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Offrì la sua vita per salvare Termini: Stenio, il nobile patrizio che smascherò il governatore

Di lui si hanno notizie grazie a Plutarco che lo menziona nell’opera delle Vite Parallele e in particolare in quella di Angesilao e Pompeo e a Marco Tullio Cicerone che lo cita nelle Verrine

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 3 agosto 2021

Stenio in un dipinto di Vincenzo La Barbera

In epoca romana la città di Termini Imerese ebbe un ruolo fondamentale sia dal punto di vista politico che economico. Favorita dalla posizione geografica e dalla presenza di un porto, in breve tempo, Thermae Himerenses si arricchì di numerosi edifici pubblici come l’anfiteatro, il foro, le terme e lìacquedotto. Oggi di tutto questo è possibile ammirare alcuni resti sparsi per la città e numerosi reperti custoditi presso il Museo civico di città.

Tra i personaggi che si distinsero, a quel tempo, le cronache riferiscono di un patrizio di nome Stenio.

Vissuto nel I secolo a.C. la sua abitazione doveva trovarsi nel luogo dove oggi sorge la Maggior Chiesa, almeno questo secondo quanto attestato da alcune fonti del XVII secolo. Un tratto di cornice in pietra, in stile corinzio a doppia voluta, databile in età giulio-claudia, è facilmente visionabile sul lato destro del prospetto principale, incastonato alla base della torre campanaria.
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Di certo, secondo gli esperti archeologici, si tratta di una cornice che doveva appartenere ad un grande edificio o a una basilica. Lo stesso frammento marmoreo, attribuito alla cosiddetta “casa di Stenio”, fu molto apprezzata dal viaggiatore e architetto del XVIII, Jean Houel, che nel “Voyage pittoresque en Sicile” lo disegna con ad altri reperti di epoca romana.

Sul nobile patrizio termitano si hanno notizie grazie a Plutarco che lo menziona nell’opera delle Vite Parallele e in particolare in quella di Angesilao e Pompeo e a Marco Tullio Cicerone che lo cita nelle Verrine.

Plutarco lo ricorda in occasione della guerra civile dell'82 a.C., tra gli optimates, guidati da Lucio Cornelio Silla, fautore di un governo oligarchico, e i populares seguaci di Gaio Mario, sostenitore della democrazia. A quel tempo, la città di Termini, su iniziativa di Stenio, sostenne il perdente.

Così, al termine delle rappresaglie tra le due fazioni, il generale Gneo Pompeo Magno fu inviato in Sicilia da Silla, con l'incombenza di castigare tutte quelle città che avevano sostenuto Mario. La città delle terme doveva essere punita per essersi schiarata dalla parte “sbagliata”.

Il proposito di Pompeo non era dei migliori; occorreva mettere in atto un'azione di forza che fosse d'esempio per tutte le città. La Sicilia, per la sua posizione al centro del Mediterraneo, veniva considerata la testa di ponte ideale per il controllo delle coste settentrionali del continente africano, pertanto non erano ammesse insubordinazioni dei territori considerati strategici per Roma.

Ad arrestare l'impeto di Pompeo fu Stenio, che gli andò incontro prima del suo ingresso in città, assumendosi la responsabilità di aver indotto il popolo termitano a parteggiare per Gaio Mario. Il generale Pompeo apprezzò l'atto di coraggio dell'illustre termitano, evitando alla città una pesante repressione.

Scrive Plutarco: «Pompeo, dovendo punire i nemici di Silla si incontrò con il nostro Sthenis, e ammirando il suo discorso autentico e incorruttibile, lo graziò».

La seconda fonte in cui viene riportato Stenio sono le Verrine di Marco Tullio Cicerone, a proposito di in una vicenda che ha dell’incredibile perché mise a dura prova il termitano che, nonostante tutto, si distinse per la incorruttibilità e determinatezza.

Tra il 73 e il 71 a.C. Gaio Verre fu un governatore della Sicilia e sin dall’inizio del suo mandato non godette di buona fama. Così quando Verre volle impossessarsi di tre famose statue trafugate ad Himera dai cartaginesi nel 409 a.C., e successivamente restituite alla città di Terme da Scipione, l'illustre nobile, si oppose energicamente.

Stenio, così come riportato da Cicerone, venne accusato di falso in atto pubblico, con l'obbligo di versare a Venere Ericina 500.000 sesterzi. Per questo reato, egli subì un illegittimo processo, e sebbene la somma di denaro fu versata, Verre, bramoso di una rivalsa ancora più esemplare, cospirò, facendo in modo che un falso testimone corrotto, uno poco affidabile di nome Marcus Pacilius, denunciasse il nobile Stenio di delitto capitale.

Il termitano, per sua fortuna, venne difeso da Marco Tullio Cicerone e assolto da quella infamante accusa, mentre Verre venne accusato del reato di concussione per aver depredato la provincia di Sicilia, per aver distrutto le città, per aver rubato le dimore ed infine per aver svuotato i templi.

Presso la sala di rappresentanza del Comune in piazza Duomo il pittore termitano Vincenzo La Barbera, espressione principale del tardo manierismo in Sicilia, lo rappresenta nelle due circostanze riferite da Plutarco e Cicerone. Si tratta di un ciclo pittorico dedicato proprio al termitano Stenio.

Si inizia con il pannello dove il generale Pompeo viene fermato da Stenio, poi quest’ultimo nell’atto di opporsi alla rapacità di Verre; ancora Stenio accusato da Verre, ed infine Stenio difeso da Cicerone.
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