Racconti horror ad Halloween negli anni '80: i "mostri" più temuti dai bimbi palermitani
Nelle famiglie e nelle raccomandazioni dei genitori c'erano sempre le stesse categorie di persone da evitare anche se spesso, alla fine, i veri mostri erano altri. Ve lo raccontiamo
 
									
				Da un vangelo apocrifo di Pancrazio Pancrazi.
I mei genitori avevano la sanissima abitudine di farmi trascorrere il giorno di Ognissanti e la Festa dei Morti da nonna, che viveva al nono piano con vista sul cimitero di Sant’Orsola. Mi sdivacavano tre giorni e via. Sebbene cercassero di trasmettermi le bellissime tradizioni nostrane, noi degli anni ’80 eravamo già irreversibilmente infettati di "americanismo" e non avevamo ben chiara la differenza tra i Morti e Halloween. Ne avevamo una concezione androgina, annebbiata.
Da una parte coincidevano - anche se la notte di Halloween è la notte del 31 ottobre e non la vigilia dei Morti-, dall’altra parte, la prima ci sembrava du’ palle e la seconda ovviamente una figata perché americana e coloratissima. Oggi le due feste si sono fuse, convivono (sacrilegamente), ma ricordo benissimo quando per la prima volta ci avventurammo nei palazzi a chiedere il “classico” dolcetto o scherzetto! Su tutti rimembro il signor Puleo che tra le due alternative scelse “stu kazzu!” e la signora Lo Coco che ci consegnò l’immondizia da buttare.
Era un periodo strano, di transizione. Comunque, nonna tutta contenta mi consegnava la stanzetta che era appartenuta ad uno zio deceduto, piena zeppa di crocifissi, immagini sacre, foto di parenti trapassati. Poi, la sera, mi rimboccava le coperte e mi raccontava che durante la notte sarebbero venuti a trovarmi tutti i parenti morti a portarmi dei regali. Non era la più florida delle aspettative, considerando che uno di questi era morto con la gamba amputata, un altro finito sotto un treno, ed uno, a tempi di guerra, cercando di aprire una scatoletta di tonno che invece si era rivelata un ordigno.
In aggiunta, dovevamo fare anche i conti con i mostri del cinema hollywoodiano, in quegli anni andavano tanto di moda. Leatherface, la Bambola assassina, Jason, Micheal Myers, Freddy Kruger, IT il pagliaccio, Bruno Vespa. Già fin qui, per un bambino di quegli anni la questione Ponte dei Morti era bella che complicata.
Ma Palermo non è una città come tutte le altre. Siamo bohemian, esagerati, mai sazi, e a tutto questo dovevamo aggiungere il carico. Effettivamente, nella categoria “mostri più temuti dai palermitani” figuravano (e a volte figurano ancora) personaggi, delle maschere, che in un modo o nell’altro destano in noi paura, ansia, timore, ricordi apprensivi, terrore in qualche caso. Proviamo a vederne qualcuna. Negli anni ‘80-’90 una delle raccomandazioni più comuni quando da ragazzino uscivi a giocare per strada era: “attento ai drogati”.
I drogati, questa massa informe che si muoveva risucchiando bambini come Blob il fluido che uccide, o, peggio ancora, raggruppata in orde di zombie con le siringhe in mano. Non si potevano lasciare le finestre aperte che entravano dentro, alcuni passavano pure sotto lo spiraglio della porta. Beh, in realtà c’erano, me lo ricordo. Era un periodo in cui per le strade della periferia, a terra, al posto dei filtri delle Heets si trovavano le siringhe. Era una brutta piaga che si è portata via un sacco di giovani. Sì, in certi casi sembravano zombies, è vero, ma il più delle volte innocui, soli, senza l’aiuto più di nessuno, allontanati come gli appestati. Stavano in disparte, fino a che un giorno non scomparivano completamente e problema risolto.
Seconda categoria erano i “maniaci”. Si racconta di una Palermo pregna di uomini soli, vestiti di trench beige e occhiali da sole alla Blues Brothers, che vagavano per i parchi mostrando i gioelli di famiglia ai passanti. Poi ce n’era una seconda categoria di maniaci caramellai, dei veri Willy Wonka votati al male, che passavano le giornate a adescare bambini per le strade offrendogli caramelle. Ci mettevano dentro un sonnifero potentissimo e se la mangiavi ti rapivano. Ad oggi, per fortuna, si è scoperto che la maggior parte di questi obbrobri si consumano negli ambienti familiari o nelle cerchie ristrette di amici.
Terza categoria, non meno temibile, gli zingari che rapiscono bambini. È vero non si poteva uscire di casa, noi bambini eravamo i puffi, gli zingari Gargamella. Rapimenti, rapimenti da parte di zingari ovunque, a tutte le ore del giorno. Così si tanti che dei 30 casi registrati dal 1985 al 2007 nemmeno uno di questi è stato compiuto da zingari.
Il "mostro" più temuto di Palermo però era lui: padre Messina! "Al solo pronunciare il suo nome tremavano i mobili!”, per dirla alla Johnny Stecchino. Non c’è anima nata negli anni ’80 che non si sia sentita dire almeno una volta: ti lascio da padre Messina. Si fa riferimento all’edificio Fondazione Lavoro e Preghiera che sorge ancora in piazza Sant’Erasmo. Per noi era un’entità così tenebrosa e malefica che bastava sentirne la minaccia per compromettere il sonno della notte.
I genitori più sadici, addirittura, arrivavano a fingere di preparare il borsone al figlio o a posteggiare di fronte l’edificio intimandogli di scendere dalla macchina. Invece poi vieni a scoprire che in quella Sant’Erasmo, allora chiamata Africa di Palermo, padre Messina si è prodigato a salvare centinaia di bambini da situazioni degrado e povertà assoluta, dove a volte c’era anche violenza. Costringeva gli imprenditori a partecipare con donazioni; e ai più tirchi, andava a piazzare la banda musicale sotto l’azienda fino a quando non si convincevano a sborsare qualcosa.
Poi c’era un mostro che faceva spaventare per la faccia da mostro, deformata da un angioma gigantesco. Era un venditore di caramelle che il pomeriggio si metteva di Fronte al Teatro Massimo. Tutti i bambini ne avevano terrore, e gli unici acquirenti erano adulti che lo avvicinavano per pietà. Alcuni dicevano che mangiando le sue caramelle si diventava mostri come lui. Le mattine però le passava a bere, dentro una taverna. Quando era abbastanza ebbro, gli altri clienti, non meno bevuti di lui, lo prendevano a ceffoni nella parte mostruosa solo per puro divertimento.
Questi sono solo alcuni dei mostri metropolitani che hanno terrorizzato Palermo, ma mai quanto il minacciossimo Halloween che rischia di estirpare le nostre tradizioni cancellandoci per sempre. Una dolce dipendenza da caccia al mostro. Già, i mostri. Che poi alla fine cose è veramente questa mostruosità? Fëdor Dostoevskij diceva: “Il vero orrore non è nel volto deformato, ma nel cuore che non prova compassione”. Buon Halloween dei Morti a tutti!
			
							I mei genitori avevano la sanissima abitudine di farmi trascorrere il giorno di Ognissanti e la Festa dei Morti da nonna, che viveva al nono piano con vista sul cimitero di Sant’Orsola. Mi sdivacavano tre giorni e via. Sebbene cercassero di trasmettermi le bellissime tradizioni nostrane, noi degli anni ’80 eravamo già irreversibilmente infettati di "americanismo" e non avevamo ben chiara la differenza tra i Morti e Halloween. Ne avevamo una concezione androgina, annebbiata.
Da una parte coincidevano - anche se la notte di Halloween è la notte del 31 ottobre e non la vigilia dei Morti-, dall’altra parte, la prima ci sembrava du’ palle e la seconda ovviamente una figata perché americana e coloratissima. Oggi le due feste si sono fuse, convivono (sacrilegamente), ma ricordo benissimo quando per la prima volta ci avventurammo nei palazzi a chiedere il “classico” dolcetto o scherzetto! Su tutti rimembro il signor Puleo che tra le due alternative scelse “stu kazzu!” e la signora Lo Coco che ci consegnò l’immondizia da buttare.
Era un periodo strano, di transizione. Comunque, nonna tutta contenta mi consegnava la stanzetta che era appartenuta ad uno zio deceduto, piena zeppa di crocifissi, immagini sacre, foto di parenti trapassati. Poi, la sera, mi rimboccava le coperte e mi raccontava che durante la notte sarebbero venuti a trovarmi tutti i parenti morti a portarmi dei regali. Non era la più florida delle aspettative, considerando che uno di questi era morto con la gamba amputata, un altro finito sotto un treno, ed uno, a tempi di guerra, cercando di aprire una scatoletta di tonno che invece si era rivelata un ordigno.
In aggiunta, dovevamo fare anche i conti con i mostri del cinema hollywoodiano, in quegli anni andavano tanto di moda. Leatherface, la Bambola assassina, Jason, Micheal Myers, Freddy Kruger, IT il pagliaccio, Bruno Vespa. Già fin qui, per un bambino di quegli anni la questione Ponte dei Morti era bella che complicata.
Ma Palermo non è una città come tutte le altre. Siamo bohemian, esagerati, mai sazi, e a tutto questo dovevamo aggiungere il carico. Effettivamente, nella categoria “mostri più temuti dai palermitani” figuravano (e a volte figurano ancora) personaggi, delle maschere, che in un modo o nell’altro destano in noi paura, ansia, timore, ricordi apprensivi, terrore in qualche caso. Proviamo a vederne qualcuna. Negli anni ‘80-’90 una delle raccomandazioni più comuni quando da ragazzino uscivi a giocare per strada era: “attento ai drogati”.
I drogati, questa massa informe che si muoveva risucchiando bambini come Blob il fluido che uccide, o, peggio ancora, raggruppata in orde di zombie con le siringhe in mano. Non si potevano lasciare le finestre aperte che entravano dentro, alcuni passavano pure sotto lo spiraglio della porta. Beh, in realtà c’erano, me lo ricordo. Era un periodo in cui per le strade della periferia, a terra, al posto dei filtri delle Heets si trovavano le siringhe. Era una brutta piaga che si è portata via un sacco di giovani. Sì, in certi casi sembravano zombies, è vero, ma il più delle volte innocui, soli, senza l’aiuto più di nessuno, allontanati come gli appestati. Stavano in disparte, fino a che un giorno non scomparivano completamente e problema risolto.
Seconda categoria erano i “maniaci”. Si racconta di una Palermo pregna di uomini soli, vestiti di trench beige e occhiali da sole alla Blues Brothers, che vagavano per i parchi mostrando i gioelli di famiglia ai passanti. Poi ce n’era una seconda categoria di maniaci caramellai, dei veri Willy Wonka votati al male, che passavano le giornate a adescare bambini per le strade offrendogli caramelle. Ci mettevano dentro un sonnifero potentissimo e se la mangiavi ti rapivano. Ad oggi, per fortuna, si è scoperto che la maggior parte di questi obbrobri si consumano negli ambienti familiari o nelle cerchie ristrette di amici.
Terza categoria, non meno temibile, gli zingari che rapiscono bambini. È vero non si poteva uscire di casa, noi bambini eravamo i puffi, gli zingari Gargamella. Rapimenti, rapimenti da parte di zingari ovunque, a tutte le ore del giorno. Così si tanti che dei 30 casi registrati dal 1985 al 2007 nemmeno uno di questi è stato compiuto da zingari.
Il "mostro" più temuto di Palermo però era lui: padre Messina! "Al solo pronunciare il suo nome tremavano i mobili!”, per dirla alla Johnny Stecchino. Non c’è anima nata negli anni ’80 che non si sia sentita dire almeno una volta: ti lascio da padre Messina. Si fa riferimento all’edificio Fondazione Lavoro e Preghiera che sorge ancora in piazza Sant’Erasmo. Per noi era un’entità così tenebrosa e malefica che bastava sentirne la minaccia per compromettere il sonno della notte.
I genitori più sadici, addirittura, arrivavano a fingere di preparare il borsone al figlio o a posteggiare di fronte l’edificio intimandogli di scendere dalla macchina. Invece poi vieni a scoprire che in quella Sant’Erasmo, allora chiamata Africa di Palermo, padre Messina si è prodigato a salvare centinaia di bambini da situazioni degrado e povertà assoluta, dove a volte c’era anche violenza. Costringeva gli imprenditori a partecipare con donazioni; e ai più tirchi, andava a piazzare la banda musicale sotto l’azienda fino a quando non si convincevano a sborsare qualcosa.
Poi c’era un mostro che faceva spaventare per la faccia da mostro, deformata da un angioma gigantesco. Era un venditore di caramelle che il pomeriggio si metteva di Fronte al Teatro Massimo. Tutti i bambini ne avevano terrore, e gli unici acquirenti erano adulti che lo avvicinavano per pietà. Alcuni dicevano che mangiando le sue caramelle si diventava mostri come lui. Le mattine però le passava a bere, dentro una taverna. Quando era abbastanza ebbro, gli altri clienti, non meno bevuti di lui, lo prendevano a ceffoni nella parte mostruosa solo per puro divertimento.
Questi sono solo alcuni dei mostri metropolitani che hanno terrorizzato Palermo, ma mai quanto il minacciossimo Halloween che rischia di estirpare le nostre tradizioni cancellandoci per sempre. Una dolce dipendenza da caccia al mostro. Già, i mostri. Che poi alla fine cose è veramente questa mostruosità? Fëdor Dostoevskij diceva: “Il vero orrore non è nel volto deformato, ma nel cuore che non prova compassione”. Buon Halloween dei Morti a tutti!
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