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Qui i siciliani si sentono meno lontani da casa: un luogo "mistico" da scoprire a Roma

In una delle vie più belle di Roma, che dal cuore dello shopping porta alla meravigliosa fontana del Tritone c’è la "Chiesa dei Siciliani", poco conosciuta e da non perdere

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 17 novembre 2021

L'Arciconfraternita della chiesa dei siciliani a Roma

La tradizione vuole che la prima immagine della Madonna sia stata dipinta da San Luca. Il suo Vangelo ha una narrazione quasi storica, "plastica", inevitabile quindi, che abbia sentito il bisogno di trasmettere quali erano le sembianze di una dei protagonisti, Maria.

Da questa prima immagine dipinta, la tradizione attesta due riproduzioni che confluiranno nell’raffigurazione dell’Odigitria (Colei che indica la via). Forse non tutti sanno che Santa Maria di Odigitria, è la protettrice della Sicilia.

Venerata un po' ovunque, da Palazzolo di cui fu la Patrona sino al 1688, a Piana degli Albanesi, Calascibetta, Vizzini e tante altre, seppur in maniera minore rispetto ai rispettivi Patroni.

La sua immagine è diversa rispetto a quella bizantina: Maria è seduta con il Bambino su una cassa portata a spalla da due santi Monaci chiamati i “Calogeri”.

La Signora della "Nazione Sicilia" come viene chiamata, che nell’iconografia più diffusa indica con una mano il Bambino che stringe le Sacre Scritture, non poteva che estendere la sua protezione e aiuto, anche per i Siciliani lontani dalla loro terra.
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Così, in una delle vie più belle di Roma, che dal cuore dello shopping porta alla meravigliosa fontana del Tritone, proprio di fronte alla sede dello storico giornale Il Messaggero, c’è la Chiesa dei Siciliani, eretta nel 1594.

Tutto ha inizio con la nascita della Confraternita di S. Maria d’Odigitria di Costantinopoli. Un'aggregazione di oriundi siciliani che con il loro modesto patrimonio si occupavano di opere di carità.

A Roma erano tempi particolari, nel 1527 la città aveva subito il saccheggio dei Lanzinecchi, c’era stato il processo con la decapitazione di Beatrice Cenci e la condanna al rogo di Giordano Bruno.

Periodo che vide anche il trionfo del Rinascimento, con la costruzione della Basilica di San Pietro, delle sedi del Potere cittadino, e il fastoso giubileo del 1600 con la presenza nell’Urbe di mezzo milione di pellegrini.

La storia di questa piccola comunità cambiò con l’arrivo a Roma, di un "Gentiluomo Siciliano", Uomo di Chiesa, Don Matteo Catalano da Palazzolo Acreide.

Nel Comune aveva promosso la devozione dell’Oditrigia, che volle portare anche a Roma dove si trasferì. Nella città entrò in contatto con Antonio Lo Duca di Cefalù, fautore dell’edificazione di una Basilica sui resti delle terme di Diocleziano e San Filippo Neri.

Catalano attinse al patrimonio personale, per la costruzione della Chiesa dei Siciliani, di un Ospizio (ospedale per gli indigenti) e di un alloggio per pellegrini.

L'attività dell’Arciconfraternita crebbe nel tempo, portando privilegi e riconoscimenti, come quello di poter liberare una volta l’anno, un condannato (anche alla pena capitale) «seppur non riconosciuto colpevole di omicidio, falsificazione moneta o lettere apostoliche, lesa maestà e sacrilegio».

Ai privilegi seguirono importanti atti donativi e la benevolenza da parte di Papi e dei Sovrani Spagnoli che autorizzarono la Chiesa a proclamarsi Regia. Tutto però cambiò drammaticamente con l’arrivo delle truppe napoleoniche.

La Confraternita fu sciolta, l’ospedale e l’alloggio furono distrutti, la chiesa devastata e saccheggiata. Bisognerà attendere il loro ritiro per ricostruire la Chiesa. Ed è qui che sono in un caldo pomeriggio di ottobre.

La chiesa è quasi deserta, bellissima, si respira pace e misticismo. Vi sono delle suore in preghiera sono le “Sorelle Francescane del Vangelo” ordine che si occupa dei bisogni della comunità, e custodisce la Chiesa. Leggono e pregano ad alta voce, mentre una di loro suona l’organo.

In rispettoso silenzio cammino per la chiesa, ovunque vi sono immagini di Santi Siciliani, riconosco S. Agata, S. Lucia, S. Rosalia, San Bernardo e tanti altri, ci sono anche i Beati Pina Suriano e Pino Puglisi, tutti dipinti da artisti siciliani.

Su tutti troneggia dall’altare, in uno sfavillio d’oro, l’immagine dell’Odigitria. Icona donata dal Patriarca di Costantinopoli, fedele copia di quella venerata nella chiesa di San Giorgio, sede del Patriarcato.

Mentre ascolto le preghiere noto in un angolo un sarcofago dove sono custodite alcune reliquie di San Gaudentia, giovane Martire Cristiana dei primi secoli del Cristianesimo. Una giovane Suora mi guarda, probabilmente incuriosita dal fatto che è quasi un’ora che giro nel Tempio dei Siciliani.

Incoraggiata dal suo interesse, le chiedo se può darmi delle informazioni, chiedo quali sono gli scopi dell’Arciconfraternita, mi dice: «Rinnovare la fede e la spiritualità dei Siciliani a Roma attraverso il ricordo dei suoi Santi, promuovere attività culturali con il "Centro per lo studio della Storia e della Cultura Siciliana", occuparsi delle famiglie bisognose e conferire borse di studio per studenti siciliani, e aggiunge: «ma lo scopo principale è fare sentire i Siciliani meno lontani da Casa».

È giovedì, seguendo le indicazioni del mio amico Umberto, chiedo alla Suora se preparano ancora i cannoli siciliani, da offrire a visitatori e fedeli. Mi risponde che con il Covid non è più possibile.

Dall’inflessione non mi sembra siciliana, le chiedo, dove è nata, mi risponde: "Piemonte", rimango interdetta, mi sorride aggiungendo: «Non è bello che una piemontese faccia servizio ai Siciliani? Abbiamo diverse cose da farci perdonare».

Non posso che annuire. Insieme parliamo di Maria che indica il cammino, le brillano gli occhi color indaco, ha una dolcezza che conquista.

Nonostante i nostri sussurri, abbiamo attirato l’attenzione delle consorelle, probabilmente sto disturbando, mi appresto ad andare via, chiedo un’ultima cosa: «Sorella io sono Susanna, lei come si chiama?», risponde: "Benedetta", ribatto: "Non potrebbe avere altro nome".

Una risata cristallina è il suo saluto.
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