Querce secolari e panorami che profumano di bosco: rinasce una sughereta in Sicilia
Prende forma un modello di gestione forestale che unisce tutela ambientale, sviluppo locale e turismo sostenibile. Diventa così un modello replicabile anche in altre regioni
									La sughereta di Geraci Siculo
				Sulle alture verdi delle Madonie, tra querce secolari e panorami che profumano di bosco, abeti dalla storia millenaria e altre piante che sono sopravvissute a devastazioni e incendi, prende forma un modello di gestione forestale che unisce tutela ambientale, sviluppo locale e turismo sostenibile.
È il caso della sughereta di Geraci Siculo e Castelbuono, protagonista del progetto “Interventi ed azioni per la tutela e la ricomposizione di habitat degradati in zona speciale di conservazione ITA020020 – Querceti sempreverdi di Geraci Siculo e Castelbuono”. Questo progetto, paventato da anni, è finanziato dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente nell’ambito del Piano di Sviluppo e Coesione 2014–2020 e si inserisce nelle azioni previste dal quadro europeo della Rete Natura 2000, dedicata alla salvaguardia degli ecosistemi più preziosi. Presentato nel convento dei Padri Agostiniani di Geraci Siculo, esso rappresenta anni di lavoro con esperti del settore forestale e docenti universitari.
«Il recupero della nostra sughereta è un progetto fondamentale – afferma Luigi Iuppa, sindaco del borgo madonita, tra i comuni più belli della nostra Sicilia – perché rappresenta uno degli elementi identitari del nostro territorio, insieme alla montagna. Non si tratta solo di un intervento fitosanitario, ma di un’azione di valorizzazione che apre alla fruizione turistica e culturale. Un modello replicabile anche in altre regioni d’Italia». Secondo il piano, la prima fase del progetto ha interessato circa il 40% della superficie complessiva della sughereta di Geraci e Castelbuono, con interventi mirati alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio vegetale, in un’ottica di gestione integrata del paesaggio.
Le ragioni che hanno portato alla promozione di questo progetto sono diverse. Innanzitutto la costante minaccia dei parassiti emiparassiti, in particolare vischio e loranto, appartenenti alla famiglia delle lorantacee, che colpiscono circa il 50% delle sughere del territorio madonita. Una vera e propria spada di Damocle a cui anni fa i botanici siciliani avevano dedicato persino una proposta di eradicazione. «L’obiettivo principale – spiega Vincenzo David, agrotecnico – è stato ridurre l’impatto del vischio, un arbusto che si attacca ai rami delle querce da sughero, sottraendo acqua e nutrienti e compromettendo la vitalità della pianta».
La seconda ragione che ha portato gli scienziati ad unirsi per proporre questo progetto sono gli incendi, che negli ultimi anni hanno minacciato di devastare il cuore stesso del Parco delle Madonie. Le operazioni previste dal progetto - potature selettive, tagli mirati, disinfezione con solfato ferroso e sigillatura con mastici protettivi per prevenire la ricrescita dei parassiti – possono sembrare semplici, ma esse sono fondamentali per migliorare lo stato di salute della sughereta.
A completamento di queste operazioni il progetto prevede anche una campagna di sensibilizzazione, alcuni lavori di decespugliamento e la realizzazione di recinzioni protettive, oltre che la ricostruzione di un canale idrico che porterà l’acqua dalle sorgenti alle vasche di raccolta. «Gestire i boschi in modo sostenibile è oggi una priorità assoluta – sottolinea Donato La Mela Veca, docente di Selvicoltura all’Università di Palermo –. L’abbandono delle aree forestali favorisce il degrado e aumenta la vulnerabilità ai disturbi naturali, come incendi o dissesti idrogeologici. Mantenere in salute una sughereta significa preservare biodiversità, regolare il clima e difendere il suolo dall’erosione».
Il docente ricorda che il bosco non è solo un insieme di alberi, ma un ecosistema complesso, capace di fornire servizi ecosistemici indispensabili alla vita sul pianeta. Alle riflessioni si unisce Tommaso La Mantia, esperto di ecologia forestale dello stesso ateneo: «Le sugherete hanno un valore duplice: economico e naturalistico. Producono sughero, una risorsa rinnovabile di alto pregio, ma rappresentano anche habitat vitali per numerose specie animali e vegetali. Tuttavia, se non curate, diventano fragili: un bosco abbandonato rischia di trasformarsi in un bosco bruciato. La manutenzione è, dunque, un atto di responsabilità ambientale».
			
							È il caso della sughereta di Geraci Siculo e Castelbuono, protagonista del progetto “Interventi ed azioni per la tutela e la ricomposizione di habitat degradati in zona speciale di conservazione ITA020020 – Querceti sempreverdi di Geraci Siculo e Castelbuono”. Questo progetto, paventato da anni, è finanziato dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente nell’ambito del Piano di Sviluppo e Coesione 2014–2020 e si inserisce nelle azioni previste dal quadro europeo della Rete Natura 2000, dedicata alla salvaguardia degli ecosistemi più preziosi. Presentato nel convento dei Padri Agostiniani di Geraci Siculo, esso rappresenta anni di lavoro con esperti del settore forestale e docenti universitari.
«Il recupero della nostra sughereta è un progetto fondamentale – afferma Luigi Iuppa, sindaco del borgo madonita, tra i comuni più belli della nostra Sicilia – perché rappresenta uno degli elementi identitari del nostro territorio, insieme alla montagna. Non si tratta solo di un intervento fitosanitario, ma di un’azione di valorizzazione che apre alla fruizione turistica e culturale. Un modello replicabile anche in altre regioni d’Italia». Secondo il piano, la prima fase del progetto ha interessato circa il 40% della superficie complessiva della sughereta di Geraci e Castelbuono, con interventi mirati alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio vegetale, in un’ottica di gestione integrata del paesaggio.
Le ragioni che hanno portato alla promozione di questo progetto sono diverse. Innanzitutto la costante minaccia dei parassiti emiparassiti, in particolare vischio e loranto, appartenenti alla famiglia delle lorantacee, che colpiscono circa il 50% delle sughere del territorio madonita. Una vera e propria spada di Damocle a cui anni fa i botanici siciliani avevano dedicato persino una proposta di eradicazione. «L’obiettivo principale – spiega Vincenzo David, agrotecnico – è stato ridurre l’impatto del vischio, un arbusto che si attacca ai rami delle querce da sughero, sottraendo acqua e nutrienti e compromettendo la vitalità della pianta».
La seconda ragione che ha portato gli scienziati ad unirsi per proporre questo progetto sono gli incendi, che negli ultimi anni hanno minacciato di devastare il cuore stesso del Parco delle Madonie. Le operazioni previste dal progetto - potature selettive, tagli mirati, disinfezione con solfato ferroso e sigillatura con mastici protettivi per prevenire la ricrescita dei parassiti – possono sembrare semplici, ma esse sono fondamentali per migliorare lo stato di salute della sughereta.
A completamento di queste operazioni il progetto prevede anche una campagna di sensibilizzazione, alcuni lavori di decespugliamento e la realizzazione di recinzioni protettive, oltre che la ricostruzione di un canale idrico che porterà l’acqua dalle sorgenti alle vasche di raccolta. «Gestire i boschi in modo sostenibile è oggi una priorità assoluta – sottolinea Donato La Mela Veca, docente di Selvicoltura all’Università di Palermo –. L’abbandono delle aree forestali favorisce il degrado e aumenta la vulnerabilità ai disturbi naturali, come incendi o dissesti idrogeologici. Mantenere in salute una sughereta significa preservare biodiversità, regolare il clima e difendere il suolo dall’erosione».
Il docente ricorda che il bosco non è solo un insieme di alberi, ma un ecosistema complesso, capace di fornire servizi ecosistemici indispensabili alla vita sul pianeta. Alle riflessioni si unisce Tommaso La Mantia, esperto di ecologia forestale dello stesso ateneo: «Le sugherete hanno un valore duplice: economico e naturalistico. Producono sughero, una risorsa rinnovabile di alto pregio, ma rappresentano anche habitat vitali per numerose specie animali e vegetali. Tuttavia, se non curate, diventano fragili: un bosco abbandonato rischia di trasformarsi in un bosco bruciato. La manutenzione è, dunque, un atto di responsabilità ambientale».
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