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Un sabato, con gli amici: un altro Camilleri

Una rimpatriata è per sette amici d'infanzia il momento dei “nodi al pettine”. Camilleri propone un taglio “teatrale” e un insolito stile asciutto e tagliente

Fabio Vento
Web developer e giornalista
  • 1 febbraio 2009

«L'età matura è il momento giusto perché i nodi vengano al pettine, gli elementi psichici si combinino apposta per precipitare, per esplodere come una miscela assai temibile con la quale un alchimista improvvido abbia giocato troppo a lungo e con troppa fortuna»: con queste parole Andrea Camilleri introduce il suo ultimo romanzo, già in libreria, “Un sabato, con gli amici”, che si innesta nel solco “libero” della sperimentazione.

Centoquarantadue pagine (17.50 euro) per l'editore Mondatori, per un romanzo che non è l'ennesimo racconto del commissario Montalbano e che ben poco ha dell’ironia colma di pietas che addolcisce le storie di Vigàta. È una rigida divisione, mutuata dal teatro, in due atti, attraversati da uno stile narrativo asciutto e “affilato”, con un rigoroso disegno della trama che sembra “chiudere” personaggi ed eventi nella rassegnata constatazione che dai propri drammi infantili non si guarisce mai del tutto.

La storia parte dall'infanzia di alcuni amici, Matteo, Gianni, Giulia, Anna, Fabio, Andrea e Renata (detta Rena), che condividono l'inquietudine di traumi e ferite profonde. Dopo un'adolescenza inquieta, segnata da turbamenti, rivolte, violente affermazioni di sé, la seconda parte del romanzo li accoglie già adulti, pacificamente adagiati in una quotidanità borghese che sembra offrire loro la tranquillità ambita. Ma una cena di rimpatriata, “condita” da un evento drammatico e inatteso, è l'occasione perchè i proverbiali “nodi” vengano al pettine: le antiche ferite, credute ormai rimarginate, riemergono prepotentemente rivelando quanto sia vano il tentativo di lenire e nascondere i traumi radicati nella propria coscienza.

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