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Quella "fuitina" da Monreale a Torino: la vita libera e (dolorosa) della scrittrice Patty

Patty Li Vecchi ha lasciato la sua amata Monreale più di trent'anni fa per amore ma ha portato con sé un grande dolore, causato da una serie di incomprensioni familiari

  • 3 gennaio 2022

Patty Li Vecchi

A volte si lascia la propria terra per cercare lavoro altrove, altre perché non si riesce ad avere un rapporto sereno con la famiglia d'origine, e per tanti altri motivi. Patty Li Vecchi ha lasciato la sua amata Monreale più di trent'anni fa per amore ma ha portato con sé un grande dolore, causato da una serie di incomprensioni familiari.

Vive a Torino da anni ormai, ma racconta della sua ''fuitina'' con grande entusiasmo: «Ero una ragazza ribelle, sono una figlia ribelle», mi dice. Monreale era troppo piccola per i suoi sogni di bambina dotata di grande fantasia, per le sue aspirazioni, per la sua sete di vita. Patty è andata via con il cuore in mano: «Mi è andata bene, sono scappata con una persona che ho amato e continuo ad amare dopo 35 anni», racconta.

Si è lasciata alle spalle una famiglia che non ha accettato le sue scelte: «Ho ricordi d'infanzia belli e brutti, ma la cosa che mi è mancata di più erano le carezze di mia madre, carezze che invece avevo da mio padre - racconta - Monreale ai tempi era una cittadina bigotta, io avevo voglia di vedere il mondo, le mie sorelle invece accettavano questa situazione, io no, spaziavo con la fantasia». Patty non ha più sentito le sorelle, nonostante abbia anche fatto intervenire ''C'è Posta per Te''; con il fratello, invece, ha mantenuto un buon rapporto.
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Arrivati a Torino, a circa vent'anni, lei e l'uomo che è diventato suo marito, cercano lavoro, fanno di tutto pur di essere finalmente autonomi. Con l'aiuto di una zia, che li ha ospitati inizialmente, in poco più di due settimane hanno trovato lavoro: «Facevo tre lavori, siamo partiti con niente, mangiavamo pane e formaggino. Ho fatto di tutto, assistenza ad anziani, pulizie, l'importante era guadagnare, poi ho trovato lavoro in un'azienda», racconta.

La forza d'animo non le è mai mancata, anche quando cinque anni fa ha scoperto di avere il cancro e lo ha sconfitto, adesso non ha più bisogno di fare la chemioterapia, ma mi dice con commozione che a volte era quasi contenta di stare male, perché poteva incontrare sua madre. Negli ultimi anni, infatti, il rapporto con la madre era migliorato.

Un episodio che ha sconvolto la sua adolescenza è legato al suo diario segreto, quello in cui annotava le sue emozioni, le sue verità più intime: «Ho iniziato a scrivere quando a 14 anni avevo il mio diario, che mi è stato preso, me lo hanno strappato insieme all'anima mia... mi sono bloccata per tanto tempo», racconta.

Tuttavia, quella voglia di raccontare che si era interrotta tanti anni fa è esplosa nuovamente dopo la morte di sua madre: «Dopo la morte di mia madre, mi è venuta una grande rabbia e ho ricominciato a scrivere fiabe e libri per bambini (ho anche un canale Youtube per bambini) e adesso sto spaziando», racconta.

Da sempre legata alla figura di suo padre, ha scritto una biografia, ''L'uomo dei campi'': «La biografia di papà è venuta fuori così, in men che non si dica, ho pianto ogni singolo giorno mentre scrivevo, perché lui è stato il mio punto fermo» - racconta - «I veri princìpi me li ha trasmessi mio padre, che si svegliava alle 4 del mattino e andava a zappare la terra».

I dissapori familiari e la distanza hanno portato Patty a ritrovare il suo antico sogno e realizzarlo, le parole non hanno confini e lei adesso è libera di esprimersi e di raccontare la sua vita, per dare forma al suo dolore e allontanarlo, accompagnata dalla forza della sua famiglia, composta da suo marito e sua figlia. In questo percorso di scrittura è stata aiutata tanto dalla sua editor, Giusy Viro.

Lo sfondo dei suoi racconti è sempre la Sicilia: «È la mia anima, è il mio stesso essere. Non posso scrivere se non ho in testa il profumo delle zagare, delle strade, i marciapiedi lisci, è il centro di tutto. Nei miei pensieri vedo sempre la Sicilia, in quell'angolino dove venivo chiusa, perché considerata ribelle», racconta con nostalgia e amarezza.

E se le parole servono per esorcizzare il dolore, la storia di Patty ne è un esempio. Salutiamo Patty, nell'attesa che venga pubblicato il libro che racconta la sua storia.
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