CINEMA E TV
Palermitano, volto magnetico da film d'autore: Lo Piccolo protagonista al cinema
È stato Bocca di Falco nelle due stagioni di "The Bad Guy" con ruoli nei film di Ciprì e Maresco, ora si cimenta da protagonista nel lungometraggio girato nella sua città
Giuseppe Lo Piccolo(foto di Nicolò Ferrara)
Il film è "Storia d’amore di un uomo che balla", di Cosimo Gomez, una co-produzione italo-cilena firmata Tramp Limited, Qualityfilm e 17 Films, con il contributo del Ministero della cultura, tratto dall’omonimo libro dell’autore cileno Hernán Rivera Letelier, «Historia de amor con hombre bailando» e scritto da Cosimo Gomez insieme alla penna del bagherese Paolo Pintacuda.
«È la mia prima volta come protagonista in un lungometraggio – racconta Lo Piccolo, con una frattura nella voce che svela la reale emozione dell’ultimo, frenetico periodo della sua vita – . Con umiltà dico che ho studiato tanto, e che ho un viso molto particolare. Appena vedono la mia faccia, e mi vedono pure recitare – perché detto inter nos, me la spirugghio – c’è qualcosa che elettrizza i registi, o i casting director. Sto avendo poi anche la fortuna di cominciare a fare ruoli sempre più grossi, e quindi nell’ambiente il nome gira. Da attore giovane che viene dalla Sicilia questa cosa non fa che onorarmi».
Proprio di recente, Lo Piccolo è stato nel delirante "Un film fatto per Bene" di Franco Maresco (era lui una delle "vittime" delle sperimentazioni del regista palermitano), ha avuto un piccolo ruolo nell’internazionale «In the Hand of Dante», di Julian Schnabel, al fianco del protagonista, Oscar Isaac, e in "Immaculate", con Sydney Sweeney, per la regia di Michael Mohan, ma non solo.
È stato Bocca di Falco nelle due stagioni di "The Bad Guy" – la serie diretta da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, in cui recitava al fianco di attori del calibro di Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta e Fabrizio Ferracane – ma anche uno degli uomini a bordo del Comandante Cappellini, il sommergibile capitanato da Pierfrancesco Favino in «Comandante» di Edoardo De Angelis.
Tutte parti che hanno costruito un lungo curriculum e che adesso sfociano in un film da protagonista assoluto: «È qualcosa di magico e poetico – racconta Lo Piccolo – che sento proprio addosso. Il personaggio, Ferdinando Nobile, ha una certa eleganza, che io un po’ ho sempre sentito in me. È anche un’occasione per parlare in spagnolo, una lingua che avevo studiato all’università, e che qui ho rispolverato perché sono un italiano che se ne va a vivere in Cile e quindi parla una sorta di italo-spagnolo, o ancora meglio un siculo-spagnolo. E per girare siamo veramente andati in Cile per un mese e mezzo: mi hanno affiancato grandi attori e grandi attrici cileni, che lì sono davvero delle star nazionali. Ferdinando Nobile è una parte per cui mi sono dovuto preparare per due anni.
Dal momento in cui ho saputo che forse mi volevano, quindi prima di essere seguito dall’insegnante che mi ha mostrato le coreografie del film, tanto era l’entusiasmo che ho iniziato a ballare tango per impararlo, anche se non avevo ancora la conferma che la parte fosse mia». Per Lo Piccolo è anche la prima volta con Cosimo Gomez, il regista di «Il mio nome è vendetta», il film uscito su Netflix a fine 2022, che vede nel cast Alessandro Gassman, Ginevra Francesconi e Alessio Praticò: «Io e Cosimo siamo diventati un tutt’uno, si è creato un rapporto speciale in cui lui pensa a un’imbeccata da darmi e ancora prima che lui la dica io la sto facendo, come se ci leggessimo nel pensiero.
Sono cose che capitano quando ci si capisce perfettamente, quando si ha la stessa sensibilità verso certe cose, quando si seguono gli stessi tempi cinematografici, ci si aspettano le stesse reazioni dal personaggio». Ma "Storia d’amore di un uomo che balla" non è solo un insieme di prime volte: Giuseppe Lo Piccolo ha infatti ritrovato sul set Anita Pomario, l’attrice che in «L’amore che ho» di Paolo Licata interpreta una giovane Rosa Balistreri, e che aveva già recitato con lui in passato.
«Abbiamo girato insieme «Stranizza d’amuri» di Beppe Fiorello. Qui siamo una coppia che vive a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, e insieme ci trasformiamo. Stiamo creando un amore che fa piangere chi guarda le scene, molto delicato, in sintonia, umanamente stiamo molto bene, a livello artistico siamo molto allineati, molto insieme». Al centro del film, una storia d’amore e di fuga, un viaggio in Cile, dove Giuseppe/Ferdinando ha un parente. Ma il punto di partenza è la Sicilia, una Sicilia «barocca – racconta Lo Piccolo – contrapposta ai colori del Sudamerica, ai deserti del Cile del nord, ai tramonti, alla luna più bella del mondo, che ho visto in Cile. In Sicilia abbiamo girato tra chiese e piazze tipicamente "nostre", architetture cariche che fanno da contraltare ai paesi cileni abbandonati da cinquant’anni.
Per diversi giorni siamo stati a lavorare in un avamposto che era popolato soltanto da chi lavorava in miniera, poi ci siamo spostati in scheletri di paesi, è un film che gioca sui contrasti, sulla magia della contrapposizione». Prima di finire sul set del suo primo film da protagonista, quasi come fosse un rito di preparazione, la vita di Giuseppe Lo Piccolo è stata ridefinita da quelle che sono state definite da lui stesso due «esperienze surreali», e cioè il lavoro prima al fianco di Daniele Ciprì (nel suo cortometraggio «Enif al», datato 2023) e poi con Franco Maresco (come già detto, per «Un film fatto per Bene»): «È stato stranissimo. Sono due personaggi molto diversi, che hanno però una poetica molto simile. Quando vedi il loro immaginario, anche se non lavorano più insieme da tempo, vedi che vanno comunque insieme verso la stessa cosa. Ho sognato e sperato che decidessero di tornare insieme, quasi a fare un saluto al cinema. E mi sono sentito – confessa l’attore – ignorante rispetto alla cultura cinematografica, musicale, letteraria che hanno.
Da parte loro è un continuo citare opere che io non conoscevo completamente, ogni due e tre Maresco mi chiedeva “Dovresti fare come in quel film lì, degli anni Trenta, hai presente?”. E io: “Franco, ma chi l’ha visto mai? Solo tu”. Li stimo tantissimo. Il loro cinema è la mia anima artistica, e l’ultimo lavoro di Franco ha un valore molto grande».
«Un film fatto per Bene», in cui Lo Piccolo interpreta l’attore sotto pressione e senza guide Mariano Mascellino, è un’odissea in un mondo che non esiste più, e di riflesso diventa il racconto di una Palermo che sparisce, che sprofonda, che è costruita ormai dentro un cratere nucleare. Tanto racconta Maresco. E il punto di vista di Lo Piccolo, seppur più ottimista, non si discosta molto dal suo maestro: «La città sta sprofondando e facciamo finta di nulla, andiamo avanti come pecoroni. Vuoi o non vuoi, io e Franco siamo in due fasi della vita diverse, quello che lui ha vissuto trent’anni fa io lo sto vivendo adesso, non la penso come lui, però mi rendo conto di come lui possa avere ragione avendo un’esperienza trentennale, diversa dalla mia.
Franco è uno di quelli che pensano che ormai è tutto finito. Io no, direi una bugia, ho tanta speranza. Palermo per me è l’amore della mia vita, però la vedo trasandata, è come se stesse sprofondando, e questa cosa mi dispiace da morire, basta fare una passeggiata per accorgersene, o leggere i fatti di cronaca degli ultimi giorni, non sono neanche casi isolati, è qualcosa che diventa routine, sistema, ci sono persone che manifestano la loro esistenza così, distruggendo e sparando».
E non è un caso che questo sfacelo che impoverisce Palermo da un punto di vista culturale sia collegato proprio all’ulteriore impoverimento di un’industria – quella del cinema, parte del grande indotto culturale di un Paese – che in Italia è da diverso tempo in crisi. Giusto negli scorsi giorni, è stato annunciato un altro taglio al fondo Cinema e Audiovisivo con la nuova legge di bilancio: «In questo periodo storico – dice Lo Piccolo – l’industria arranca in sé e per sé. Io mi sono trasferito a Roma perché continua a essere l’epicentro dell’industria, qui ci sono ancora tutte le case di produzione, anche alcune palermitane hanno degli uffici in Sicilia e poi le sedi in cui si fanno le riunioni a Roma. I provini li fai a Roma.
La Sicilia ospita i set, e mi piacerebbe che tutto partisse più da lì, ma mi rendo conto delle difficoltà oggettive, in questo momento non è pronta ad accogliere l’industria, qualora ci fosse la possibilità serviranno degli anni per montare un sistema». E anni per risanare la falla che si sta creando: «Ormai fai soltanto film in cui già all’inizio ti dicono che non hanno una lira, è un fatto storico».
Ma Giuseppe Lo Piccolo non perde di mira l’obiettivo: crescere di continuo. «In Italia mi piacerebbe lavorare con Garrone, nel suo cinema un po’ crudo, un po’ scheletrico». E fuori? «A livello internazionale sogno di lavorare con Paul Thomas Anderson, per me il suo cinema è qualcosa di incredibile, poi lui lavora sempre con le facce, con questi visi…».
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