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Salvatore Giuliano e una madre disperata: la lettera del bandito più famoso di Sicilia

Mai "Turiddu", il bandito-guerrigliero di Montelepre negli anni del dopoguerra, "uomo d’onore tutto d’un pezzo" aveva avuto un simile cedimento come in questo caso

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 22 maggio 2021

Il bandito Salvatore Giuliano

«Distinta signora, in cinque anni circa di vita vissuta in montagna, non mi sono mai tanto addolorato per la morte di un uomo, e tanto meno quando si è trattato di un carabiniere, quanto per la morte di vostro figlio».

Il bandito Salvatore Giuliano mise da parte il mitra, i progetti di altri delitti e rapine e prese penna e carta per scrivere ad una madre disperata, a cui lui aveva da poco tolto un figlio giovanissimo.

«Proprio nel momento culminante del vostro atroce dolore sento il bisogno di partecipare alla vostra enorme sofferenza – continua Salvatore Giuliano - pregandovi di non ritenere ciò che faccio un insulto bensì l’atto di solidarietà di un giovane che per quanto definito bandito ha, e forse più grosso degli altri, un cuore che palpita e che soffre dinanzi ad azioni così tristi e purtroppo dolorosamente subite».

Mai Turiddu, il bandito più famoso della Sicilia, negli anni del dopoguerra, "uomo d’onore tutto d’un pezzo" aveva avuto un simile cedimento, svelando una pena che molti non avrebbero mai pensato appartenesse al suo carattere di spietato assassino.
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Si faceva fotografare in pose da “superman”, come in quella celebre di Mike Stern e mai aveva espresso un simile pentimento per la morte di un militare, che lo braccava su quei monti, per assicurarlo alla giustizia.

Ma in quella circostanza sentì solo di essere un giovane che aveva stroncato la vita di un altro giovane. Sentì di essere un figlio che aveva fatto soffrire nel modo peggiore una madre.

Pianse quella volta Giuliano ? Non lo sappiamo. Ma certamente provò molta pena per quel giovane carabiniere di cui aveva saputo che era amato in quei paesi e che riteneva «così buono e generoso da non meritare una fine così prematura e nefasta» leggiamo ancora nella lettera di Salvatore Giuliano.

Quella lettera era arrivata a Racalmuto, in provincia di Agrigento, in casa della casalinga Carmela Puma e dell’operaio Salvatore Esposto, genitori del carabiniere Giuseppe Esposto, assassinato dal bandito di Montelepre il primo maggio 1948.

Era la Festa dei Lavoratori e i Carabinieri della stazione di Montelepre (PA) temevano una seconda strage da parte della banda di Giuliano, come quella dell’anno prima a Portella della Ginestra. Chiesero pertanto rinforzi alla stazione di Mezzomonreale.

Una pattuglia di 12 carabinieri, compreso il carabiniere Giuseppe Esposto, si recò presso le montagne di Montelepre, come era stato deciso, precisamente in contrada Calcerame.

Giuliano era certo che ci sarebbe stato qualche movimento di carabinieri in montagna per cui, fin dall'alba del primo maggio, aveva predisposto un attento servizio di avvistamento onde evitare spiacevoli incontri. Giuliano stesso seguiva il percorso dei carabinieri col cannocchiale.

Tutto andò bene fino alle ore 15 circa quando perse di vista i carabinieri e pensò che fossero già rientrati, così si sedette con i suoi compagni a giocare a carte. Salvatore Giuliano volle personalmente raccontare alla madre di Giuseppe Esposto i fatti, momento per momento, che portarono al conflitto a fuoco con i Carabinieri e alla sua tragica conclusione.

«Mentre giocavamo a carte - scrive Giuliano - improvvisamente uno dei miei uomini alzandosi si vide intimato il mani in alto.

Questi con un grido desolante riuscì a chiamarmi per nome per mettermi in allarme, ed io udii quel grido atterrito dalla sorpresa e, con il coraggio della disperazione, trovandomi circa a cinque metri dai carabinieri, distanza brevissima alla quale erano arrivati, poiché ero privato della visibilità da un grosso macigno in quella zona che essi battevano, vedendo il mio compagno sotto la punterie dei fucili dei carabinieri, per salvarci necessariamente dovetti sparare contro di essi con lo scopo preciso di intimorirli facendoli ributtare faccia a terra per non farsi colpire, e così io e i miei a uomini riuscire a scappare.

E difatti lasciammo sul posto armi, munizioni e impermeabili senza pensare neanche lontanamente che qualcuno potesse essere stato ferito o ucciso. Il fatto che io scappai senza continuare a sparare, è la dimostrazione pratica ed effettiva che io non volli fare delle vittime con un agguato bensì ho dovuto, data la gravità della circostanza, effettuare una pronta reazione per potermi salvare”.

E aggiunge: «il vostro bravo figliolo è stato vittima non di me, ma di un destino crudele che ci ha posto in una situazione disperata per cui dovetti difendermi» Era la prima volta, secondo coloro che conoscevano le imprese del bandito siciliano, che Giuliano giustificava un delitto.

Ma fece anche un'altra cosa che non aveva mai fatto prima di allora: «Vogliate gradire questa mia compartecipazione al vostro dolore e questo piccolo omaggio di lire 50 mila che sia l'espressione della mia solidarietà e del mio grande dolore per il vostro caro figlio scomparso».

Con la lettera infatti veniva annunciato che sarebbero arrivati anche quei soldi. Siamo in anni in cui la paga di un operaio era di diecimila lire al mese. E quindi non si tratta di una grande cifra, ma di un gesto che voleva essere simbolico, affettuoso, a parere del bandito. Questi soldi, in realtà, non arrivarono mai in casa Esposto perché furono confiscati dall'Ispettorato.

Il carabiniere Giuseppe Esposto venne portato a spalla dai compagni d'arme fino al centro di Montelepre e poi trasportato all'ospedale militare di Palermo. Alle ore 22,10 dello stesso giorno morì in seguito a ferita d'arma da fuoco al semitorace destro. Solenni furono i funerali a Palermo. Ebbe gli onori militari e riconoscimenti da importanti autorità civili e militari.

Al passaggio del corteo funebre anche i negozianti abbassavano le saracinesche e la gente per strada rendeva devoto omaggio alla salma dell'eroica vittima del dovere. Quando poi la salma giunse a Racalmuto, paese natale del giovane Carabiniere, la Chiesa del Carmelo non bastò a raccogliere tutti i partecipanti alla funzione religiosa e anche la piazza si riempì di gente commossa.

È seppellito nel cimitero del suo paese, nella Tomba di Stato, su cui leggiamo: «Qui riposa Esposto Giuseppe di Salvatore gloriosamente caduto sul campo dell'onore». Il 4 maggio 1948 fu aggiunto all'Albo d'Oro dei gloriosi caduti dell'Arma dei Carabinieri, vittime del dovere.

Da allora il primo novembre di ogni anno i carabinieri portano una corona di fiori sulla tomba del loro coraggioso collega. A Racalmuto gli è stata dedicata una piazza. Il ricordo di quella giovane vita, spezzata dal banditismo siciliano del secondo dopoguerra, è ancora molto vivo nella famiglia di Giuseppe Esposto.

I grandi raccontano ai piccoli quella tragedia sui monti di Montelepre. Lo studente Calogero Pagliaro, di Racalmuto, ha presentato una richiesta al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri affinché venga concessa una medaglia al valor militare alla memoria del suo prozio Giuseppe Esposto.
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