STORIE
Per i grandi artisti è un "numero uno": chi è Massimo, gira il mondo ma resta a Palermo
Massimo Tomasino ha collaborato con artisti come Nile Rodgers e Venditti (a cui ha persino salvato la vita). Nonostante tutto, ha scelto di vivere nella sua città
All'estero ha collaborato con nomi eccellenti come Nile Rodgers, George Benson, Peter Gabriel e tanti artisti gli affidano i propri tour, per creare quei giochi di luce ed effetti che sorprendono il pubblico e valorizzano l'intero spettacolo.
Il suo è un percorso scandito dalla volontà e dalla passione. Appena diplomato inizia a collaborare con il Teatro Libero, occupandosi dell'amministrazione e del botteghino.
In estate fa il runner o il facchino per i grandi concerti in arrivo a Palermo: Duran Duran, Spandau Ballet, Zucchero, Frank Sinatra. A fine turno, spesso rimane a guardare i tecnici, affascinato da quel lavoro e se capita si offre di aiutare, iniziando a imparare e a scoprire la sua grande passione per le luci.
«In teatro venivano compagnie da tutto il mondo e stando accanto a lighting designer affermati cercavo di rubacchiare il mestiere – ricorda – poi mi documentavo, ma era difficile e non c'era neppure internet. Studiavo, perché sono stato sempre “smanettone”, ma mi sono formato sul campo; ho lavorato con artisti, coreografi e registi di tutto il mondo, cercando ogni volta di imparare qualcosa e di usare l'esperienza che già avevo».
Tomasino è un autodidatta, ha osservato tanto e ha imparato da solo. In seguito ha approfondito l'uso dell'illuminotecnica e per tanti anni è stato anche docente presso l'Accademia di Belle Arti.
È un grande Maestro della luce, capace di creare sul palco un'atmosfera speciale e scenografie incredibili e di vestire di energia o di poesia ogni canzone.
Oggi il suo nome è fra i preferiti da tanti artisti. Riesce a costruire il movimento della luce con la morbidezza e la sensibilità che ha acquisito in teatro e che l'ha differenziato da altri colleghi. Il teatro è sempre la sua passione «però nei concerti mi diverto e sfrutto al massimo la mia creatività – spiega – credo che chi viene dal teatro può fare un po' tutto e usare quella sensibilità in altri ambiti, anche nel rock, invece il contrario è più difficile».
Racconta che studia ancora, perché il progresso tecnologico è veloce, ogni semestre esce qualcosa di nuovo e soprattutto perchè gli artisti, ad ogni tour, chiedono sempre qualche novità, qualche chicca che possa sorprendere il pubblico. «Ma lighting designer si nasce – dice – è un'attitudine che si ha dentro, come per la pittura; è uno dei tanti modi di essere artisti, io mi esprimo con la luce, mostrandola al pubblico».
Un fiore all'occhiello è la collaborazione con Nile Rodgers, che lo ha voluto al sui fianco per tanto tempo. La prima volta fu chiamato per una sotituzione dell'ultimo momento al concerto di Londra, senza conoscere lo show e a fine concerto fu convocato dal suo manager.
«Rodgers aveva in mano il telefono, guardava i video di ciò che avevo realizzato. Io pensavo di giustificarmi per qualche errore, ma avevo fatto tutto ciò che potevo. Invece si è rivolto al suo manager e ha detto: “this is my man”, questo è il mio uomo, e ha aggiunto “sembra che conosci lo show da una vita, hai fatto meglio di chi stava al tuo posto, io voglio te”.
E fino al 2018 ho lavorato tanto con lui – continua – abbiamo girato il mondo, è stato bellissimo. In scaletta c'erano molti brani prodotti da lui, dagli Chic di cui fu fondatore a Let's dance di David Bowie, Like a virgin di Madonna e poi Duran Duran, Daft Punk. C'è una videointervista in cui gli chiedono “Di chi ti avvali a livello tecnico?” E lui risponde: “Solo dei numeri uno”. L'ho salvata e conservata, per me è un grande onore».
Massimo Tomasino è ormai “lighting and show designer”, poiché non si occupa solo delle luci, ma dell'intero progetto. Oltre ai clienti abituali consolidati negli anni, che si fidano di lui, di solito a chiamarlo è la produzione o direttamente l'artista.
«Nei live parto dal titolo del tour e da cosa vuole comunicare l'artista – afferma – realizzo due o tre progetti in 3D, con scenografie, palco, disposizione dei musicisti e tutta l'illuminazione, utilizzando un programma innovativo, che comprende tutte le luci presenti sul mercato e ogni anno si aggiorna. Preparo lo show a casa mia, in studio, in maniera virtuale, poi arrivo sul posto con la chiavetta e ce l'ho già sul palco».
Scelto il progetto, brano per brano costruisce la scenografia, l'effettistica, tutto lo show, quindi consegna alla produzione l'esecutivo, che il service monterà come predisposto.
«Ovviamente non è sempre così semplice – dichiara – a volte non si è d'accordo su qualcosa e nascono contrasti molto forti, soprattutto nelle nuove collaborazioni. Un artista mi ha chiesto di cambiare le luci perché tifoso di una squadra e in scena c'era il colore della squadra antagonista. Ma io creo le luci che sento idonee, mi arrabbio se un artista, su un brano, vuole un colore che non c'entra nulla, gli dico di chiamare qualcun altro perché io quel progetto non lo firmo».
Nel 2019 è finito sui giornali per aver salvato la vita ad Antonello Venditti. «Eravamo al Palalottomatica di Roma – ricorda – a cena dopo le prove, Venditti si è affogato con un pezzo di carne ed è diventato viola. Hanno chiamato l'ambulanza, ma lui già non respirava, allora l'ho sollevato e ho eseguito la manovra di Heimlich.
Non è stato né facile né veloce, ma alla fine sono riuscito a fargli espellerie quel boccone. Il giorno dopo, durante il concerto, ha detto “canto un po' male, perchè Max Tomasino oltre a salvarmi la vita, mi ha distrutto una costola”. Poi è uscito su tanti giornali e mi hanno pure invitato in tv».
Ascoltandolo si capisce che è entusiasta del proprio lavoro, gli piace ogni aspetto, anche essere sempre in giro. E se quando è stanco non vede l'ora di fermarsi, poi non vede l'ora di ripartire.
Tomasino ha girato tanto, ha avuto la possibilità di guadagnare molto, soprattutto all'estero, ha vissuto a Milano e a Roma, (dove tuttora ha uno studio), ha detto no ad artisti internazionali, rinunciando anche a compensi molto alti, perché significava stare molto tempo fuori dall'Italia.
«Ho tentato, ma non ce l'ho fatta, dopo un po' di tempo iniziavo a stare male, mi mancava qualcosa – spiega – ancora oggi stare fuori dalla mia città mi fa soffrire, dopo qualche settimana mi manca guardare il mare, mi manca la mia Palermo. Mia moglie è d'accordo con me, amiamo la nostra città e di comune accordo abbiamo deciso di restare a vivere qui».
Massimo è sposato con Claudia da trentacinque anni e hanno due figli. «Non nascondo che ci sono stati momenti difficili – confida – e lei è stata molto brava a gestire il nostro rapporto. Durante un tour con Christian De Sica arrivava a sorpresa, al telefono diceva “faccio la spesa e torno a casa” e due minuti dopo era davanti a me. Adesso che i figli sono cresciuti, mi segue spesso in tour e ormai è diventata amica degli artisti con cui lavoro».
Negli scorsi mesi, in studio a Palermo, Massimo Tomasino ha preparato il progetto dei nuovi tour di Loredana Bertè e di Umberto Tozzi, che girerà tutto il mondo con l'orchestra. Intanto è inziato il nuovo tour di Venditti.
Mi racconta con rammarico di lavorare raramente a Palermo, perché non ci sono molti teatri oppure non ci sono i budget.
«Mi dispiace molto, perché vorrei restare più tempo nella mia città e lavorare di più per la mia città, invece quando torno qui mi chiudo nella mia villa e preparo i lavori da portare altrove». E aggiunge «A volte mi chiamano, faccio i miei preventivi, che non sono alti, sono nella norma, ma non c'è l'abitudine di commissionare un progetto, così preferiscono affidarsi ad altri».
Invece accade che la Rai lo chiami per alcuni eventi televisivi realizzati in Sicilia oppure che un artista chieda alla produzione di togliere parte del proprio budget per avere lui. «Perché spesso chi sta sul palco sa che ci sono mestieri come il nostro – conclude – che in uno show possono davvero fare la differenza».
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