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Tra Tarantino e Leone

Il famoso bandito musicista El Mariachi (Antonio Banderas) viene reclutato da Sands (Johnny Deep), agente corrotto della CIA, per acciuffare il generale Marquez

  • 8 dicembre 2003

C’era una volta in Messico (Once upon a Time in Mexico)
Usa 2003
Azione
di Robert Rodriguez
con Antonio Banderas, Salma Hayek, Johnny Depp, Willem Dafoe, Mickey Rourke, Enrique Iglesias, Eva Mendes

C’era una volta El Mariachi… Correva l’anno 1992 quando un giovane e promettente regista texano “dagli occhi di ghiaccio” di nome Robert Rodriguez, con poco più di 7000 dollari, realizzava questo piccolo capolavoro western in salsa hongkonghese (interpretato dall’ottimo Carlos Gallardo). Il film raccontava le gesta di un giovane messicano che da bravo ragazzo suonatore di chitarra (un mariachi, appunto) si trasformava, per vendetta, in un agguerrito e spietato killer con una custodia di chitarra imbottita d’armi. Bella idea, bel personaggio, ottima la regia. Poi arrivò il momento di rifare il film in classico stile hollywoodiano con l’aiuto dell’amico Tarantino. Fu così che nel 1995 venne fuori Desperado (con Antonio Banderas, Salma Hayek, Steve Buscemi e Quentin Tarantino), un bel film pulp all’altezza dell’originale ma senza quel tocco naïf e splatter che aveva caratterizzato il lungometraggio precedente. Ora ecco che arriva nelle sale il terzo e conclusivo (?) atto della trilogia del Mariachi: C’era una volta in Messico.

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Il famoso bandito musicista El Mariachi (Antonio Banderas) viene reclutato da Sands (Johnny Deep), agente corrotto della CIA, per acciuffare il generale Marquez, con il quale El Mariachi ha un conto in sospeso da anni (è stato a suo tempo il responsabile dell’assassinio dell’amata Carolina, Salma Hayek), implicato in un colpo di stato organizzato dal potente Barrillo (Willem Dafoe). Il film, tanto per usare parole di Tarantino, è un “frullato di generi” (pulp, spaghetti-western, hard boiled) e avrebbe dovuto essere il Kill Bill di Rodriguez, ovvero un omaggio allo spaghetti-western di Sergio Leone (a cominciare dal titolo che rimanda a C’era una volta il west e C’era una volta in America), ma lo è stato solo in parte.

Rodriguez non è Tarantino né Leone, ma, come sempre, il divertimento puro non manca nei suoi film: notevole la scena in cui Banderas e la Hayek fuggono dal balcone incatenati, sempre ottimo il montaggio “tarantiniano” e bella l’interpretazione del solito grande Johnny Depp che qui si vede con addosso alcune sciocche (e assolutamente geniali) magliette per turisti con le scritte “CIA – Cleavage Inspection Agency” (ovvero “agenzia ispezione scollature”) e “I’m stupid”. Depp interpreta il ruolo di un corrotto agente della Cia capace di fare allegramente la festa a informatori troppo furbi e a cuochi incapaci di cucinare in maniera cristiana il maiale con chili, affezionatissimo alla tequila, ossessionato da Broadway e in viaggio con una biografia di Judy Garland.

Infine, molto spettacolari le sequenze finali della pellicola con il vendicativo Depp alle prese con un handicap non convenzionale che non vogliamo svelarvi per non togliervi il gusto della sorpresa. Nel complesso C’era una volta in Messico delude un po’ le aspettative dei rodrigueziani accaniti ma rimane un film godibile all’interno di un panorama cinematografico moderno troppo hollywoodianamente blockbusterizzato, e Rodriguez resta uno dei pochi veri geni capace di comporre le musiche, dirigere, scrivere, montare, produrre e fotografare da solo un film in stupendi raptus di autarchia. Come già detto, non sarà Tarantino o Leone ma avercene di gente come lui.

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