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Non solo il Louvre, i grandi furti (d'arte) in Sicilia: cambiano i ladri ma non la storia

Dopo il furto dei gioielli di Napoleone al Louvre, ricordiamo le ferite d’arte della Sicilia. Da Caravaggio alla Dea di Morgantina, l’isola ha visto sparire opere di incredibile valore

Salvo Caruso
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  • 8 novembre 2025

Da giorni nel mondo non si parla d’altro del furto dei gioielli di Napoleone al Louvre, già ribattezzato “il colpo del secolo”. Otto pezzi preziosi rubati non da Lupin (anche se ci siamo vicini), ma da quattro uomini in gilet gialli che, con la calma di chi va a lavoro, sono saliti su un montacarichi, hanno segato una finestra, sfondato due teche e in sette minuti netti si sono portati via un tesoro.

La scena perfetta, se non fosse che la password per entrare nel sistema di sicurezza del museo più famoso del mondo era, incredibilmente, “Louvre”. Una trovata che neanche Ficarra e Picone avrebbero osato scrivere. Ma al di là della comicità involontaria, resta la tragedia culturale di tesori unici, forse già smontati e sparsi chissà dove.

Eppure, in fatto di furti d’arte, la Sicilia non è mai stata da meno. Anzi, da decenni vanta primati poco onorevoli. A Palermo nel 1969 la “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco” di Caravaggio sparì nel buio dell’Oratorio di San Lorenzo. Era una notte d’ottobre e nessuno se ne accorse fino al mattino dopo. Da allora non è mai più tornata e secondo l’FBI è tra i dieci capolavori rubati più importanti del mondo. C’è chi giura sia nascosta da qualche parte, chi dice sia stata distrutta. Ma forse, come certi amori, è destinata a restare solo un ricordo.

Poco più in là, nel cuore di Enna, la Dea di Morgantina ebbe quasi la stessa sorte. Scippata alla sua terra nel 1988 e venduta al Getty Museum di Los Angeles che non era a conoscenza della sua provenienza illecita. Nel 2006, dopo anni di indagini e diplomatici sforzi, le autorità italiane iniziarono a chiedere la restituzione della statua.

La questione sollevò un acceso dibattito sui metodi attraverso cui le opere d’arte venivano acquisite dai musei internazionali. Dopo un lungo processo legale, il Getty Museum e il governo italiano giunsero a un accordo e l'opera fu restituita al Museo Archeologico di Aidone nel 2010. Per anni i visitatori americani l’hanno ammirata senza sapere che quella bellezza apparteneva a un piccolo paese siciliano.

Sempre da Morgantina un altro tesoro, stavolta d’argento. Coppe, piatti, gioielli antichi finirono al MET di New York come fossero souvenir. Solo dopo un lungo tira e molla diplomatico anche loro tornarono a riposare ad Aidone, accanto alla Dea. 


Nel 1962 a Castelvetrano sparì l’Efebo di Selinunte, un giovanotto di bronzo elegante e misterioso. I ladri tentarono di venderlo all’estero e chiesero pure un riscatto di trenta milioni di lire. Ci vollero sei anni di indagini e un’operazione da film per riportarlo indietro. Quando nel 1997 tornò in città, la gente pianse come se fosse rientrato un figlio emigrato.

E mentre le guerre portavano via tutto, anche l’arte non fu risparmiata. Durante l’occupazione americana del 1943, dentro la Cappella Palatina di Palermo, uno dei luoghi più sacri e belli del mondo, sparirono alcuni mosaici bizantini e sostituiti con copie. Il furto avvenne in un periodo di grande fermento storico, poco dopo la resa di Palermo al generale Patton, che aveva stabilito il suo quartiere generale nel Palazzo dei Normanni.

Non meno curiosa è la storia della Trinità di Gherardo Starnina, una tavola del Trecento che viaggiò oltreoceano come fosse un pacco Amazon, venduta per mezzo milione di euro. Solo il 6 agosto 2025 è tornata al Museo Abatellis di Palermo, sopravvissuto a un lungo esilio.

Nel 2013, tre dipinti di grande valore furono trafugati dal Museo Civico “Sebastiano Guzzone” di Militello Val di Catania. Le opere, tra cui “Due bambini in stile lezioso” (ispirato a Francois Boucher), “Console Cornelio inginocchiato” (firmato G. Sciuti) e il ritratto di Gaetanina Baldanza, sono state recuperate dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale grazie a un'indagine che ha portato alla perquisizione di un garage ad Aci Castello. Nel 2023, i dipinti sono stati restituiti al Comune di Militello.

Un altro episodio inquietante riguarda i 38 reperti archeologici sottratti dal relitto della secca di Capistello, un sito archeologico di grande valore, risalente al III secolo a.C. Questi tesori vennero trafugati e finirono nell’Allard Pierson Museum di Amsterdam, identificati da Sebastiano Tusa in occasione della mostra «Mirabilia Maris». Nel 2013 furono restituiti alla Sicilia.

E persino le opere più moderne, quando si pensa che la bellezza per strada fosse al sicura , arrivò un altro furto. Nel 2015 a Palermo sparirono sei stencil di Christian Guémy, in arte C215, dedicati a Caravaggio. L'artista aveva voluto omaggiare Caravaggio realizzando dodici stencil ispirati alle opere del pittore lombardo, distribuite tra le strade e le piazze del centro storico, dalla Vucciria a Ballarò, da piazza San Domenico a piazza Indipendenza. Un vero e proprio percorso museale all’aperto, liberamente fruibile dai passanti.

Purtroppo, il percorso fù privato di sei opere, tra cui il “Bacco” vicino via Bara all’Olivella, sradicato da una porta, la “Maria Maddalena in estasi” a Borgo Vecchio, rubata da una cassetta delle lettere, e altre due opere, “La Buona Ventura” e “La Medusa”, trafugate in Vucciria.

Questi sono solo alcuni dei tanti colpi che nel tempo hanno ferito la Sicilia. Colpa del mercato nero, dei collezionisti senza scrupoli, dei tombaroli che nel Novecento saccheggiarono ogni scavo archeologico. Un fenomeno che oggi chiamiamo “archeomafia”, ma che per decenni ha significato solo una cosa, la bellezza dell’isola venduta pezzo dopo pezzo.
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