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Se cammini a testa alta a Palermo li vedi: gli strani "mascheroni" sui palazzi dei nobili

Li ammiri passeggiando le vie storiche della città, che nascondono sempre dei particolari interessanti, perché ci sono e a che cosa servono

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 14 marzo 2024

Mascheroni grotteschi

Se cammini nel centro storico di Palermo e tieni la testa china a guardare per terra onde evitare di pestare qualcosa di sconveniente o una buca o una pozzanghera, non vedi quasi niente.

Un amico mi diceva «in questa città devi camminare a testa alta, se no non impari nulla». E aveva ragione. Passeggiando per il centro, le vie, anche se appaiono strette, tortuose e decadenti in linea di massima, nascondono sempre dei particolari interessanti, come ad esempio i mensoloni dei balconi barocchi e le loro inferriate artigianali a petto d'oca da dove spesso si sporgono le cascate di piante rampicanti che adornano a volte quasi completamente l'intera estensione delle balconate.

E quando ti trovi a guardare quelle meravigliose e caotiche composizioni botaniche, fantastichi con la mente nel tentativo di scoprire cosa si può celare dietro i vetri delle alte finestre chiuse a mezzanta, talvolta di proposito per lasciar intravedere gli scorci dei soffitti affrescati o le travi lignee dipinte o semplicemente restaurate.
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Quasi al crepuscolo, quando il sole va silenzioso a morire dietro la catena di monti a nord-ovest della città, dai campanili delle chiese e dalle cimase delle case si intravede una luce che è semplicemente monumentale e si spalma sui tetti creando un'infinità di aureole sui perimetri degli edifici illuminati dall'ultimo sole della giornata.

Ecco, in questo senso, se manteniamo gli occhi fissi per terra non impariamo nulla e la nostra città la vedremo solo dal basso, da un punto di vista che non può raccontarla del tutto.

Durante una delle mie solite passeggiate in veste di turista della mia città, mi sono soffermato sulla notevole quantità di mascheroni grotteschi che adornano le chiavi di volta degli archi dei portali d'ingresso di numerosissimi palazzi nobiliari che per fortuna persistono al tempo e all'incuria.

Tali ornamenti si possono trovare generalmente ovunque, in qualsiasi città europea e forse del mondo, ma vale la pena conoscerne il motivo della loro presenza che, almeno in Sicilia, parte da molto lontano.

A Palermo si trovano, ad esempio a Palazzo Guggino, ai Quattro Canti, Palazzo Valguarnera Gangi e a Palazzo Comitini, solo per citarne alcuni.

I greci erano soliti incastonare nei timpani dei templi mascheroni grotteschi. Nel tempio C di Selinunte, ad esempio, è stato riscontrato che vi fosse la maschera della Gorgoneion, la Medusa, incastonata sul frontone del tempio, oggi in parte visibile al Museo archeologico Antonio Salinas di Palermo.

La presenza della stessa Medusa si riscontra anche nell'area sacra di Ortigia a Siracusa, dove è stata ritrovata una lastra in terracotta con Gorgone, probabilmente destinata al frontone di un edificio sacro e oggi sita al Museo archeologico regionale di Siracusa.

Perché gli antichi usavano queste maschere grottesche in edifici sacri? Lo vedremo tra poco. Ci muoviamo nell'ambito del sacro e profano, la religione che va a nozze con la superstizione.

La testa della Medusa, tagliata secondo la leggenda da Perseo, resa celebre anche da Caravaggio il quale la ritrae nel famoso scudo in tutto il suo "orrido splendore", è un elemento straordinariamente siciliano.

Presente appunto nel simbolo più rappresentativo della Sicilia: la Trinacria. La Trinacria è un simbolo antichissimo costituito dal volto di una donna (la Medusa), con la capigliatura formata da grovigli di serpenti, che simboleggia l'aspetto mitico e leggendario nonché misterioso e spaventevole dell'isola.

Tre gambe, come tre colli differenti, si diramano da questa testa in un apparente movimento elicoidale. Nelle civiltà antiche l'immagine di una gamba era simbolo di potenza, di forza, alcuni popoli la dipingevano nei loro elmi che portavano in guerra. Figurarsi tre gambe, una forza sovrumana, "mostruosa".

Le spighe di grano infilzate nella testa seguono il moto delle gambe ma rappresentano la fertilità e la ricchezza della Sicilia. Questo simbolo poteva essere interpretato come un logo, un brand ante litteram dell'isola, oppure, vista la sua mostruosità, poteva incutere timore ai popoli che volevano conquistarla tenendoli lontani.

La Gorgoneion in età preellenica veniva usata nei riti di esorcismo per allontanare spiriti maligni, cattivi presagi e presenze occulte, ecco perché ce la ritroviamo perfino nei templi, per proteggere i luoghi delle divinità.

La sua raffigurazione era davvero terrificante. Immaginate una faccia di donna grottesca, con la linguaccia e zanne di cinghiale che gli fuoriescono dalla bocca, con le guance gonfie, lo sguardo pietrificante (secondo la leggenda in tutti i sensi) e serpenti minacciosi al posto dei capelli.

Chi volete che si potesse approcciare ad una figura del genere? Chiunque si sarebbe tenuto alla larga. Solo successivamente la Medusa ebbe un volto più aggraziato, quello al quale noi siciliani siamo legati. Ma con l'avvento del cristianesimo l'utilizzo pagano della Medusa e dei mascheroni dovette estinguersi, almeno ufficialmente, per ritornare in auge tra il periodo rinascimentale e barocco.

Tra il secolo XVI e il XVII, infatti, successivamente all'utilizzo degli ornamenti grotteschi esterni, ad esempio nello stile gotico delle chiese e dei palazzi medievali del XIII e XIV secolo, i mascheroni tornano di moda.

Si trovano maggiormente collocati ad ornamento dei mensoloni dei balconi, nei doccioni, nelle fontane, perfino nei tombini delle condutture, ma soprattutto come chiavi di volta degli archi dei portali d'ingresso dei palazzi nobili.

La chiave di volta di un arco, detta anche "serraglia" dagli architetti, è un elemento importantissimo, largo sopra e stretto sotto, che assicura la stabilità della costruzione.

Ma al di là della funzione architettonica, i mascheroni prima di divenire elemento architettonico-decorativo, hanno avuto un ruolo importante che nasceva dalla superstizione, proprio come li intendevano e li usavano i greci. I mascheroni venivano considerati oggetti "apotropaici", cioè che proteggevano i luoghi ove erano collocati, tenendo a distanza le oscure presenze o i malefici.

E volete che in Sicilia i nobili non credessero al malocchio? Per questo li collocavano proprio all'ingresso delle loro residenze, a protezione delle famiglie e delle loro casate.

Sia mai venissero colpiti da una fattura. I nobili andavano in chiesa, certo, erano credenti ma come il popolo anche creduloni, temevano i poteri occulti e come il popolo conoscevano gli scongiuri e i "rimedi tradizionali" per proteggersi. Mettere un mascherone all'ingresso della propria residenza era come mettersi "il ferro dietro la porta", insomma: "megghiu diri chi sacciu ca chi sapia".

Quando passeggerete nella vostra città e vedrete quei brutti ceffi che vi guardano dall'alto con aria spaventosa, fategli un sorriso, sono stati costretti ad avere l'apparenza malvagia o grottesca, non era certo loro intenzione quella di nascere così, e poi a volte sono anche più accoglienti e simpatici della gente che in quei luoghi vi abita davvero.

Buona passeggiata.
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