intelligenza, la geografia delle emozioni: di tutto questo ogni libreria è un inesauribile serbatoio, un universo di mondi reali, inventati, sognati e deformati. Per questo quando una libreria chiude siamo tutti più poveri. È un baluardo di civiltà che cede alle leggi del profitto, un sinistro segnale di desertificazione culturale.
Una domanda però si insinua tra le pieghe di questi pensieri. È vero, una libreria oggi scompare; ma in questi anni ne sono sorte altre che molti – chi scrive è tra i molti – hanno preferito frequentare, perché più fornite, più accoglienti, più convenienti. Attori del mercato che hanno saputo reinterpretare in termini più moderni l’antico mestiere del libraio. Tutto questo ha un nome: concorrenza. E la concorrenza ha anche un lato oscuro, è una competizione spietata in cui il più debole è destinato a soccombere. Ma i suoi carnefici, in fondo, sono proprio i clienti di una volta, forse ancora legati alla memoria del suo nome, pronti ad indignarsi dinanzi alle sue saracinesche chiuse, ma conquistati dalle lusinghe di nuovi mercanti.
Dalla nostalgia per un passato nobile travolto dalla barbarie del presente, a volte, si leva il vago odore di una retorica stucchevole e ipocrita.
|
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|
GLI ARTICOLI PIÚ LETTI
-
STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia c'è un detto (davvero) bestiale: che succede se la gallina ha la "vozza china"
41.568 di Francesca Garofalo -
ITINERARI E LUOGHI
Non te l'aspetti (sicuro): c'è una siciliana tra le città italiane in cui ci si diverte di più
40.863 di Redazione -
DIARI DI VIAGGIO
Non sei ai tropici ma in Sicilia: l'acquapark (naturale) tra rocce e piante fluviali
27.797 di Santo Forlì -
CINEMA E TV
Montalbano "vince" agli ascolti ma divide il pubblico: come dice addio a Livia
27.035 di Maria Oliveri










Seguici su Facebook
Seguici su Instagram
Iscriviti al canale TikTok
Iscriviti al canale Whatsapp
Iscriviti al canale Telegram




