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Racconta il viaggio dell'umanità e in pochi lo notano: l'Albero della Vita della cattedrale di Palermo

Dopo quest'articolo, ne siamo certi, lo andrete a cercare. Architettura, arte, religione, filosofia, simbologia, superstizione, preconcetto, tutto il Medioevo rappresentato in un'unica composizione artistica

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 26 gennaio 2022

Dettaglio dell'Albero della Vita della Cattedrale di Palermo (foto Balarm)

Per leggere un libro quanto tempo passiamo a guardare le parole che corrono sopra dei fogli stampati immaginando le storie che raccontano? Avete mai provato a guardare un oggetto con la medesima attenzione? È un esercizio entusiasmante, si scoprono sempre cose interessantissime, specie indugiando nei dettagli che distrattamente di solito tralasciamo.

In questo articolo fate finta che i nostri occhi stiano indugiando sul portico dell'ingresso meridionale della cattedrale di Palermo. Traggo dal Bellafiore che fu realizzato nel 1426 da «Antonio Gambara per ordinazione dell'arcivescovo Ubertino de Marinis», come si può notare dall'iscrizione latina posta sopra il portale d'ingresso, appena al di sopra del mosaico di stile bizantino della Madonna con il bambinello in braccio.

«Il portico è sostenuto da 4 colonne di granito egiziano con tre archi acuti» dei quali quello centrale è il più grande. In una delle colonne, quella dalla parte del Palazzo Arcivescovile, vi è un'iscrizione araba che riporta un passo del Corano e ricorda così la dominazione islamica che vi fu in Sicilia e la conversione in moschea della cattedrale precedente a quella normanna voluta e realizzata tra il 1184 e il 1185 dall'arcivescovo di Palermo Gualtiero Offamilio, grazie anche all'aiuto del re Guglielmo II detto “il Buono”.
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Va inoltre ricordata la cancellata di ferro che ancora nel Novecento chiudeva il portico, come si può notare da alcune foto d'epoca. Tra gli archi e il fregio del frontone (o timpano) riccamente lavorato vi è una parete con segni di un affresco sbiadito che è stato restaurato dall'architetto Guido Meli agli inizi degli anni Novanta.

Tale affresco è l'oggetto di questo articolo, di cui però parleremo di seguito.

Salta agli occhi al centro del timpano la figura benedicente a rilievo di Dio Padre, seduto e vestito come un pontefice che con la mano destra benedice e con quella sinistra espone un libro sacro, o il decalogo, con scritte a caratteri cufici. Dio, fiancheggiato da angeli musicanti, presiede la scena dell'Annunciazione. Infatti, si distinguono benissimo l'angelo alla sua destra e la Vergine alla sua sinistra.

La scena sembra essere il principio di qualcosa, ma in realtà è il culmine di un pensiero teologico-filosofico straordinario, anche se di difficile lettura. La scena appena descritta è racchiusa dai rilievi di quattro girali a motivi floreali e rabeschi tipici catalani, poi da ramificazioni al termine delle quali si notano strani simboli che paiono essere frutti o foglie. Il frontone triangolare presenta inoltre una cornice con una moltitudine di animali in sequenza, una sorta di bestiario tipico dell'epoca, viticci e tralci d'uva.

Ma se tale scena rappresenta l'apice di qualcosa, qual è il principio? Dobbiamo guardare poco più in basso per scoprirlo. Si notano, infatti, tutti racchiusi in una fascia, inframezzata dalle insegne della chiesa palermitana, del senato di Palermo e della famiglia d'Aragona, gli apostoli, i patriarchi, dei profeti e dei santi. Tutte queste figure sono intervallate da colonne che sembrano fusti d'albero culminanti in arabeschi e motivi floreali sempre di stampo gotico-catalano che rimandano alla natura. Ancora più in basso rispetto a questa fascia è raffigurato l'albero della vita.

Si tratta di una tematica cara all'iconografia cristiana (e non solo) che ha origine dai testi sacri. Infatti lo si incontra sia nel libro della Genesi (Gen. 2, 8-10) che in quello dell'Apocalisse di Giovanni (Ap. 2,7; 22,14), ovvero all'inizio e alla fine della Bibbia. Nella Genesi è collocato da Dio al centro del giardino dell'Eden assieme all'albero della conoscenza del bene e del male, mentre nell'Apocalisse addirittura l'albero della vita pare essere un premio finale di riconciliazione tra l'umanità, che si era lasciata corrompere dal serpente dando vita al peccato originale, e Dio, che dà le sue disposizioni attraverso le visioni di Giovanni.

L'albero della vita fin da subito fu accomunato a simbolo di salvezza, perciò col tempo fu tradotto iconograficamente con la croce di Cristo, ma non è il caso dell'albero della vita della cattedrale di Palermo, poiché Cristo non vi compare mai.

Ovviamente l'albero della vita non ha solo una chiave di lettura Cristiano-Cattolica, che fa capo all'Ebraismo, ma è quella che più riguarda il nostro caso. Per la verità, se osserviamo attentamente l'affresco della cattedrale, per quanto ci è possibile, non è per nulla scontato che l'autore si sia rifatto necessariamente ai testi sacri del Cristianesimo.

Dando una lettura d'insieme si può vedere come in un apparente caos generale, all'interno di una folta vegetazione compaiano figure di animali, reali o mitologici, e figure umane dipinte per intero o solo in volto. Sembra in un primo tempo che siano scollegate tra loro, e forse lo sono, ma c'è un elemento che le accomuna: l'origine.

Dentro i girali, motivo ricorrente in tutto l'affresco, si riconoscono ricci, cani, gatti, topi, galli, lepri, volpi, lupi, gru, pesci, granchi e così via. Tra le tante figure si vede una donna nuda rannicchiata (Eva?) che in una mano regge un fiore, una sorta di giglio, e nell'altra tiene al guinzaglio un cane o simile animale. Tutti gli animali presenti nell'opera rappresentano vizi e virtù, così come era solito accomunarli nel Medioevo.

All'estrema destra dell'affresco si vede un volto di donna con i capelli lunghi all'interno di un grande girale, attorno a questo vi sono tante foglie e tralci di vite e altre specie vegetali.

Potrebbe trattarsi di Madre Natura? Non molto discosti da questa si vedono anche degli uccelli realistici e altri animali tratti dal folklore popolare: serpenti alati, volti di leoni e varie fiere selvagge. Sull'albero della vita della cattedrale di Palermo, sempre che di tale soggetto si tratti in quanto qualche studioso ha perfino messo in discussione questo, non sappiamo molto purtroppo.

Siamo al cospetto di un'origine della creazione forse, l'unica “certezza” è avere individuato il bandolo della matassa. Se si guarda la prima parte dell'affresco all'estrema sinistra si vede la figura di una donna vestita che tiene tra le mani due rami dai quali si diramerebbe l'intera trama dell'affresco. L'architetto Guido Meli ritiene che sia “l'anima mundi” (l'anima del mondo) in quanto un tempo si pensava che la Terra fosse un unico essere vivente dotato di un'anima. È una teoria possibile oltre che affascinante.

Una donna avrebbe creato quindi il mondo? Non credo che si intenda questo, piuttosto, secondo la religione cristiana, da una donna si è originato il viaggio dell'uomo dopo la cacciata dall'Eden. Dall'errore di Eva ha inizio la cacciata, e l'uomo e la donna si ritrovano da soli in mezzo al creato con tutto quello che ne consegue: il caos e la discendenza.

Non è Eva la donna che tiene tra le mani i rami, ma è semplicemente “la donna”, intesa come genere e però se leggiamo tutta la composizione dall'affresco dell'albero della vita sino all'Annunciazione come un'unica opera, ci accorgiamo che se tutto si origina da una donna, allo stesso tempo, dopo millenni, per porre rimedio alla perdizione dell'uomo, sarà nuovamente una donna a riconciliare Dio Padre con l'umanità, infatti la composizione termina con l'Annunciata, colei che concepirà, l'Immacolata Concezione.

Tant'è vero che la cattedrale di Palermo non è dedicata all'Annunciata, ma a Maria Assunta. Chiunque entri alla cattedrale di Palermo, dunque, compie quel viaggio che inizia con la dannazione e finisce con la redenzione.

Beh, sino ad ora si possono fare solo congetture, non sappiamo nulla di certo. Anche se il Meli ritiene che l'affresco dell'albero della vita sia stato realizzato precedentemente per un'altra struttura, e solo in un secondo momento reimpiegato per il portico della cattedrale, a me piace pensare che la composizione artistica del portico meridionale della cattedrale sia unitaria, come se guardandola stessimo vedendo in qualche modo il film dell'affascinante viaggio dell'umanità, secondo la concezione cristiana.

Cosa me lo fa pensare? Il fatto che ai lati delle colonne vi siano due torrette dalle piante quadrate ornate da colonnine di pietra e da nicchie. I capitelli delle colonnine di queste torri, come quelli delle colonne del portico, presentano gli stessi motivi floreali dei bassorilievi e sembrano vivificare la pietra. In nessun'altra parte della cattedrale si notano tali elementi decorativi. È tutto, perciò, parte di un insieme: architettura, arte, religione, filosofia, simbologia, credenza, superstizione, preconcetto, tutto il Medioevo rappresentato in un'unica composizione artistica.

(Per approfondimenti consiglio la lettura di "L'albero della vita nell'immaginario medievale: Bisanzio e l'Occidente" di Antonio Iacobini e “Un albero pieno di vita” di Guido Meli)
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