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Pupi e cavalieri rivivono nelle sue opere: chi è lo scultore che racconta (l'antica) Palermo

Nell'atelier di Giovanni Lo Verso, in piazza Rivoluzione, che crea sculture dalla grande cifra empatica, rielaborando temi della cultura popolare in chiave originale

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 19 giugno 2023

Giovanni Lo Verso nel suo atelier a Palermo

Dal suo atelier traguarda il Genio della Fieravecchia e dopo gli ultimi anni in cui si è diviso con slancio prevalente alle attività dello spazio culturale Arèa, Giovanni Lo Verso è tornato a plasmare opere scultoree dalla grande cifra empatica nel solco degli insegnamenti ricevuti alla fine degli anni Novanta presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo all’interno della cattedra di Scultura del grande maestro Totò Rizzuti.

Impossibile non rimanere affascinati dalle sue creazioni mutevoli, ancorate a un registro formale chiaro e autografo in cui la ricerca avanzata nell’ultimo decennio almeno sublima l’aspirazione di Lo Verso a rimanere universale nel recinto della scultura di figura, bensì dichiaratamente locale dove poter dar forma a ciò che respira, conosce, rielabora, amplificando il focus della propria poetica espressiva.

Occhi allenati a riconoscere la bellezza ovunque essa sia e mani affinate al controllo di masse immaginate poco prima nella sola mente dell’artista, fanno della ricerca di Lo Verso uno di quei punti notevoli del caleidoscopio della poetica artistica palermitana di esemplare bellezza.
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Una ricerca lenta, meditata e altamente seduttiva che scandaglia la figura umana rielaborando temi della cultura popolare come pupi e cavalieri, l’invenzione personale nella serie di Mollia (empatico personaggio interamente tondeggiante dai grandi occhi appena incisi e dalla pelle levigatissima).

Si concentra sulla porzione evocativa del viso nella serie suggestiva dei Volti cubici, vero e proprio terreno di ricerca “carsico” degli ultimi anni, mai sopito e adesso tornato ad emergere con forza dirompente e continui salti di scala in cui ogni cubo diviene una persona “squadrata” per cinque dei sei lati in cui la componente fisiognomica collima a definire l’interezza del ritratto proposto nutrendosi della grande immaginazione dell’artista.

Non a caso Lo Verso parla di «importanza basilare delle geometrie latenti in scultura» e di quelle «energie liberate» propugnate da Michelangelo come vera mission compositiva dello scultore di ogni tempo. E così continua a fare Lo Verso che compone, disgrega e aggrega masse, sottrae grumi, raccoglie vuoti generatori d’ombre, libera e libera nuovi personaggi dall’inerzia della materia grezza generando nel fruitore nuove energie distensive di adesione all’opera e dunque, alla sua poetica autentica.

Poetica riconoscibile e mai banale, frutto di studi appassionati e di quella consapevolezza animata dal bisogno di "fare" di quella che l’artista sottolinea "felicità creativa".

Con un ventennio di attività creativa a supporto delle scenografie per teatro e cinema, l’artista ha intrapreso la strada feconda dell’arte scultorea tout court e non sembra volerla più limitare.

La sua recente partecipazione a "Experience the unspoken" presso Palazzo Merlo si insinua nel solco di una rinnovata volontà di creare per il pubblico in direzione, molto presto, di una personale, che sappia legare insieme i salienti di quella personale ricerca artistica che parla di Panormus attraverso la lingua universale della pienezza scultorea.
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